Si è ormai conclusa Venezia Cinema 77 – Commento ai film premiati

La 77 Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica del Lido di Venezia è andata in porto con un grande sospiro di sollievo. In tempo di pandemia è stata una scommessa vinta quella del nuovo Presidente della Biennale Roberto Cicutto e del Direttore della Mostra Alberto Barbera. Sembra davvero che sia andato tutto bene, grazie a un’organizzazione studiata a tavolino e poi efficiente e attenta: i varchi d’accesso, la misurazione della temperatura, i controlli delle Forze dell’Ordine. Così come la scrupolosa attenzione degli addetti in tutte le sale: il controllo dei posti assegnati previa prenotazione su un sito che ha evitato le resse degli scorsi anni e l’accertamento nominativo di chi era seduto, come il distanziamento a sedere (sempre un posto vuoto tra due persone) e l’obbligo dell’uso della mascherina durante le proiezioni, anche se tenerla sempre addosso alla fine dava un po’ di fastidio. In questo modo sono trascorsi i 10 giorni intensi della rassegna.

Riguardo invece la qualità dei film proposti è stata una mostra sottotono. Assenti i divi e le pellicole internazionali di richiamo e la tristezza del lungo muro che nascondeva ai curiosi il “red carpet”, tutto ciò ha reso la mostra un po’ meno interessante del solito per il pubblico e i fans, tranne che per gli addetti ai lavori e gli accreditati vari. Ma si doveva dare un segno di continuità e una volontà di ripartire per il settore cinema, che in questi lunghi mesi ha sofferto il “lockdown”.

Veniamo ai premi.

La giuria ufficiale presieduta dall’attrice australiana Cate Blanchett ha premiato con il Leone d’Oro un film presentato l’ultimo giorno e che era quasi scontato vincesse: Nomadland della 38enne regista cinese Chloé Zhao che ha studiato tra l’Inghilterra e gli Usa, dopo alcuni cortometraggi, al suo terzo film dopo il successo di critica di un gioiellino come “The Rider – Il sogno di un cowboy” (2017). Ed ora, grazie all’intensa interpretazione della protagonista Frances McDormand nei panni di Farm, una donna che gira con un furgone attrezzato come casa viaggiante dopo la morte del marito e fa lavori saltuari per i vari States, la Zhao si vede proiettata nell’empireo del successo (probabilmente di lei ne risentiremo parlare agli Oscar), con un film che si rende attraente e accattivante per la sua suggestiva fotografia dei grandi panorami delle Badlands americani e per le musiche di Ludovico Einaudi. Un’opera ben studiata e scorrevole nello stile del road movie che non poteva non essere premiata.

Leone d‘Oro miglior film 2020: NOMADLAND (di CHLOÉ ZHAO)

Il Leone d’Argento al messicano Michel Franco per Nuevo orden invece è sembrato un po’ forzato. Non perché la vicenda non sia interessante per la trama. In una Città del Messico distopica un tentativo di rivolta del popolo porta sangue e morte per le strade e dentro le mura di una festa di matrimonio di una ricca famiglia borghese. La risposta dell’esercito sarà altrettanto dura e crudele. Il film non risparmia nulla e nessuno, ed è cruento al massimo. Come cifra stilistica questo lavoro non ha molto altro ed è la summa di molti altri “golpe” centroamericani tristemente accaduti; e senza finale consolatorio.

Anche nel film del regista russo Andrei Konchalovski dal titolo Dear Comrades!, c’è una rivolta, questa volta di operai di una fabbrica per il rincaro dei prezzi e delle condizioni di lavoro, sedata col sangue da uomini del KGB. Il film è stato ispirato da un vero episodio accaduto in Unione Sovietica negli anni 60 (allora al potere c’era il presidente Kruscev) quando i militari, inviati sul posto anche con mezzi pesanti, utilizzarono dei cecchini per sparare su un gruppo di manifestanti. I numerosi arrestati fra i rivoltosi furono portati via e di loro non si seppe più nulla, per poi scoprire che erano stati fucilati e sepolti in campagna. Tutta l’operazione venne insabbiata per evitare insurrezioni in altre fabbriche. Il film, girato in 4:3 e in un nitido bianco e nero ha vinto il Premio Speciale della Giuria. Merito soprattutto dalla convincente dell’attrice protagonista Julia Vysotskaya moglie del regista.

Un po’ perplessi lascia il premio per la migliore sceneggiatura al film indiano The Disciple di Chaitanya Tamhane, allievo del regista messicano Alfonso Cuarón, che realizza una storia su un cantante di quella musica tradizionale indiana suonata col “sitar” e l’accompagnamento di percussioni, che con la propria determinazione riuscirà a sfondare nel mondo canoro restando fedele a quel genere musicale mentre nel suo mondo prevalgono le contaminazioni del “sound” contemporaneo. Una pellicola un po’ noiosa per l’argomento trattato e per quel genere canoro orientale da noi poco conosciuto. E ancora il premio per la Migliore Regia, andato al giapponese Kiyoshi Kurosawa per il suo Wife of a Spy, un film che non risulta molto coinvolgente per il suo stile e la sua convenzionalità. L’eclettico regista che si è cimentato con vari generi, dal film yakuza all’horror, questa volta punta sul remake di una serie televisiva e un “manga” dove si parla di spionaggio in Manciuria e di una bobina finita in mano a un innocente produttore cinematografico nella quale si vedono alcuni medici militari giapponesi (appartenenti alla criminale “Unità 731”) che furono incaricati di studiare e testare armi chimiche e batteriologiche su prigionieri di guerra violando così la convenzione di Ginevra. Il risultato però non è all’altezza di altri suoi precedenti lavori e la recitazione di tutti i protagonisti sembra artefatta e senza pathos.

Alla bionda e algida attrice britannica Vanessa Kirby (è stata la principessa Margaret nelle prime due stagioni della serie “The Crown”) è andata la coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile nel ruolo da protagonista nel film A piece of a woman del regista ungherese Kornél Mundruczó. Nel film è Martha, una donna il cui parto in casa – descritto visivamente con un lungo piano sequenza in modo dettagliato e ansiogeno – finirà nel peggiore dei modi e comprometterà la relazione con il suo compagno. L’attrice era anche protagonista in un’altra pellicola in concorso, The World to Come della regista norvegese Mona Fastvold, una drammatica e delicata storia d’amore tra due donne nel West di fine Ottocento. Sicuramente i notevoli ruoli in entrambi i film sono stati valutati positivamente dalla Giuria per l’ambito premio.

Pierfancesco Favino Venezia 77

All’Italia è andato un solo premio, la coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile al nostro Pierfancesco Favino nel film Padrenostro di Claudio Noce, qui nel ruolo del vicequestore Alfonso Noce (padre del regista) che nel 1976 subì un attentato terroristico sotto casa da parte dei Nuclei Armati Proletari. Il film vive dei ricordi indelebili di giovinezza del regista che toccò con mano la vicenda. Non possiamo dire che il ruolo di Favino nel film è di quelli di primo piano, sebbene metta sempre in luce le sue capacità attoriali. Sono due ragazzi i protagonisti, Mattia Garaci (Valerio) e Francesco Gheghi (Christian) sui quali è incentrata la storia che hanno un ruolo più importante. La Coppa Volpi, dopo il David di Donatello per il ruolo di Buscetta ne Il traditore di Bellocchio, e il Bettino Craxi in Hammamet di Amelio, è quindi la consacrazione dell’attore per la sua carriera cinematografica importante così ricca di scelte di interpretazioni significative. Per gli altri film italiani invece non c’è stato niente da fare.

Miss Marx di Susanna Nicchiarelli, Le sorelle Macaluso di Emma Dante e il documentario Notturno di Gianfranco Rosi sono tornati a casa a mani vuote. C’è forse un peccare di pretenziosità nei lavori delle due registe (opere un po’ furbette, un po’ incomplete e di impianto teatrale) mentre il documentario di Rosi, seppur vanti un’intensa fotografia, non è all’altezza degli altri suoi precedenti lavori e forse anche un po’ monotono e ripetitivo nel suo stile asciutto e misurato. Tuttavia sono film che non mancheranno di riscattarsi al cinema. Per ultimo torna a casa con un premio d’incoraggiamento il giovane 29enne Pietro Castellitto, figlio d’arte (papà attore e regista Sergio Castellitto, mamma la scrittrice Margaret Mazzantini) che ha esordito alla regia con il film I predatori presentato nella rassegna Orizzonti che ha ricevuto il riconoscimento per la miglior sceneggiatura. La storia di una famiglia borghese e una proletaria di destra con i suoi meccanismi di incrocio non convince proprio del tutto. Ma come dicevamo, è un’opera prima, e potrà essere un viatico per nuovi progetti meglio preparati.

Andrea Curcione


 

VENEZIA.77 – CONCORSOpresidente Giuria: Cate Blanchett – Australia (attrice)
Matt Dillon – Stati Uniti (attore)
Veronika Franz – Austria (regista e sceneggiatrice)
Joanna Hogg – Regno Unito (regista e sceneggiatrice)
Nicola Lagioia – Italia (scrittore)
Christian Petzold – Germania (regista e sceneggiatore)
Ludivine Seigner – Francia (attrice)
 
Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o un’attrice esordiente:
ROUHOLLAH ZAMANI (KHORSHID – SUN CHILDREN)
Premio Speciale della Giuria:
ANDREI KONCHALOVSKY per DOROGIE TOVARISCHI (DEAR COMRADES)
Premio per la migliore sceneggiatura:
CHAITANYA TAMHANE  (THE DISCIPLE)
Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile:
VANESSA KIRBY (PIECES OF A WOMAN)
Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile:
PIERFRANCESCO FAVINO (PADRENOSTRO)
Leone d’Argento – Premio per la migliore regia:
KIYOSHI KUROSAWA (SPY NO TSUMA – “WIFE OF A SPY”)
Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria:
NUEVO ORDEN (di MICHEL FRANCO)
Leone d‘Oro miglior film 2020:
NOMADLAND (di CHLOÉ ZHAO)
 

ORIZZONTI CONCORSO – Presidente Giuria: Claire Denis  – Francia (regista, sceneggiatrice, attrice)
Oskar Alegria – Spagna (regista, sceneggiatore)
Francesca Comencini – Italia (regista, sceneggiatrice, scrittrice)
Katriel Schory – Israele (produttore)
Christine Vachon  – Usa (produttrice)
 
Premio Orizzonti per il miglior film:
DASHTE KHAMOUSH (THE WASTELAND) di AHMAD BAHRAMI
Premio Orizzonti per la migliore regia:
LAV DIAZ per LAHI, HAYOP (GENUS PAN)
Premio Speciale della Giuria Orizzonti:
ANA ROCHE DE SOUSA (LISTEN)
Premio Orizzonti per la migliore interpretazione maschile:
YAHYA MAHAYNI (THE MAN WHO SOLD HIS SKIN)
Premio Orizzonti per la migliore interpretazione femminile:
KHANSA BATMA (ZANKA CONTACT)
Premio Orizzonti per la migliore sceneggiatura:
PIETRO CASTELLITTO (I PREDATORI)
Premio Orizzonti per il miglior cortometraggio:
ENTRE TÚ Y MILAGROS di MARIANA SAFFON

OPERA PRIMA  – Presidente Giuria: Claudio Giovannesi – Italia (regista, sceneggiatore)
Rémi Bonhomme – Francia (direttore artistico, selezionatore film)
Dora Bouchoucha – Tunisia (produttrice)

Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi de Laurentiis”
LISTEN di ANA ROCHA DE SOUSA

Leone d’Oro alla carriera 2020: Tilda Swinton (attrice inglese) – Ann Hui (regista cinese)
Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker Award 2020: Abel Ferrara (regista statunitense)
Campari Passion for Films: Terence Blanchard (musicista e compositore statunitense)

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Andrea Curcione
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all'Università Ca'Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare.

1 COMMENTAIRE

  1. Vediamo i premi.E, l’invisibile? Gli infami! Castellitto, chi sono e che ruolo hanno? Ho capito e sentito male? Può essere. Ma , almeno a parole, non ti si capisce molto (https://www.youtube.com/embed/v_g-Mmk00CY). Attendo il film . Mi posso sbagliare. Però, quanta boria, senza rispetto, a chi aspetta di girare il primo film, chiamandosi Carneade. E basta! Basta!

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