Saverio Borrelli: Le mani pulite e le mani degli altri.

Muore Francesco Saverio Borrelli, ex capo del famoso “pool” di Mani Pulite. E torna in mente il 1992, quando scoprimmo di essere innocenti. Noi italiani. Perché a essere colpevoli erano solo loro: i politici. I cattivi politici. Che rubavan tutti. Belli e brutti. Rubavano i socialisti; con aria furbetta, arrivista. Rubavano i democristiani: con aria di sottana, di risatine soffocate. Rubavano (che Iddio mi perdoni) anche i comunisti (o ex-tali). Con aria luterana, sofferente, ereditata dall’eterno muso lungo berlingueriano. Rubavano tutti. Certo chi più chi meno. Chi a maiorem gloriam di Dio o del Partito e chi per sé. Non tutti erano uguali. Ma nessuno era in condizione di dar lezioni all’altro. Però non erano un’escrescenza, non erano un paese sporco in un paese pulito: perché rubavamo anche noi. Noi italiani.

Eh sì, cari miei. Altroché. Ognuno a modo suo. Vita vissuta? Il catalogo è questo. La raccomandazione per il figlio, “è tanto bravo”, “un bravo ragazzo che sogna il posto fisso”, la cognata che trova casa perché “conosce un assessore”, il sedicente luddista che in una pubblica amministrazione sabota il lavoro ridendo, si diverte a spaccare tutto, “un sovversivo? Eroe anarchico della rivolta antiproduttivistica?”, “Macché, è che è paraculato da un padreterno e allora fa quello che vuole”, mi rispondono a bassa voce, “e chi lo tocca a quello?”. Un giorno il tamponamento. Ahi ahi, danni al veicolo, per fortuna in apparenza niente di grave per il conducente. “Colpo di frusta”, dice il medico. “Sente dolore?”. Niente. “Sicuro?” Ma sì. Certo a pensarci bene, se lei insiste… “Insisto, insisto! Guardi qui. Le analisi, giovanotto, parlano chiaro. Nessun danno permanente!”. Bene, meglio così. “Bene? Ma lei è proprio un ingenuo. Malissimo!”. Ma come malissimo scusi? “Il fatto è che le assicurazioni pagano bene solo i danni permanenti”. Eh ho capito: ma se non ci sono, scusi. “Stia tranquillo”. Eh certo, vede che ho ragione, che è meglio che non ci siano danni permanenti? “Ma cosa ha capito! Provvederò io stesso ad alterare i risultati delle analisi”. Scusi? Alla fine il medico legale traffica e arriva dall’assicuratore, « ecco i documenti, scusa non ci si legge bene, danni permanenti, vedi, è molto scuro perché ho la fotocopiatrice che funziona male”. L’assicuratore: « ah Nando, è da quando ti conosco che c’hai la fotocopiatrice che funziona male, e credi che non ti conosco? Ma vabbè dai ». E il rimborso arriva copioso. E la signora amante del politico, “ti aiuto io, gli parlo io, a me non dice mai di no. No, non voglio niente, bel giovanotto, magari un pomeriggio vieni a trovarmi e ci divertiamo un po’, non c’è niente di male sai”. E le mense delle caserme, ma come, siamo in Italia e non c’è neanche un po’ di parmigiano? Ma scherzi? Il colonnello le forme se le fa portare direttamente a casa, chiamalo scemo! E giù gomitate, strizzatine d’occhi. E i tecnici della grande azienda parastatale in trasferta, con il blocco di ricevute false per il rimborso spese, “un capolavoro, queste ricevute, guarda! Solo questo mese c’ho tirato su trecentomila lire. Che te frega? Tanto le fatturiamo al cliente con gli altri costi”. Il cliente è la pubblica amministrazione, che assegna gli appalti senza vera gara, senza tetto né legge, e paga tutto, “che te frega? Mica soldi tuoi sono”. E il dirigente della stessa grande azienda parastatale, considerato in quota al partito, che si porta l’amante in viaggio di lavoro negli Stati Uniti e un giorno per il grande traffico delle metropoli della East Coast si rompe i cosiddetti, “qui si lavora!” e prende un elicottero per spostarsi (costa caro, certo, ma molto più pratico di un taxi, che vuoi che sia). E la tesi di laurea commissionata, “tu che scrivi bene, non avresti voglia di scrivermi la tesi per mia figlia? Mi dici che ti serve”, “guarda, al limite quello che mi servirebbe lo chiederei più volentieri direttamente alla succitata figlia, ma se non riesce manco a scriversi la tesi che si laurea a fare?” “Ma no, è che non c’ha tempo, è sempre in giro, e poi quello che conta al giorno d’oggi è il pezzo di carta, no?”, e l’altra ragazza che paga praticamente zero di tasse universitarie e si becca pure la borsa di studio perché la dichiarazione dei redditi di papà e mammà grida vendetta da quanto è misera, però gira in macchinone e con scarpe da rivista di moda, “darling cosa fa tuo papà?”, “commercia, lavora tanto sai il mio papi!”, e il sabato va alla manifestazione con bandiera rossa e pugno chiuso.

Saverio Borrelli

E questo popolo, nel 1992, grazie a Francesco Saverio Borrelli e al suo gruppo, si è risvegliato di colpo puro innocente e anche un po’, anzi tanto, moralista. Rigorista. Luterano. E si è messo a sputare addosso agli stessi a cui fino al giorno prima aveva leccato la mano (e quant’altro). Vergogna! Ladri! Farabutti! Intendiamoci: in tanti (non tutti) lo erano davvero, ladri e farabutti. Ma io ho sempre avuto un sospetto. E cioè che la vera colpa che il popolo italiano ha rimproverato ai politici non era quella di essere ladri; ma quella (davvero imperdonabile) di essersi fatti beccare. Il politico ladro va bene finché è potente e può farti il favoruccio. Se si fa beccare, quel fesso, allora non serve più a niente e bisogna tirargli le monetine. Come le tirarono in tanti, verso Bettino Craxi, all’hotel Raphael, nell’aprile 1993. Tra quelli, il militante missino Fiorito, detto “Batman”, che poi, molti anni dopo, diventato capogruppo del centrodestra nella regione Lazio, sarebbe stato condannato con sentenza definitiva per essersi intascato ingenti rimborsi destinati al suo partito.

Borrelli, che ora è morto, poveretto, ha fatto il suo lavoro, e lo ha fatto bene. Ci mancherebbe. Ma alla fine, di tutto quel furore, cosa è rimasto? Il popolo italiano si è fatto un gigantesco “ego te absolvo a peccatis tuis in nomine meo”. Si è totalmente deresponsabilizzato (“i ladri, c’est les autres!”). E ha sviluppato uno stupido rancore e un’idiota ostilità verso la politica e le istituzioni della democrazia liberale. Verso le vecchie culture politiche che avevano bene o male costruito l’Italia del dopoguerra (liberale, socialista, comunista, cattolico-democratica, laico-repubblicana, conservatice). E che in nome della modernità sono state sostituite dal marketing di sigle elettorali più o meno cretine. L’unica cosa che non credo sia cambiata, nel tempo, è proprio quella che Mani Pulite credeva di combattere: la disonestà.

Maurizio Puppo

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Maurizio Puppo
Maurizio Puppo, nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell'Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa ("Un poeta in fabbrica"), storia dello sport ("Bandiere blucerchiate", "Il grande Torino" con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E' editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).

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