«La cosa giusta» di Donatella Pazzelli, un ‘giallo di sentimenti’.

«La cosa giusta», pubblicato dall’editore Pendragon a primavera, è il secondo romanzo di Donatella Pazzelli, autrice marchigiana che sta facendo strada. È già stata apprezzata dal pubblico col suo romanzo d’esordio «Gli ulivi di Albanella» (Pendragon 2016). Donatella Pazzelli dà prova, un’altra volta, secondo Andrea Carnevali che ci propone una sua recensione del libro, di sapere orchestrare un interessante intreccio narrativo. La trama vede come protagonista una giovane donna proiettata dalla provincia del centro Italia alla realtà milanese, dove imbastisce una relazione, inizialmente appagante, dopo un vissuto doloroso dal punto di vista familiare.

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«La cosa giusta» (2021) è un romanzo moderno, dove si concentrano diversi messaggi sulla società del Ventesimo secolo. La moda, il lusso e i divertimenti raccontano un mondo sfavillante che era alla ricerca di nuovi stili di vita.  Da un lato, l’Italia sembrava arretrata davanti ai cambiamenti culturali che provenivano dall’America del nord, dall’altro lato nasceva l’esigenza di svecchiare il sistema economico. Ciò era perseguibile tramite il sapere scientifico, le nuove forme di organizzazione industriale e le riforme dello Stato. Al contrario, l’affermazione di nuovi ideali, attraverso un faticoso processo di negoziazione e conflitto nel corso del tempo, è stata favorita dalla condizione di privilegio, quasi secolare, delle classi più agiate. La riflessione della scrittrice camerte è guidata persino dal pensiero leopardiano che emerge in alcuni passaggi del romanzo soprattutto sulla precarietà dei costumi e l’insensatezza dei comportamenti degli uomini che ricercano facilmente il piacere.
Lo stile della Pazzelli ha radici europee, che avvertiamo nell’approccio critico a certe dinamiche sociali, è rapido pieno e emotivo. Sebbene le prime pagine ricordino la «Coscienza di Zeno» e le novelle di Pirandello, quelle  che affrontano il disagio esistenziale, il resto del romanzo apre nuove connessioni con il presente. L’elegante copertina, disegnata da Katarína Kusá, orienta il lettore sul genere del romanzo, che potremmo definire un  giallo sentimentale in cui troviamo  il mistero e alcuni elementi tipici del crimine, ma non l’omicidio. Nondimeno si avverte l’eco delle sfumature erotiche del precedente romanzo di Pazzelli, «Gli ulivi di Albanella» (2016), che sono superate però dalla propensione alla critica sociale e al capitalismo che genera contrasti tra i due protagonisti, Flavia Colforti e Carlo Rossi.

La voce narrante della scrittrice, che si sovrappone a quella di Flavia alla ricerca della stabilità sentimentale, si spegne davanti alle incertezze della protagonista talvolta insicura e impaurita del mondo talaltra coraggiosa e propositiva. Davanti alle barriere, che la famiglia Rossi intende innalzare, per le scelte compiute dalla giovane Flavia, lei mostra una grande forza di determinazione tanto da sfidare apertamente la suocera Veronica.
Il fatto è che l’autrice  intende affrontare i luoghi comuni della vita cittadina appannaggio spesso delle famiglie altolocate. In questo caso, ha scelto per ambientazione  Milano, città moderna, che simboleggia il progresso e la modernità. La descrizione della scena della festa di laurea è emblematica perché rappresenta l’aspetto modaiolo e frivolo di un evento culturale: «Una sera io e Livia eravamo state invitate a una festa di laurea in un posto molto chic, a due passi da piazza Duomo. Vestite come due modelle appena uscite da una rivista patinata, avevamo varcato la soglia del lussuoso appartamento pieno di giovani festanti con un bicchiere in man; alcool e musica erano i protagonisti indiscussi della festa. In un angolo, circondato dagli amici, c’era un ragazzo con l’alloro in testa, senza dubbio il festeggiato. Portava un completo blu, taglio perfetto probabilmente di fattura artigianale, come piaceva a nostro padre che se li faceva confezionare dalla sartoria del paese, che si adattava come un guanto al suo fisico altissimo e atletico, la camicia bianca era slacciata, così come era allentato il nodo della cravatta a fantasia su fondo verde smeraldo e mentre la trova per disimpegnarsi avevo notato l’etichetta rosa Bulgari». L’eleganza, tuttavia, ritorna nella quotidianità delle famiglie più agiate perché i figli desiderano assomigliare ai loro padri diventati potenti negli affari.

Flavia non scende a compromessi con il potere cittadino e borghese che vanificherebbero ogni suo tentativo di crescita personale. Il che significa compiere tutti i passi necessari per fare una carriera da sola che acceleri il successo professionale. Quindi, rifiuta la proposta dei genitori di Carlo di lavorare per lo studio di Ugo Belli, affermato e blasonato architetto milanese. Guarda quel mondo con occhi diversi rispetto alla suocera: il che la pone in contrasto con la cultura dominante che diventa «violenta» pur di ottenere qualsiasi cosa. È quanto, infatti, scopriremo negli ultimi capitoli del romanzo in cui verranno a galla i motivi della morte di Livia, rimasta incinta dopo uno stupro. La protagonista si interrogherà, ma non riuscirà a trovare una risposta: «Ti guardo in attesa di una risposta che non avrò mai all’unica domanda che ho da fare: perché ti sei uccisa?». La vicenda sarà avvolta per più di vent’anni dal mistero senza mai diradare le tenebre che la circondano. La giovane Livia, incapace di reagire alla violenza sessuale, presa dalla paura di ferire la sorella, deciderà di suicidarsi, ma la sua morte rimarrà impunita fino a quando Carlo non tenterà di aggredire e strangolare Flavia.

Da un lato la figura ideale per la Pazzelli è senz’altro Livia per i valori e l’integrità morale, dall’altro lato il suo personaggio è fragile e incapace di svelare il suo segreto per paura di mandare in crisi il mondo sognato dalla sorella.
La situazione si capovolgerà quando Carlo incomincerà a tradire la moglie con Alina, con cui ha una buona intesa erotica, perché riuscirà a scoprire la verità. I pensieri di Flavia sono infuocati: «per farsi legare e cavalcare come li ho visti io nel mio letto ci deve essere stata una buona intimità, perché sembrava tutto tranne che un primo approccio».
La scrittrice tralascia diversi particolari sulla vita privata di Carlo, ma possiamo intuire che lui abbia una seconda vita, nonostante dall’unione con Flavia fossero nati due bambini diventati la ragione di vita della donna: «Marco, molto simile a mio padre anche nell’andatura dritta e fiera, mentre Giorgio assomiglia di più ai Rossi anche nell’altezza, ma entrambi sono il mio orgoglio».    

I personaggi sono analizzati anche tramite gli abiti, gli accessori e le acconciature che sono elementi della narrazione. Il sistema della moda è utilizzato come simbolo di riconoscimento delle diverse classi sociali che mutano nel tempo ma non cambiano quanto al gusto estetico. Basti pensare alle idee di Veronica sulla cerimonia e sul pranzo di matrimonio. Sorprende, infatti, che  la famiglia Rossi cerchi sempre di avere contatti con le persone giuste di Milano per consolidare la propria posizione sociale.
La voce della scrittrice emerge nella descrizione di ciò che avviene tra le pieghe domestiche: ciò si evince dai giudizi espressi da Flavia sulla suocera che aveva cercato di nascondere tutti i pasticci del figlio fin dopo la morte di Livia. La protagonista riesce a sganciarsi dal giogo dei Rossi attraverso il lavoro e l’aiuto dei colleghi dello studio LuoghArte che saranno la nuova famiglia. Grazie a Stefano, dipendente della stessa azienda, che diventerà il suo migliore amico e confidente, Flavia incomincerà a dare un nuovo corso alla sua vita.
La funzione oppositiva di alcune parole, che Flavia pronuncia, completamente rovescia il reale significato: «siamo due gemelle, uguali nell’aspetto, differenti in tanti particolari. Identici nella voglia di vivere – almeno così credevo fino a poche ore fa perché adesso. All’improvviso, scopro che siamo agli apposti: io viva; tu lì morta».  Invece, la diversità è da attribuirsi al carattere delle due gemelle come  si era sempre manifestata in famiglia. Ora, invece, è la morte che le separa, ragione per cui non si potrà più colmare quel divario tra le due ragazze.
Il pensiero di Flavia – non appaia strano o eccessivo – induce a pensare alla operetta morale «Dialogo della moda e della morte» dove Leopardi affronta il tema della precarietà della vita. La caducità della nostra esistenza è messa in relazione alle mode che sono passeggere. Nel dialogo si disprezza la nascente società moderna che ha sublimato il lavoro per raggiungere la ricchezza.  E la moda, invece, è il simbolo delle apparenze, dei tempi moderni,  della vanità dei costumi. Il consumismo perciò non può essere altro che fratello della morte.

Nel romanzo della Pazzelli ritroviamo gli schemi interpretativi di specifiche culture o sottoculture moderne che intende decodificare. I fenomeni sociali transitori sono narrati e spiegati attingendo dai modelli antropologici (il rito del funerale, la violenza privata, il clan degli avvocati ecc.) per affermare l’esigenza – in senso leopardiano – del cambiamento.  La scrittrice orienta, infine, la sua critica verso quelle che potremmo chiamare le sottoculture metropolitane contemporanee. Esse costituiscono uno dei temi classici della ricerca empirico-espressiva  che lei ha da tempo perseguito, legata al disagio giovanile, all’influenza dei media (p. es. la pubblicità, i viaggi, la ricerca del benessere, ecc.) e alle nuove filosofie New Age. La scrittrice, infatti, racconta nel romanzo:
«…“Destinazione?” Chiedo io ancora assonnata dopo una notte pensierosa.
“Parigi mon amour!” Risponde sovrastando il rumore della macchina del caffè e armeggiando con le tazzine.
Devo riconoscergli che la scelta non poteva esser delle migliori; Parigi: la meta preferita dei miei genitori non può che farmi bene, stare con Carlo lontano del suo ambiente mi permetterà di godermi la sua compagnia pensando alla nostra futura famiglia».

Lo stile di moda descritto non è vicino alle tendenze degli anni Novanta perché nel libro si ricercano le grandi firme internazionali in continuità con il mondo dell’eleganza milanese. Inoltre, il  lusso sfrenato è in contrasto con il mondo dei valori del lavoro. Alla giovane Flavia viene proposto di entrare a far  parte di uno studio importante perché questa scelta avrebbe acquietato il dolore che sentiva Carlo dentro di sé per la morte della sorella:
«La visita alla boutique Chanel Paris 31 Cambon nell’omonima via mi riempe il cuore, perché il pensiero corre verso quella bella coppia dei signori Colforti intenta a fare acquisti, una vita fa». La giovane Flavia capisce che non è libera di scegliere come e quando sentirsi gratificata dalla vita coniugale e dalle abitudini domestiche. Tutto ormai  gravitando intorno alle scelte della suocera e alla società altolocata milanese.

Mi sento di dire, tuttavia, che le tendenze  di quegli anni per i giovani fossero  diverse rispetto a quanto descritto dall’autrice perché lo stile di vita  era più vicino alla musica e alle trasgressioni ideologiche. I giovani imitavano i cantanti e desideravano assomigliare alle star del cinema o della tv.

La giovinezza di Carlo e di Livia potrebbe sembrare  una forzatura per muovere una critica forte al consumismo di massa.  Nessun abito succinto o pop lolita alla Britney Spears e alla Cristina  Aguilera ma abiti eleganti per persone altolocate. Perciò, la Pazzelli si sgancia dalla continuità degli eventi storici narrati creando una frattura di carattere ideologico con quella società frivola.
La moda è, infatti, il territorio fisico-culturale sensibile di Carlo o Flavia almeno nei vent’anni di matrimonio. Attraverso l’abito, i personaggi del romanzo si raccontano e svelano il gusto, i desideri erotici e il senso di appartenenza di un gruppo sociale, la trasgressione oppure l’estraneità al contesto sociale stesso: «…Carlo impeccabile nel suo abbigliamento grigio, mi abbraccia e mi bacia soddisfatto, così come lo è la sua famiglia giunta al gran complesso in ateneo per festeggiare».
La scrittrice sottolinea il significato della cultura materiale, come storia del corpo, fino alla presa di coscienza della vita vissuta e alla realtà. Basti pensare all’episodio in cui Flavia capisce di essere stata accanto ad un uomo che non l’ha mai amata. E negli ultimi capitoli si coglie la complessità della vicenda sentimentale in cui si scontrano le illusioni e una realtà che non vuole più essere ingannata.

la cosa giusta
Donatella Pazzelli

Pazzelli utilizza un linguaggio giornalistico specializzato che crea un ritmo vibrante per evocare tante immagini moderne e frenetiche di giovani. Ragione per cui quel mondo in cui regna il lusso, non esiste se non attraverso gli apparati, le tecnologie, i sistemi comunicativi che ne costruiscono il senso di superficialità cui vengono attribuiti significati metaforici per rimandare implicitamente il discorso alla sfera affettiva e sociale.
C’è un  tema dell’arte sullo sfondo della storia ma esso non ha un valore epistemologico, invece  è lo sfondo dell’ambientazione che serve a estromettere la famiglia Rossi dalla vita della protagonista. Le fotografie di Filippo, che ora si fa chiamare Liav, sono famose e apprezzate da molti critici internazionali. L’artista è ritornato in Italia per organizzare una mostra delle sue opere così si è rivolto allo studio LuogArte. Mentre Flavia cerca di progettare l’evento a Milano, viaggia con il pensiero verso la verità della morte della sorella e la storia con Carlo lentamente si sgretola.
Flavia cerca di contrastare i suoi sentimenti per Filippo, amato da sua sorella, perché sarebbe solo una sostituta per lui. Così decide di immergersi completamente nello spirito di quell’evento importante per l’intera città perché era una star dell’arte negli Stati Uniti. Pur tuttavia, niente potrà colmare la perdita della Livia e gli anni insulsi trascorsi vicino a suo marito.

La crudezza di alcune scene del romanzo della Pazzelli deve molto al loro realismo perché sono ispirate alla società contemporanea. Per il lettore l’attualità può essere, a volte, mortificante, ma lo pone in una condizione di privilegio, giacché può guardare la storia da più punti di vita. Una volta giunto al finale, il lettore può considerare tutto quello che è accaduto prima ma anche gli eventi ancora pronti a formarsi, mentre la protagonista sceglierà la «cosa giusta».

Andrea Carnevali

«LA COSA GIUSTA»
di Donatella Pazzelli
Editore: Pendragon
Anno: 2021
15€ – Pagine: 157 – Scheda del libro sul sito dell’editore

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Andrea Carnevali
Andrea Carnevali è nato a Ancona (Marche). Si è laureato in Lettere moderne e in Filosofia indirizzo etico-politico all’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”. È giornalista pubblicità iscritto all’OdG Marche. Tra i suoi studi figurano: “Le sillabe del mare di Montale” (Prospecktiva); “L’Italia di Pier Paolo Pasolini” (Cuadernos de Filología Italiana) dell’Università di Santiago de Compostela; “Precipitare nel buio. Dai versi di Dario Bellezza” (Gradiva), “Le parole della malattia in Alda Merini” (Italian Poetry Review), "Dialogo intorno alle immagini di Bruno Mangiaterra" (Linguae &...).

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