Edmondo Berselli: L’impronta qualunquista.

Uscito nel suo libro postumo: « L’Italia, nonostante tutto« , questo suo articolo del 2001 parla di qualunquismo, qualcosa che ha a vedere con i nostri tempi, con la sete di banalizzazione, di semplificazione che ha reso il terreno facile alla vittoria del populismo in Italia e in Europa, mentre i tradizionali partiti politici si « attardavano vanamente » a raccontare la complessità di un mondo globale.

L’articolo risale ai fatti degli anni Settanta e Ottanta fino all’ascesa di Berlusconi e a rileggerlo nella sua felice sintesi, a quasi venti anni di distanza, fa luce anche su molti punti che spiegano come il Belpaese sia arrivato all’oggi, evidenziando il conflitto attuale che contrappone populismo a democrazia, politica ad antipolitica.

Edmondo Berselli (Campogalliano, 2 febbraio 1951 – Modena, 11 aprile 2010) è stato uno dei più acuti e sagaci commentatori non solo della politica ma anche della società italiana, cogliendo spesso in anticipo evoluzioni e tendenze del Paese. Ha collaborato a lungo con L’Espesso e La Repubblica ed è stato direttore della rivista Il Mulino. Ha pubblicato i suoi libri in particolare per Einaudi e la Mondadori.

Berselli
Edmondo Berselli

L’impronta qualunquista.

Dopo di che, il qualunquismo sopravvive a lungo in Italia quasi solo come criterio di giudizio sugli atteggiamenti politici altrui. La DC ha avuto un ruolo significativo nel formare alla democrazia i ceti medi usciti dal fascismo. Il suo anticomunismo è stato un cemento efficace anche nei confronti di quelle fasce di elettorato conservatore che cercava protezione ben più che slancio sociale, che nutriva un acuto senso di diffidenza nei confronti della progettualità sociale e delle preoccupanti intenzioni riformiste. In parallelo il PCI organizzava il suo consenso mantenendo al proprio centro una robusta direttrice ideologica e organizzativa, che in linea di tendenza impediva escursioni populiste o qualificabili esclusivamente in chiave di protesta.

Come immagine, il partito di Togliatti era un partito di militanza severa e di strenuo professionismo politico. La sua condanna all’opposizione, cioè a essere minoranza, confermava semmai uno stile di enunciata sobrietà, che più tardi sarebbe sfociata nella rivendicazione della « diversità » morale (Enrico Berlinguer:  » Il PCI è l’unico partito pulito e diverso », 1980); ma anche in questo caso, che pure sotto il profilo politico poteva risultare suscettibile di sfumature extrapolitiche, e a indignazioni e denunce non sempre argomentabili come lineare conflittualità politica, l’impronta qualunquista non era visibile se non in alcune espressioni popolari, « anti-padronali » e anti-democristiane e forse anche antisistema per necessità essenzialmente pubblicitarie.

L'ItaliaPer un lungo periodo, va detto in ogni caso che la politica italiana fu orientata o da progetti di significativa caratura oppure da conflitti di particolare intensità. Ma dai binari ufficiali del confronto politico non si usciva. Glia aspetti più enfatici e folk dell’agonismo politico (il presidenzialismo ante litteram come espressione dell’autorità, la richiesta della pena di morte, insieme gli almirantiani temi « socializzanti », di evidente ascendenza fascista repubblicana) vennero assunti come istanze propagandistiche dall’estrema destra missina, non ancora riciclata in chiave liberalgollista, senza che cio’ si trasformasse in una duratura corrente d’opinione osservabile nel corpo della società. Anche le ricorrenti evocazioni della « maggioranza silenziosa », a suo tempo qualificate come espressione di un intreccio fra impulsi qualunquisti e velleità autoritarie, si collocavano in realtà nei binari tracciati dallo scontro terroristico durante gli anni Settanta. Erano una risposta suscitata, e magari sollecitata, dall’esasperazione del conflitto politico e sociale, una richiesta di law & order, ben più che un potenziale manifesto antipolitico o poujadista.

Anche perché mancava del tutto l’imprenditore politico, per l’eventuale vocazione qualunquista. Non esistevano soggetti in grado di coagulare fuori dal sistema dei partiti il disagio per la conflittualità sindacale: Perfino un evento dirompente come la « marcia dei quarantamila » dell’ottobre 1980, nella Torino dell’ultimo grande conflitto sindacale, si ritrovo’ in breve orfano di referenti politici in grado di mettere a capitale la rottura di paradigma e l’inversione di consenso che si erano registrate.

Mirafiori
La marcia dei quarantamila a Torino

Sintomi di una disaffezione per i partiti e la politica cosi acuta da colorarsi di « tratti » qualunquisti, si manifestarono durante il decennio Ottanta. Ma si parla di « tratti » qualunquisti, perché è piuttosto difficile, se non del tutto impossibile, individuare uno specifico « programma » qualunquista. Sarebbe più opportuno indicare il primo manifestarsi di un atteggiamento di rifiuto verso il funzionamento della politica italiana, con le sue formule usurate (l’arco costituzionale, la conventio ad excludendum, l’immobilità sostanziale dell’equilibrio di governo, gli assetti consociativi suggeriti e dettati dall’assenza di alternanza). Il primo segnale di rifiuto si era rivolto verso quella cultura « di sinistra » che aveva egemonizzato nel decennio precedente il discorso pubblico fino a configurarsi, essa si, come una sorta di ideologismo qualunquistico, per quanto orientato in termini politically correct. Ma ben presto il rifiuto si era indirizzato verso il sistema dei partiti, cioè verso i soggetti giudicati responsabili di una democrazia bloccata.

Edmondo Berselli – L’Italia nonostante tutto

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