Storie d’Africa viste dall’Italia. Visioni contrastanti fuori dagli schemi e pregiudizi.

Africa 2. Il romanzo popolare italiano di Emilio Salgari (1862-1911) e le testimonianze attuali di un esperto africanista, Mario Giro, professore all’Università per Stranieri di Perugia,  col suo recentissimo libro “Guerre nere. Guida ai conflitti nell’Africa contemporanea” (Guerini editore, 2020), «un tentativo di analizzare le guerre africane nella contemporaneità: l’epoca della globalizzazione del XXI secolo.»

Link a Africa 1: Etiopia e Eritrea – Il Colonialismo italiano e la guerra attuale nel Tigrai

***

Nel nostro paese l’interesse per l’Africa è stato sempre vivo e si è manifestato in varie forme: dalla storiografia, alla cinematografia, alla letteratura alla saggistica, alla geopolitica, la geografia, archeologia etc. A volte con trionfalismi coloniali, con razzismo malcelato, con rigore scientifico e con sentimenti comunque contrastanti, l’Africa perdura nel nostro immaginario collettivo. Oggi la « guerra dei vaccini » si aggiunge al concetto antico di scontro fra popoli per diventare lotta fra interessi discordanti e mondializzati. Sull’Africa, dove il vaccino è un’utopia, si accaniscono, nell’urgenza sanitaria assoluta, gli interessi geopolitici dei grandi del pianeta e gli interessi economici di grandi industrie farmaceutiche.

Per pacificare in parte questo spettro sanitario mondiale, torniamo all’Italia e facciamo un passo indietro nella nostra letteratura, vasto patrimonio di sogni e di memoria, a volte anche consolatorio, ricordando un soggetto che ci è caro e che può darci il segno dell’interesse retroattivo italiano per l’Africa. Evochiamo un grande scrittore che ha accompagnato la nostra infanzia con le sue opere «esotiche» e che ci hanno fatto sognare. Fra i paesi da lui trattati con più passione nelle sue storie avventurose, questo viaggiatore nella sua stanza ha abbordato con rigore anche le storie d’Africa.

Stiamo parlando di Emilio Salgari (1862-1911), grande scrittore di cultura popolare. Questo autore prolifico e dalla vita molto sfortunata, vive negli anni dell’impresa coloniale italiana ma anche e soprattutto nell’era delle esplorazioni e della spartizione dell’Africa fra le potenze europee. Salgari non rimane insensibile alla sfida e, da grande narratore quale egli è, si cimenta con l’argomento “africano” sin dagli esordi come giornalista e reporter d’assalto, e poi come autore di romanzi indimenticabili che spaziano dall’antichità egizia e cartaginese, al Maghreb, alla guerra « jihadista » del Mahdi, alla tratta degli schiavi, al colonialismo francese sulla costa occidentale, ed infine varca la linea sub-sahariana e affronta il lato oscuro e ambiguo della nostra coscienza eurocentrica quando nel 1899 riscrive, nel suo Le caverne dei diamanti, il celeberrimo King Solomon’s Mines (1885) di Henry Rider Haggard, e ci presenta il Sudafrica e la sua essenza “negra” e tribale contrapposta alla forte identità dei “bianchi”, siano essi dei coloni boeri, oppure degli esploratori inglesi e italiani.

Letture d’adolescenza che ci facevano viaggiare in un  continente, oggi «dimenticato» dai media ma al centro delle considerazioni economiche e geopolitiche mondiali, che per noi pero’ diventa un luogo di partenza di migranti sconosciuti che affluiscono verso il nostro paese. «Ombre» che hanno il solo torto, agli occhi di una coscienza illusoria di Italiani «brava gente», di far riaffiorare nelle coscienze il nostro passato e il presente migratorio di viaggiatori economici e politici, anche italiani, che incrociano le loro strade con i barconi nel Mediterraneo, grande cimitero a cielo aperto, verso i paesi nel mondo dove si ha più speranza di vivere in condizioni migliori. Un «diritto per tutti» dice Papa Francesco.

*

Mario Giro

Ma dobbiamo saperne di più sulle cause dell’immigrazione africana per evitare rigurgiti d’odio e di razzismo. Per questo, il prof. Mario Giro ci spiega questo male oscuro che spinge gli africani verso le nostre coste, costi quel che costi.

Il suo libro «Guerre nere», costruito con un’architettura narrativa, assai diversa dal fantastico Salgari, impeccabile e suggestiva, è un libro contemporaneo di testimonianze ; frutto di un’analisi scientifica serrata e di una lucidità politica straordinaria che ci offre una visione d’Africa fuori dagli schemi, dai pregiudizi, dalle tendenze demagogiche che imperversano anche in Italia.

L’autore: Mario Giro insegna Storia delle relazio­ni internazionali all’Università per Stranieri di Perugia. Già viceministro degli Esteri dal 2013 al 2018, è membro della Comunità di Sant’Egidio di cui è stato responsabile del­le relazioni internazionali dal 1998 al 2013. Da anni opera nel campo delle mediazioni e della cooperazione internazionale. Viaggiatore instancabile, un testimone di esperienza che afferma, nell’Introduzione di Guerre nere – che pubblichiamo per gentile concessione dell’autore e dell’editore Guerini:

“Le pagine che seguono sono un tentativo di analizzare le guerre africane nella contemporaneità: l’epoca della globalizzazione del XXI secolo. Nel titolo vengono definite «guerre nere» a causa della loro enigmaticità: conflitti le cui radici sono difficili da capire. In Europa e sui media occidentali in genere vengono rappresentate come brutali e selvagge, dal sapore esclusivamente etnico e perciò stesso arcaiche, quasi incomprensibili per chi non è di quelle parti.

Si tratta in realtà di conflitti molto più moderni di ciò che si potrebbe pensare, legati alle condizioni socio-economiche e ambientali delle terre in cui scoppiano, dove si mescolano registri culturali e umani diversi. Le guerre africane sono politiche tanto quanto quelle degli altri continenti, e sono frutto delle trasformazioni che il continente sta vivendo fin dal volgere del millennio. L’Africa non è indietro o in ritardo, non è estranea alla storia: paradossalmente è entrata nella globalizzazione prima del l’Europa, cogliendone le opportunità e accettandone le sfide, soprattutto quelle contraddittorie del mercato.
Senz’altro non tutto si è convertito in progresso: l’eccessiva privatizzazione dell’economia, l’indebolimento del settore pubblico e la fine del fragile welfare costruito dalle indipendenze hanno reso impossibile per lo Stato africano di sovvenire ai bisogni di base della popolazione. Allo stesso tempo, grazie agli investimenti esteri, il settore privato ha moltiplicato le opportunità che vecchi e nuovi soggetti (statuali e non) si sono precipitati ad afferrare.
Dopo un decennio di abbandono l’Africa è tornata ad essere al centro degli interessi del commercio globale, sia per le materie prime che per le infinite possibilità economiche che offre, inclusi i traffici illeciti. Tutto ciò sta alla base di molti conflitti e crisi che hanno insanguinato il continente e continuano a tormentarlo.
Presentate spesso come rivalità etniche, le guerre d’Africa rivelano al contrario la lacerazione e il declino del sistema delle etnie a causa dell’urto con le trasformazioni globali. Oggi anche in Africa la guerra si frammenta e si privatizza, lasciando emergere la figura dell’“imprenditore armato”, pronto a mimetizzarsi all’interno del sistema mondiale delle reti di contrabbando, speculazione e traffici, che continua a vivere di guerra senza o dopo la guerra. In queste pagine si intende riavvolgere i molteplici fili di alcuni emblematici conflitti al fine di gettare una luce sui meccanismi che trasformano di volta in volta uomini armati in banditi, soldati, trafficanti, provider di sicurezza, ribelli o jihadisti.»

Da subito il libro fissa, molto opportunamente, le caratteristiche distintive dei conflitti nella regione (circa un quarto delle guerre in corso nel mondo). Sono quasi tutti conflitti intra-statali e contenuti a livello locale e, sebbene non siano aumentati di numero nel tempo, tendono spesso a incistarsi e a perpetuarsi, diventando pressoché interminabili pur se inframezzati da periodi di tregua o relativa calma. Al punto che alcune aree – come la Somalia, alcune province orientali della Repubblica Democratica del Congo (Ituri, Nord e Sud Kivu) e parte del Sahel – vivono uno stato di guerra ininterrotta da molti anni, se non da alcuni decenni. A differenza di quanto accade in altre regioni del mondo, sono invece rari «gli scontri tra Stati e rarissimi i tentativi di strappare pezzi di territorio altrui.

Ogni capitolo del libro tranne il primo è dedicato a una guerra ritenuta d’importanza cruciale. Si comincia con il conflitto fra hutu e tutsi in Ruanda, culminato nel genocidio del 1994: alle origini del dramma, ricorda Giro, fu la decisione dei colonizzatori di congelare la struttura sociale del Paese (in origine piuttosto dinamica nonostante la sua natura “feudale”) impiegando le classi più elevate, tradizionalmente tutsi, nella propria amministrazione, “etnicizzando” gerarchie e alimentando tensioni e violenze che hanno finito per destabilizzare anche gli Stati confinanti.

Uganda 1981 (foto Enzo Polverigiani)

Si continua con la Costa d’Avorio, dove la diversità etnica (un terzo della popolazione è di origine straniera) è stata manipolata da alcuni partiti, con accuse incrociate di non essere “abbastanza ivoriani” per governare, che hanno contribuito allo scoppio di due conflitti civili (2002-2007 e 2010-2011); da allora, nota l’autore, c’è stata una significativa, per quanto difficile, ripresa economica, ma manca ancora la riconciliazione. In seguito, un capitolo riassume la storia della Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire) dalla presa del potere di Mobutu Sese Seko fino agli anni Duemila, passando per la Prima (1996-1997) e la Seconda (1998-2003) guerra del Congo, entrambi conflitti sia civili che internazionali.

Gli ultimi tre capitoli sono dedicati a Boko Haram (evolutasi da setta religiosa a organizzazione terroristica attiva in tutta la regione del Lago Ciad), al Sahel, segnato dai conflitti tra Stato centrale e tuareg in Mali e Niger, e dalle conseguenze del caos libico, e infine al Mozambico, la cui provincia più settentrionale (Cabo Delgado) ha subito l’insorgere di violenze imputabili sia al jihadismo, sia «alle modifiche socio-economiche causate dall’avvento di una fase di acuta anarchia dovuta allo sfruttamento indiscriminato e spesso illegale» delle risorse locali.

Il volume non è da considerarsi un atlante delle guerre in Africa.  Risulta però molto convincente il modo in cui Giro giustifica tale scelta: «Si è preferito concentrare l’attenzione su conflitti le cui condizioni politiche si fossero create essenzialmente all’interno dei processi in atto nell’Africa odierna, per illustrarne i mutamenti».

Guerre nere è un’ottima introduzione al tema trattato, soprattutto per chi non vi ha familiarità. La sintesi storica proposta è complessivamente molto efficace e anche avvincente. Inoltre, con quest’opera Giro offre non solo una guida ai conflitti del passato ma anche un valido strumento per provare a capire quelli presenti e futuri, assolvendo quindi a quella che è, da Tucidide in poi, una delle più importanti funzioni della storiografia.

Maria G. Vitali-Volant

 Link interessante:
L’Africa depredata e in ginocchio: la vera decolonizzazione è ancora lontana, di Marcello Ricoveri, ex ambasciatore d’Italia in Uganda (accreditato anche in Ruanda, anche durante il genocidio, e Burundi), Etiopia, Nigeria.

Article précédentExpo au Louvre. De Donatello à Michel-Ange. Sculptures italiennes de la Renaissance.
Article suivantL’Appunto mensile di Alberto Toscano – maggio 2021
Maria G. Vitali-Volant
Maria G. Vitali-Volant : nata a Roma, laureatasi all’Università di Roma; abilitata in Lettere, storia e geografia; insegnante e direttrice di biblioteca al Comune di Roma, diplomata in Paleografia e archivistica nella Biblioteca Vaticana, arriva in Francia nel 1990 e qui consegue un dottorato in Lettere, specializzandosi in Italianistica, con una tesi su Giuseppe Gorani, storico viaggiatore e memorialista nel Settecento riformatore. Autrice di libri in italiano su Geoffrey Monthmouth, in francese su Cesare Beccaria, Pietro Verri, è autrice di racconti e di numerosi articoli sull’Illuminismo, sulla letteratura italiana e l’arte contemporanea. In Francia: direttrice di una biblioteca specializzata in arte in una Scuola Superiore d’arte contemporanea è stata anche insegnante universitaria e ricercatrice all’ Université du Littoral-Côte d’Opale e à Paris 12. Ora è in pensione e continua la ricerca.

LAISSER UN COMMENTAIRE

S'il vous plaît entrez votre commentaire!
S'il vous plaît entrez votre nom ici

La modération des commentaires est activée. Votre commentaire peut prendre un certain temps avant d’apparaître.