Il racconto d’avventura e la sua funzione educativa

Wilbur Smith

Alla morte di Wilbur Smith, il grande scrittore sudafricano, instancabile cantore della sua terra, tutti o quasi i critici si sono affannati a definirlo il “re dell’avventura”. Non hanno però tentato l’avventura di fare l’esegesi del termine stesso.
Wilbur Smith invece sapeva bene cosa fosse, visto che ha dato vita ad una fondazione con il compito precipuo di sostenere la letteratura del genere, uno dei più amati dai lettori sin da secoli. Ne conosceva il valore non solo letterario ma anche etico, antropologico, culturale, in una parola umano.
Dalla saga dei Courtney alle avventure degli scopritori di diamanti, il significato e la potenza dell’uomo che si costruisce la sua fortuna in senso classico, è davvero esemplare.
Quisque faber est fortunae suae è il motto più evidente che emerge dalle pagine di Il destino del cacciatore, L’ultima preda, Quando vola il falco per non citare che qualche titolo della ricchissima, immensa produzione dello scrittore. L’ultimo romanzo, Il nuovo regno, appartiene al mondo egizio che io prediligo, all’universo dei faraoni, come Il settimo papiro.

Ma torniamo al tema dell’avventura ed alle implicazioni didattico-pedagogiche in esso contenute. Due aspetti voglio sottolineare nell’esegesi del fonema. Uno pedagogico e l’altro relativo ad una nuova disciplina ora emergente: la geofilosofia o filosofia della terra, che mutua cioè categorie riferibili alla terra, che unisce registri diversi, come geografia, antropologia e filosofia appunto.

Nello sviluppo della civiltà umana è il mare, l’acqua tra gli elementi empedoclei, ad avere il ruolo fondamentale di propulsione e sviluppo della civiltà. Chi si mette per mare vince la condizione sedentaria e apre nuovi orizzonti.

Ulisse e le sirene di John William Waterhouse, 1891

Tra i personaggi emblematici che esprimono bene questo elemento ed il suo significato, l’Ulisse dantesco, ma anche omerico, è l’eroe del mare per eccellenza, perchè interpreta perfettamente il senso umano dell’avventura.
Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza, ci dice Dante Alighieri nella sua Commedia. È l’orazion picciola, il brevissimo discorso con cui l’Ulisse dantesco spinge i compagni al “folle volo” oltre le Colonne di Ercole (Inferno, canto XXVI), ad osare pur nella vecchiaia.
L’avventura è conoscenza, è realizzazione umana e l’uomo si distingue dai bruti proprio in questo. L’Ulisse omerico che ascolta perigliosamente il canto delle sirene, si fa legare per non cedere all’inganno, poi sconfigge il Ciclope presenta concretamente questo significato.

Don Chisciotte, di Honoré Daumier

Ed ecco un altro eroe, di terra questa volta, il Don Chisciotte di Cervantes, che abbandona tutto il suo mondo e le sue radici per l’avventura. Rappresentante di una civiltà che nella sedentarietà, nell’immobilità fa consistere la sicurezza, Don Chisciotte opta per lo spazio aperto di tutti i pericoli, veri o inventati, sceglie la mobilità e così farà anche il suo scudiero che alla fine, pur avendo trovato un ubi consistam, un governatorato addirittura, abbandona tutto per seguire il suo padrone allucinato, senza terra, deriso da tutti con nel cuore una sola arma, l’amore per Dulcinea.
Nessuno parta senza amore, ammonisce il segaligno hidalgo.

Nell’avventura, forse è necessario l’amore verso un ideale, per qualcosa di forte che costituisca la motivazione fondamentale della ricerca. Perchè l’avventura è ricerca del sé, è superare i propri limiti e così entriamo nell’altro settore, quello pedagogico.
L’oracolo di Delfi aveva ammonito: Conosci te stesso.
È l’obiettivo fondamentale di ogni paideia, cioè di ogni sistema educativo. E ce n’è anche un altro: conosci il mondo nel quale la conoscenza di sé si forma, evolve e si concretizza.

Nel racconto straordinario ‘Il tifone’ di Joseph Conrad, il protagonista si caccia volutamente nella tempesta al suo culmine per comprendere quale sia la sua natura, il limite delle sue forze. Il conoscere se stessi implica due elementi fondamentali in ogni paideia, la responsabilità ed il rischio.
Vivere comporta un rischio, quello della scelta, della decisione in ogni fase tra elementi diversi e ne consegue la responsabilità profonda nei confronti degli altri.

Non c’è sistema educativo più lontano di quello attuale rispetto a questi due elementi che, ripeto, il tema dell’avventura enfatizza mostrando contemporaneamente la sua valenza pedagogica.
La letteratura di avventura pratica questo percorso, da Jules Verne alla favolistica dei fratelli Grimm, di Perrault, e per noi nel Pinocchio fino al classico libro Cuore di De Amicis.

Il paladino Orlando
Puppo siciliano: il paladino Orlando

Ma la narrativa che rappresenta meglio in senso pedagogico il valore dell’avventura, è il ciclo delle canzoni di gesta dei cavalieri medievali, vero manuale di educazione al coraggio, alla forza, alla ricerca dell’impossibile  o dell’amore (… anche quello proibito di Lancillotto e Ginevra nella letteratura di impianto arturiano). Esemplare la Canzone e l’epopea di Orlando di cui ho parlato in un precedente articolo.

Le canzoni di gesta celebrano altri elementi del genere d’avventura: l’imitazione e l’inclusione. Le azioni degli eroi sono infatti esemplari, cioè spingono alla ripetizione dell’impresa eroica, incitano al buon esempio, all’assunzione del coraggio, della responsabilità.
Al ceppo originario delle ‘canzoni’ ogni regione, ogni territorio aggiungeva una variazione, una storia, di un eroe e di un’impresa locali (vedi i pupari in Sicilia) come exempla (in questo  anche le vite dei santi erano e sono narrazioni pedagogiche) da proporre ai giovani sicché alla fine la paideia, scaturita dall’avventura inventata e narrata con scopi pedagogici, oltre che ludici come quella di Smith, riguardava tutti ma anche ognuno singolarmente inteso.

Non stiamo dicendo che bisogna tornare all’antico e ai modelli di un tempo, ma constatiamo che sui vetera siamo riusciti, e dovremmo continuare a farlo, a innestare i nova.  Vetera et nova’ è uno dei precetti e forse il segreto della paideia del futuro.

Carmelina Sicari

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Carmelina Sicari
Carmelina Sicari è stata Dirigente Scolastico del Liceo Classico di Melito Porto Salvo e dell'Istituto Magistrale di Reggio Calabria. Si occupa da tempo di letteratura contemporanea e di semiotica con opere su Pirandello e sull'Ariosto. Ha collaborato a molte riviste letterarie tra cui Studium, Persona, Dialoghi… Ha all'attivo numerose pubblicazioni su La canzone d'Aspromonte, Leopardi e il Novecento letterario. Continua a sostenere nel presente il Movimento culturale Nuovo Umanesimo di Reggio Calabria di cui è stata ideatrice.

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