La leggenda di Igor il russo

In quel tempo il pubblico si appassionava per il caso di Igor il russo. Colpiva nell’opinione pubblica il suo atteggiamento saldo e militaresco. Ma ciò che dava più pensiero ai giornalisti era che non sorrideva affatto. Venuto dall’est, dopo il crollo del muro di Berlino, se l’umanità fosse stata capace di fare un sogno collettivo avrebbe sognato Igor il russo.

Nel casellario giudiziale italiano, è registrato a Rovigo nel 2007. L’anno successivo è condannato alla pena di 4 anni di reclusione per rapine. Esce di galera con un piccolo sconto il 13 settembre 2010. Si arma di arco e comincia a seminare il terrore con furti sempre più violenti. Arrestato e processato, è condannato a 5 anni e 4 mesi con rito abbreviato, il 24 maggio 2011. Finisce all’Arginone di Ferrara, dove un parroco lo battezza con il nome del profeta Ezechiele. Conquista uno nuovo sconto di pena, pur con l’obbligo di estradizione. Poco dopo uscito dal carcere, il 21 luglio 2015, viene fermato per un controllo dai carabinieri a Copparo, sempre nella val Polesine, tra Ferrara e Rovigo, dove aveva avviato la sua carriera criminale. Alle 20.55, in via Ferrara, è a bordo di un’Alfa 156 nera, con l’inseparabile Ivan Pajdek.

La cattura di Igor il russo in Spagna

Lui e Pajdek erano stati arrestati nel novembre 2005 per un furto nella zona di Forlì. Dopo l’omicidio a bruciapelo del 1° aprile 2017 in un bar a Budrio, per cui Igor diventerà famoso grazie alla sua leggendaria fuga, lo sviluppo degli accertamenti sul suo conto parte proprio da Pajdek. Si arriva così al collegamento di Igor con tale Norbert Feher, nato in Ungheria il 10 febbraio 1981, come risulta dal fascicolo di Pajdek. Igor Vachlavic, nato in Croazia, è il nome che egli fornisce ai carabinieri a Copparo, una menzogna sufficiente per non collegarlo a Igor Vachlavic, il russo, quello finito in carcere, per cui era prevista l’estradizione.

Ma in realtà lui è Norbert, e non è neppure ungherese, e neanche russo. È nato a Subotica, cittadina serba a 10 chilometri dal confine con l’Ungheria. Almeno questo è ciò che attestano i carabinieri quando Igor diventa l’uomo più ricercato d’Italia, mafia permettendo. La svolta sull’identità, mentre l’opinione pubblica italiana invoca la sua cattura, si avrà grazie al profilo Facebook, nonostante “Igor” abbia tentato di cancellare ogni traccia nei giorni precedenti alla tentata rapina, quella in cui spara a bruciapelo al barista di Budrio. Su FB è uno spagnolo di Valencia e si chiama Ezechiele Norberto Feher, con tanto di foto col parroco che l’ha battezzato.

Il collegamento con Pajdek nasce da quest’ultimo, in carcere per cose orrende. A Mesola la sua banda ha legato una donna di 93 anni al letto, imbavagliandola, lasciandola così. La salvò due giorni dopo la nipote, ma presto morì di crepacuore. Ad Aguscello, nel settembre del 2015, uccise con i suoi compari Pier Luigi Tartari, 73 anni, pensionato, tenuto prigioniero per due giorni, massacrato di botte e buttato infine agonizzante in un rudere. In Corte d’assise Pajdek è impietoso nel coinvolgere “Igor”: «Tutto questo è iniziato quando è uscito dal carcere Igor… voleva fare qualcosa di più grosso, lui sapeva i posti buoni e tranquilli…».

Nel video che ha trasmesso Rai1 sull’omicidio di Budrio, per mano di “Igor”, prima della leggendaria fuga, vediamo un uomo impacciato, che si fa rubare il fucile da caccia dal proprietario del baretto, dove sperava di raccattare qualche centinaia di euro, per poi freddarlo con una pistola. Altro che feroce Rambo, abile nel nascondersi, tanto da divenire un fantasma, di cui ha parlato la Vita in diretta sulla stessa Rai1.

La sua fuga è comunque divenuta leggendaria, dopo aver ucciso un guardiacaccia ed essersi dato alla macchia. Più di mille persone gli hanno dato la caccia, con elicotteri, cani molecolari, droni forniti dagli Stati Uniti, armi da guerra e infrarossi. La sua cattura prometteva così tanto che i carabinieri, secondo la procura e la polizia di Ferrara, non hanno fornito informazioni utili alla cattura. Ma “Igor”, che era stato in Spagna appena uscito di prigione e che, nel furgone della fuga, aveva dimenticato il suo dizionario italiano-spagnolo, a maggio riesce a far perdere le sue tracce e, non sappiamo come, torna proprio in Spagna, in una zona poco abitata tra Barcellona e Madrid.

Dimagrito di 10 kili, dopo esser cresciuto in Italia a pane e rapine, frequentando night club e ballerine, in Spagna è costretto a rubare le uova alle galline. Un corpo speciale spagnolo che protegge gli agricoltori da questi furti, lo intercetta in un rudere. Questa volta la sua fuga è solitaria. La polemica su chi l’abbia aiutato in Italia a fuggire ha aperto grandi questioni politiche. Gli amici di Davide Fabbri, il barista ucciso, hanno accusato le forze di sicurezza per non aver messo una taglia su “Igor” e, attraverso un bando privato, hanno offerto 50 mila euro per averlo vivo e 25 mila euro da morto. Il comune di Budrio, luogo dell’omicidio, dopo decenni di dominazione della sinistra è passato alla destra. In Spagna semplicemente ignoravano chi fosse. In fuga per l’ultima volta dopo aver ucciso le persone che lo avevano scovato, del tutto ignare su chi fosse, “Igor” ha avuto forse un colpo di sonno, alle 2.50 della notte, ed è uscito fuori strada. Non è stato catturato, l’hanno soccorso.

Emidio Diodato

Associate Professor of Political Science and International Politics

Università per Stranieri di Perugia

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Emidio Diotato
Professore associato di scienza politica presso l'Università per Stranieri di Perugia

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