Lavoratori italiani in Francia: I mestieri che hanno fatto la Storia

Attraversando rapidamente alcuni dei momenti fondamentali dell’emigrazione italiana in terra francese dall’Ottocento ad oggi, verranno passate in rassegna le principali occupazioni lavorative dei migranti: i mestieri che hanno contraddistinto l’italiano agli occhi dei francesi, quelli che hanno creato più scalpore e scompiglio, quelli che hanno arricchito e anche quelli che hanno ucciso… Storie di fatiche e sfruttamento di donne, uomini e bambini, ma anche di successi e di realizzazione professionale.

Link alla presentazione del Dossier bilingue: «Odissea italiana. Storie e analisi dell’immigrazione italiana in Francia. 1860-1960 e oltre» e agli articoli pubblicati in italiano.

Version de ce même article en français

Un’interessante bibliografia tematica dal titolo I mestieri degli italiani in Francia ed in Europa sui testi del Fondo della biblioteca «Ancêtres Italiens» di Parigi è disponibile on line al sito geneaita.org. Rilevanti per la stesura di questo articolo sono inoltre i contributi Storia dell’emigrazione italiana, vol. 2, a cura di P. Bevilacqua, A. De Clementi ed E. Franzina (Donzelli Editore, 2002) e alcuni documenti raccolti nell’opera di F. Viani dal titolo L’emigrazione dall’ex Comune di Boccolo dei Tassi terra piacentina e parmense. Gli scaldini a Parigi (quaderno num. 15, Centro studi della Valle del Ceno, 2008).

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Diverse sono le immagini che hanno fatto la storia dell’emigrazione italiana in Francia: ritratti di abili oratori ed eccellenti pensatori, di furbi imprenditori e scrupolosi artigiani, di instancabili operai e ingegnosi «accattoni» di pasoliniana memoria. Immagini spesso divenute stereotipi, ma anche storie ignote di individui ricattati, sfruttati e abbandonati.

Emigranti italiani tra Ottocento e Novecento

La seconda metà del XIX secolo è contraddistinta da un imponente flusso migratorio in Francia, che interessò in un primo momento gli italiani provenienti dalle regioni del nord Italia e, nei primi decenni del XX secolo, quelli del centro e Sud della penisola. Precarietà, povertà e miseria descrivono bene le condizioni di vita da cui fuggivano i migranti e che, nella maggior parte dei casi, ritrovavano all’arrivo. A tal proposito è emblematico un passo dell’articolo Gli agricoltori italiani in Francia. Un allarme per chi vuole emigrare, scritto da Mons. Torricelli (uomo di chiesa) nel settembre 1924 e pubblicato sul periodico «La giovane Montagna»:

Ci risulta infatti che i nostri emigrati sono spesso sfruttati da loschi tipi francesi e italiani in modo incredibile. Per quanto i missionari dell’Opera Bonomelli si prodighino, si avvera sempre il fatto che tra l’apostolo e l’imbroglione, la persona ignorante scelga sempre l’imbroglione. E pur troppo fra gli italiani che emigrano moltissimi sono gli ignoranti.

Emigranti italiani in Francia. Reperto fotografico inedito © Fondazione e Museo Paolo Cresci di Lucca

Uomini e donne in fuga dalla povertà delle campagne e dalla penuria delle province urbane, cercarono un’occupazione nella coltivazione dei campi, nelle fabbriche, nelle miniere e più generalmente nelle città francesi. Tra le fila di agricoltori, operai, minatori, muratori, artigiani e mercanti, si nascondono anche molte storie di donne, mamme e operaie, come le carbonare nel Département du Tarn, le balie toscane, le sarte e le seggiolaie provenienti dalle regioni del Nord Italia. Ma anche quelle, ben più drammatiche, dei bambini: «piccoli vetrai» nella valle del Rodano, nella Loira e del Puy de Dôme chiamati anche gli «schiavi bianchi» relativamente ai quali un’inchiesta parlamentare del 1901 (presentata da Ugo Cafiero) denunciò le condizioni di vita e di sfruttamento, individuandone le responsabilità politiche e le ragioni sociali.

Bambini lavoratori nelle vetrerie. Reperto fotografico inedito © Fondazione e Museo Paolo Cresci di Lucca.

Durante quella prima grande ondata migratoria non sono rare perciò le testimonianze di povertà e di sfruttamento lavorativo. In molti casi si assistette a vere e proprie tratte umane che fecero irrimediabilmente la ricchezza di molti imprenditori senza scrupoli.

Emigranti nel dopoguerra

Dopo il secondo conflitto mondiale, la ricostruzione e l’immediata ripresa economica della Francia favorirono la ripresa dell’immigrazione. L’Italia era allora un paese in ginocchio, saccheggiato ed espropriato e che ancora attendeva uno sviluppo economico e industriale di molte parti del centro e, soprattutto, sud Italia. In quel momento gli emigranti, partiti per lo più dalle regioni meridionali, si riversarono nelle fabbriche francesi, nelle miniere di carbone e nelle città, lavorando come muratori e tecnici per la ricostruzione del Paese.

Minatori italiani in Francia

La veloce ripresa economica stimolò inoltre molti italiani a scegliere la Francia come il luogo dove avviare una piccola o media attività commerciale (ristoranti, “épiceries”, negozi di sartoria, calzolai etc.) sviluppandosi ed integrandosi altrettanto rapidamente nel tessuto urbano delle città.

Magasin italien à Paris, vendeur de journaux, Emporio Italiano, 1900 carte-postale Paris• Crédits : Musée national de l'histoire et de l'immigration

Dato che ogni paese italiano aveva le sue specificità artistiche e il suo “savoir-faire” artigianale, oltre al commercio e alla ristorazione gli italiani riprodussero in Francia le tradizioni artigianali e i tipici mestieri del paese natio, come accadde con gli intagliatori di marmo di Carrara (Toscana). Il forte regionalismo, o per meglio dire “localismo” degli immigrati permise loro di distinguersi grazie alle proprie peculiari competenze in attività più o meno conosciute tipo come il fabbro, il sarto, il calzolaio, l’orologiaio, il carpentiere, il ceramista, il falegname, il mastro ferraio, il molatore etc.

Francia 1906, Gli Orsanti© Fondazione e Museo Paolo Cresci di Lucca

Senza dimenticare però che furono molti coloro che continuarono a spiccare nei mestieri nati più semplicemente dall’ “arte di arrangiarsi”, come i girovaghi, i musicisti, i venditori ambulanti, i lustrascarpe, i seggiolai (per lo più lombardi e piemontesi) o gli spazzacamini.

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Una storia che si ripete ma diversamente… L’ondata migratoria del XXI secolo

La ripresa massiccia dell’emigrazione in Francia è un fenomeno piuttosto recente che ha coinciso con gli anni della crisi economica del nuovo millennio. Il titolo di un articolo del «Sole24ore», a firma Marzio Bartoloni, commenta così i dati del rapporto Svimez del 2013: Rapporto Svimez mai così drammatico: l’emigrazione torna quella del dopoguerra.

Cos’è cambiato rispetto al passato?

Seppure le attuali emigrazioni italiane non siano generate dalla povertà e dalla miseria di allora, un altro problema ben più insidioso ne costituisce il principale motore: la precarietà o l’incertezza lavorativa. Le esperienze sono diversificate e le mansioni sempre più specializzate. I più giovani conquistano le vette dei flussi migratori contemporanei inserendosi facilmente nella vita metropolitana grazie alla conoscenza delle lingue e al benessere che i genitori possono comunque assicurargli. All’interno delle statistiche dei flussi migratori capita che rientrino erroneamente anche i moltissimi studenti universitari che scelgono la Francia come prima esperienza di vita all’estero o più semplicemente lontano dalla famiglia, grazie al progetto “Erasmus student” o “placement” (offrente loro uno stage di qualche mese), tuttavia è incorretto considerarli degli immigrati in quanto, salvo rare eccezioni, fanno ritorno in Italia.

Fra i lavoratori difficilmente si distingue l’operaio di un tempo; i nuovi immigrati italiani (altamente specializzati) vestono in giacca e cravatta, indossano camici e grembiuli, lavorano con i guanti o con l’elmetto, sono nei cantieri, tra i tavoli e le scrivanie, dietro i banchi di scuola ed università o ai banconi di bar e ristoranti. Nonostante non tutti possano vantare di aver trovato l’Eldorado, ritrovandosi a volte in Francia o altri paesi europei in situazioni di sfruttamento lavorativo simili all’Italia. Il Paese vicino rimane una delle mete privilegiate per tutti quegli italiani che sperano di coltivare e realizzare le proprie ambizioni professionali, mettendo in pratica, ieri come oggi, competenze di vario tipo e distinguendosi grazie alla ricchezza culturale maturata nel Bel Paese.

Concludendo, nell’arco di più di un secolo e mezzo di storia, i mestieri degli italiani in Francia sono profondamente mutati: l’impiego nei settori di spicco dell’economia francese è sempre più comune e tutta una seconda generazione al grido di «je suis rital et je le reste» risulta oggi perfettamente integrata nelle alte sfere della società.

Mirco Di Sandro

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1 COMMENTAIRE

  1. Lavoratori italiani in Francia: I mestieri che hanno fatto la Storia
    Quest’articolo riassume bene lo straordinario cambiamento dell’emigrazione italiana in Francia.

    E… a proposito degli spazzacamini, fra un mese e mezzo uscirà il mio libro « Les ramoneurs lombards à Paris. Histoire d’une émigration séculaire » (Gli spazzacamini a Parigi. Storia di una emigrazione secolare), editore L’Harmattan di Parigi.

    Nel libro risulta anche chiaro che l’emigrazione italiana in Francia ha radici molto più antiche.

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