Riccardo Olivieri poesie: A quale ritmo, per quale regnante

Per Missione Poesia, Riccardo Olivieri con il suo libro A quale ritmo, per quale regnante (edito da Passigli e presentato da Giuseppe Conte), nel quale la capacità di intrecciare e interfacciare amori e affetti, padri e figli, figli e madri, vita familiare e vita lavorativa, geografie poetiche e luoghi dell’anima cede a una poesia del frammento, che si irradia di luce dai versi vicini e la riversa a sua volta sugli altri, stringendo la parola fino a renderla meditativa.

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Riccardo Olivieri è nato a Sanremo nel 1969, dopo l’Università (Facoltà di Economia a Torino) ha lavorato tre anni in Piemonte, poi ha vissuto in Lussemburgo e in America Latina dai 26 ai 30 anni. È rientrato a Torino nel 2000, dove attualmente vive e lavora come ricercatore di marketing. Da allora vanta una rispettabile e significativa produzione poetica: ha pubblicato la raccolta “Diario di Knokke” (Nuova Compagnia Editrice, 2001); “Il risultato d’azienda” (Passigli, 2006); “Il disgelo” (Raffaelli, 2008); “Difesa dei sensibili” (Passigli, 2012): “A quale ritmo, per quale regnante” (Passigli, 2017).

È inserito nell’antologia “Storia militante della poesia italiana 1948-2008”  a cura di D. M.Pegorari, Università di Bari (Moretti&Vitali, 2009. Sue poesie inedite (poi pubblicate in “Difesa dei sensibili” hanno vinto il Premio Pavese 2010. Nel 2013 alcuni inediti hanno ricevuto il Premio Lerici-Pea per la sezione poesia inedita.

Conosco Riccardo Olivieri da diversi anni. Ci siamo incontrati a tanti eventi di poesia, con letture e ascolti reciproci. La sua cifra stilistica, così lirica e tagliente, al tempo stesso precisa nella metodologia quanto nell’anfratto lirico, mi ha da subito conquistata per le verità affrontate nell’esperienza di vita che trapela dalla sua poesia. Con mio grande piacere Riccardo sarà ospite dell’incontro di maggio 2019, per il ciclo di appuntamenti Un thè con la poesia, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.

A quale ritmo, per quale regnante

Letta l’ultima poesia, chiusa l’ultima pagina di questo libro A quale ritmo, per quale regnante di Riccardo Oliveri, si resta come con una sensazione di smarrimento, di vuoto, di mancanza: qualcosa di incompiuto è accaduto, è rimasto nei versi a tratti lirici o taglienti, libellule o macigni, e inaspettatamente diventa la nostra incompiutezza, la nostra mancanza, il vuoto che forse abbiamo già vissuto e non sapevamo esprimere. Rare doti quelle del poeta che sa trasmettere ciò che possiamo dire nostro, che sa parlare con la nostra voce, vedere coi nostri occhi. Nascono così, in questo susseguirsi di testi, ora composti di versicoli ora dal lungo respiro, visioni capaci di intrecciare e interfacciare amori e affetti, padri e figli, figli e madri, vita familiare e vita lavorativa, geografie poetiche e luoghi dell’anima in una poesia del frammento, che si irradia di luce dai versi vicini e la riversa a sua volta sugli altri, stringendo la parola fino a renderla meditativa per il passare incessante del tempo, per le ferite che lascia, per le speranze che spesso non trovano riscontro.

Altritaliani Missione Poesia

Un’alternanza di esperienze di rapporti umani, con gli altri e con se stesso, è il percorso che Olivieri intraprende per arrivare, dunque, all’incompiuto. E, se è vero, com’è vero, che la poesia è esperienza di vita, qui, la linea autobiografica non si discosta neanche per un attimo dal vero, se pure riassunto nell’essenziale, cammino del poeta che s’imbatte nel cammino universale. Un amore smisurato per il figlio, al quale insegnare proprio la via dell’amore come l’unica etica possibile per cambiare le cose del mondo Scriviamo/ lettere d’amore/come non sono mai state,/mai così serie nostre lettere amorose. Non c’è altra formula per fare la Rivoluzione/che scrivere ogni volta lettere d’amore… conduce l’autore a segnare alcuni momenti che, pur facendo parte del quotidiano, diventano l’aggancio con l’assoluto, la livella che compagina ogni gesto compiuto in questo nome col senso dell’esistenza: […] Noi sulle due sedie nere/che t’aspettiamo/‒ pensavo siamo seduti qui/dal primo momento.; […] per i tuoi “cresciutini” piedini/da stringere come amuleti/per affrontare il giorno,/come gemme d’alabastro,/gocce per scacciare la paura,/giada di un qualche chierico/officiata nell’incanto/che richiede e prega […]; […] e guarda te/una madre che stringe il bicchiere/da un bar d’ospedale/e ‒ per suo figlio/ringrazia la luce.

L’interazione col figlio, il sentirsi padre, il donare tutto l’amore del mondo, non bastano all’autore, non lo completano, non lo rendono perfettamente complice col suo sentire: occorrerà tornare a vedersi figlio, ricercare le movenze e gli sguardi di un altro padre, ritrovare una radice che sembra perduta, almeno per sapere che c’è stata. Ma, la ricerca e il ritrovamento di questa radice, non sarà affatto semplice o lineare, ne avrà una gratuità emotiva. Dal secondo capitolo di questa sorta di cassaforte sentimentale, in cui si assembla l’opera di Olivieri,  gli indizi del ritrovamento porteranno – con la benedizione di Giovanni Giudici – ai segreti celati di un Monte dei pegni con tutto un brillare/di lacrime/nei loro/tiretti-caveaux; a riaprire ferite sul quarantacinquennio insanguinato; a nostalgici affetti familiari dove nel perimetro cerchiato dall’autore furono condivise vite, fiati,/tutto il riposo e la rabbia,/il necessario amore; a scavare dentro per provare a sentirsi un albero chiuso tra le case…/solo… a parlare coi muri e le finestre con le foglie [che] stormiscono tra loro quando il vento/le sveglia. Il mosaico della ricerca continuerà a formarsi attraverso i tasselli- immagini tratti dalla vita reale mentre il popolo del Toro/… fiuma alla partita; nella storia di un impiegato che dice parole di un soldato, a cui la mensa aziendale pare una folla/di artigli/all’attacco, lo saff meeting un feroce Medioevo che ci assale, lo striscione rosso con la parola Lotta ciò che resta della fine dei manifestanti. E, ancora, ci sarà bisogno di far tornare nei versi gli affetti e i ricordi più cari, in un’implosione di nostalgia per la madre, – e il padrino sarà questa volta quel Giorgio Caproni de Il seme del piangere, meraviglioso Canzoniere d’amore del nostro ‘900 letterario – una madre alla quale (questa volta in prosa poetica) scrivere una lettera un vezzo che la morte non permette. Una lettera dove dire …di te, di/noi, di quel che sei, una lettera dove usare il presente non per amore ma/per verità che è, una lettera dove riconoscere di non aver mai cercato tanto, forse perché quegli anni/con te e attraverso te col mondo sono stati tutto/l’Eden più desiderabile, il fresco ragionare nell’amore/di una madre e un figlio.

Infine, sotto l’egida di Vittorio Sereni, sfiorando le nevrosi dell’Estate, la stagione dei pazzi, laddove … Non c’è più fecola a nutrirci,/noi stagno malsaldo e il sole che/‒ invece d’aiutarci ci ferisce; laddove il sudore è scivolare tra le mani predatore, è freddo/perché il motore non riscaldi…; laddove lo poeta si confronta con l’inganno che, dice lui stesso…  Viaggia con me/Il mio fardello d’inferno,/è vigile e ci sente. Tenta/l’agguato/continuamente… qui, in questo luogo e in questo istante della mente, dove imporsi di essere felice, compare in extremis, finalmente, la figura tanto desiderata del padre, quella per cui il cammino ha avuto un senso, la sofferenza ha generato un sentimento. Ora siamo la parte finale, la più struggente del mosaico-libro, quella che ci lascerà smarriti e soli, che ci farà sentire un pugno chiuso nelle viscere, che non completerà la catarsi poetica. E’ anche questa un’arte dello scrivere, in fondo, un meccanismo inceppato, un nodo non risolto, un vuoto di parole che tiene insieme il capo estremo della ragione. Il padre è lì, scritto in quei versi, in un cassetto di ricordi, tra gli Effetti per i quali diventa insostenibile la domanda risposta su di lui…, mentre passa il tempo e qui sul tram/un uomo ti somiglia…. Del padre, Di tutta la cascata d’ansia/‒ il male ‒ rimane solo Tenerezza/dell’uomo canuto che risponde /vivace al figlio troppo piccolo o/troppo grande; al padre, come era successo per la madre, il poeta scrive una lettera dove urla a gran voce che … malgrado il veleno/questo spasmo continuato nel sangue a tentare di/parlarti, ogni cosa che scrivo ti cerca ti tiene ti/nasconde in un suo dato./è tutta la vita che ti cerco in altri.

Ed è nel biglietto ritrovato, scritto dal padre per i 30 anni insieme con la moglie, del quale si vorrebbero ripassare le trame e correggerne le forme; è nello schermo d’occhi opaco che a tratti rivede e chiede; è nel desiderio, che resterà inutilmente evocato, di un figlio che avrebbe voluto essere fratello più grande di quel padre… per difenderti/in collegio, per capirti quando non capivi, per amarti/quando non dicevi… è lì che s’inceppa l’ingranaggio, non muove il dove, resta solo ciò che si sarebbe voluto fare… essere più grande, tuo fratello/per farti io da padre e da maggiore per dirti/ad ogni passo che ce la puoi fare, ho fiducia in te Renato. E’ lì che si resta al di qua del liminare, sulla soglia dell’incompiutezza, con una poesia che, questa volta no, non affranca, non lenisce, non conforta. Ed è sempre lì che si cela la bellezza di questa poesia, la suggestione dello sguardo, la raffinatezza della luce sulle immagini, è lì che si compie il periplo dell’isola dove ogni donna o uomo, resta solo con se stesso, nonostante tutto.

Qualche testo da: A quale ritmo, per quale regnante

Vacanze al mattino

                          ringraziamento per Juan

Non ho speranze
se non questo mattino
fra le otto e trenta e le nove,
quando l’amico Juan resta
nel patio e mi vede sul prato
di trifogli,
e io siedo comincio a leggere un libro;
dopo qualche minuto
in un sole fresco e leggero
la sua mano posa un caffè al mio tavolo
e carezza la mia spalla,

si alza il mio sguardo sul suo sorriso degno,
mentre ancora attraversa
per sempre
il prato dei trifogli.

***

Tonsille

                                ospedale Koelliker

Parliamo un po’
di questo tepore di sole
mentre aspetta che ti svegli
Paola e fa i passi piano
nella camera dell’ospedale
(io non mi ricordo tonsilliti adenoiditi, solo gelati
e tagli di freddo per la gola, ghiaccioli rosa).

Tu ci hai guardato hai indicato
il dolore nella bocca là più sotto
con un dito santo.
Ti sei di nuovo addormentato.

Noi sulle due sedie nere
che t’aspettiamo
‒ pensavo ‒ siamo seduti qui
dal primo momento.

***

Istruzioni

                                   a mio figlio Alberto

Scriviamo
lettere d’amore
come non sono mai state,
mai così serie nostre lettere amorose. Non
c’è altra formula per fare la Rivoluzione
che scrivere ‒ ogni volta ‒ lettere d’amore. E
ripeterle, mai stancarci. Perché
se abbiamo deciso che questo .
il momento, da questa notte da
questa penna nera non avremo più pace
che non scrivendo lettere d’amore.

***

Cafeteria Olympia

                                     per Giovanni che viene

Quando arriva
una nuova vita
‒ quando arrivi tu, Giovanni ‒
è come la giornata che accoglie
questa pioggia estiva,
limpia la luce limpiano gocce battono forte
e la strada è bianca,
tutte le menti degli uomini fermano i pensieri:
è l’orecchio la mente.
Ti ascoltiamo
pioggia di Giovanni,
è il tuo battesimo questo.

***

Cortile interno

Sono un albero chiuso tra le case.
Sono solo. Parlo coi muri e le finestre.
Le mie foglie stormiscono tra loro quando il vento

le sveglia. Non hanno
compagne d’altro ceppo, amiche non sorelle.

Ho visto cadere in questo androne
(abbassarsi nel passo chiudersi appassire)
molti uomini.
Ma essere un albero è diverso
che essere un uomo:

sei pieno di responsabilità (di foglie)
e sei felice.

Bologna, 19 maggio 2019
Cinzia Demi

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P.S.: _cidpetit_2db8fc4034a725bd5b7594d6e8e98e000a09c538_zimbra.jpg“MISSIONE POESIE” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani. QUI il link dei contributi già pubblicati. Chiunque volesse intervenire con domande, apprezzamenti, curiosità può farlo tramite il sito scrivendo in fondo a questa pagina un commento o direttamente alla curatrice stessa all’indirizzo di posta elettronica: cinzia.demi@fastwebnet.it

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Cinzia Demi
Cinzia Demi (Piombino - LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica. E’ operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. E’ caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. E’ curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.

1 COMMENTAIRE

  1. Mi piace molto la pagina dedicata al caro amico, poeta di rango, Riccardo Olivieri. Mi pare che la scelta poetica lo illustri bene nel suo rigore e nella precisione e delicatezza dei suoi modi poetici.

    Anche le pagine dedicate a Silvio Ramat, raffinato cultore della bella poesia, amico carissimo e mio compagno e titolare di Sezione Poetica al prestigioso Premio Casentino di Poppi, hanno descritto compiutamente una personalità poetica che si fa apprezzare per una delicata e a volte pungente ironia e autoironia. Grande lavoro cara Cinzia: Complimenti da Rodolfo

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