La mossa del Presidente. Come uscire dallo stallo politico

Gli italiani sono molto amareggiati perché non riescono a digerire lo stallo politico prodotto dall’urna. Gli elettori dei 5 stelle pensano di aver vinto. In particolare coloro che si credono destinatari di un reddito di cittadinanza. Vorrebbero, a ragione, un governo che fosse in grado di darglielo. Anche gli elettori del centro-destra, soprattutto quelli della Lega, vorrebbero un governo capace di far paura a “delinquenti e parassiti”. Con queste due parole il leader leghista si è presentato raggiante alla conferenza stampa post-voto. Un linguaggio lombrosiano dietro il quale è inevitabile scorgere i seicentomila immigrati che il centro-destra ha promesso di far scomparire dalle strade.

Ed invece sarà l’odiato Partito democratico a decidere quale sarà il governo della diciottesima legislatura. A meno che i 5 stelle e il centro-destra (o una sua parte) decidano di governare insieme. Questo potenziale politico che il partito di Renzi (anche senza Renzi) è ancora in grado di esprimere infastidisce non poco l’elettore medio. Così come il fatto che per depotenziarlo si sia costretti a venire a patti con gli avversari. Tale impotenza e sensazione di oppressione spinge l’elettore medio a cercare un responsabile.

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In molti credono che all’origine dell’attuale stallo ci sia la legge elettorale. Quel rosatellum voluto dalla casta per non far vincere nessuno. E non c’è dubbio che la legge elettorale non abbia funzionato. Considerato che il suo motore maggioritario non si è messo in moto, va da sé che quello proporzionale da solo avrebbe prodotto lo stesso risultato. Ma proprio per questo, senza l’approvazione della legge si sarebbe avuto lo stesso e identico stallo politico. Era infatti in vigore il cosiddetto consultellum, ossia un sistema elettorale tutto proporzionale.

Qualcuno potrebbe azzardare che, in fondo, altresì i giudici della Consulta siano responsabili per aver manomesso la legge elettorale in vigore nel 2013. Tuttavia, come ha mostrato una simulazione dell’Istituto Cattaneo commentata su Repubblica da Marco Valbruzzi, con il precedente sistema elettorale (il cosiddetto porcellum) avremmo comunque avuto una situazione simile a quella delle elezioni del 2013. Vale a dire una maggioranza diversa tra Camera e Senato, e quindi quella condizione che portò ai tanto odiati governi delle larghe intese, non votati direttamente dal popolo. Come il precedente governo Monti.

Piaccia o meno è solo con l’italicum che il popolo (Re, sovrano) sarebbe stato chiamato a risolvere lo stallo. Si tratta della legge elettorale bocciata dalla Consulta dopo quella bocciatura delle riforme istituzionali voluta da parte, più o meno, dello stesso elettore medio che ora ritiene tradito il suo voto (referendum del 4 dicembre 2016). L’italicum avrebbe prodotto al primo turno lo stesso risultato politico di oggi, ma avrebbe contrapposto al secondo turno i 5 stelle e il centro-destra. Difficile dire chi avrebbe ottenuto la maggioranza per governare. È però verosimile che gli elettori di centro-sinistra avrebbero guadagnato le urne solo se spinti da un dovere interiore, che difficilmente avrebbe consegnato il governo a Salvini.

Ma tutto sommato è meglio che sia il Presidente della Repubblica a trovare una soluzione per uscire dallo stallo politico. A lui spetta quella mossa del cavallo che Camilleri, in un famoso romanzo, interpretava come un cambio di linguaggio e quindi di mentalità.

La storia della Repubblica è lastricata di stili presidenziali che si sono adattati allo spirito dei tempi. Ora è il momento di conoscere lo stile di Mattarella, vedere come il raffinato giurista interpreta il suo momento per dare al paese quell’indirizzo politico costituzionale di cui ha bisogno. Sicuramente Mattarella ha capito che mentre la crisi dei primi anni novanta fu crisi del sistema dei partiti a cui una legge elettorale avrebbe potuto porre rimedio (ricordiamo il mattarellum da cui ha avuto origine la Seconda repubblica), la crisi che sta portando l’Italia verso quella #TerzaRepubblica di cui ha parlato Di Maio è crisi politica, antropologica e sociale. Il governo che nascerà dovrà quindi avere una certa idea della collocazione internazionale dell’Italia in Europa e nel mondo, altrimenti sarebbe un governo truffa. Perché è sempre con riferimento ai suoi vincoli esterni che il paese ha definito i fini da conseguirsi tramite l’azione politica, che non si esaurisce nell’azione di governo ma si estende a tutta la società e alle sue diverse articolazioni.

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Emidio Diotato
Professore associato di scienza politica presso l'Università per Stranieri di Perugia

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