Teche Teche Tè!

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Uno studioso molto attento, Luca Ricolfi, si è chiesto recentemente se la grande sfida di un governo che sia capace di realizzare il meglio delle proposte di destra e di sinistra sia alla portata del ceto politico italiano “(La sfida. Come destra e sinistra possono governare l’Italia”, Feltrinelli 2013).

A valutare dalle fatiche del governo Letta, che possiamo definire il secondo “governo del presidente” dopo il governo Monti, ovvero il secondo passo del tentativo di superamento della Seconda Repubblica, verrebbe da dire proprio di no. Nelle ultime settimane, con il solito melodrammatico copione romano, l’incertezza politica ha assunto in Italia dimensioni tali che gli ultimi declassamenti economici, da parte delle solite agenzie di rating, possono essere considerati come fin troppo generosi nei confronti del nostro paese.

Il melodramma si è svolto, per ora, in due atti. Atto primo: il leader del secondo partito della coalizione di governo rischia una condanna che lo renderebbe ineleggibile e la sua parte politica, il Pdl, considera tale eventuale giudizio, imminente, come causa della caduta del governo. Secondo atto: il ministro degli Interni è oggettivamente responsabile di una grave condotta in violazione delle norme della comunità internazionale, ma non può essere estromesso dalla sue funzioni poiché rappresenta l’impegno del Pdl a sostenere il governo, e questo genera malumori (tranquilli! è politichese, nessuno sta male) nel primo partito della colazione di governo, il Pd; nel frattempo, dopo una battuta razzista di un esponente della Lega Nord, Letta chiede al presidente della Lombardia, segretario di quel partito, di intervenire, altrimenti, come minaccia, seguirebbe uno “scontro totale” sull’Expo, ossia proprio su quel progetto che lo stesso governo Letta ha appena posto al centro del rilancio economico del paese, chiedendo a tal fine e nientemeno, ai sindacati, di accettare di congelare il diritto del lavoro per tutto l’indotto economico che l’Expo produrrà!

Più di un lettore di questa rubrica, se è arrivato fin qui, avrà avuto la sensazione di aver capito ben poco. Per spiegarmi posso allora testimoniare che mi è capitato per ben tre volte, nell’ultima settimana, di assistere a un’inedita, quanto mai identica scena in tre bar diversi, dove mi ero fermato per bere un caffè o un bicchier d’acqua.

Va detto che è oramai piuttosto comune, nei piccoli bar italiani, tenere fastidiosamente accesa la televisione: ebbene, allo scorrere di immagini con esponenti politici, uno o più degli avventori presenti hanno iniziato a “vociare” (dimenticavo di dire che si tratta di bar di Firenze, dove si vocia, non si urla) senza una minima remora, freno che avrei considerando normale visto che eravamo in un luogo pubblico.
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Non riporto i loro insulti per rispetto dei lettori di Altritaliani. Il punto è che queste persone hanno reagito a quelle immagini come se fossero a casa propria, e nessuno ha reagito a sua volta con una parola o con uno sguardo per sottolineare questa mancanza di creanza, neppure io. Come se fossimo tutti rassegnati alla evidente verità che legittimava il loro contegno.

La conferma di questa rassegnazione, ma anche una speranza, ossia che del buono possa nascere quando la finiremo con i governi del presidente e torneremo a votare, mi sono balenate chiare l’altra sera. Per anni ho gustato molte puntate di Blob, una trasmissione che mette insieme spezzoni audio e video tratti dalla programmazione quotidiana.

Non riesco più a vedere i volti noti della politica e quindi neppure la grottesca quotidianità di Blob. Questa estate la mia trasmissione preferita, e mi accorgo ora che lo fu già lo scorso anno, è Theche Teche Tè, il cui titolo richiama l’immenso materiale delle Teche della RAI, ossia gli archivi della televisione pubblica italiana.

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Come si legge nel sito della RAI: “Caratteristica principale del programma resta l’incalzante intersecazione tra situazioni e personalità, i voltapagina – ossia i siparietti in cui figure impertinenti liquidano con battute pertinenti la scenetta che precede”. Gli italiani si sono rassegnati, pur rimanendo disgustati di fronte al melodramma di una casta ancora tutta da rottamare. Ma il siparietto di questa casta si sta distruggendo, scenetta dopo scenetta e, alla fine, forse, una risata li seppellirà.

Emidio Diodato

Professore associato di scienze politiche

Università per stranieri di Perugia

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Emidio Diotato
Professore associato di scienza politica presso l'Università per Stranieri di Perugia

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