Poesia con Luigia Sorrentino: Piazzale senza nome

Per Missione Poesia presentiamo Piazzale senza nome, l’ultimo libro di Luigia Sorrentino, un’opera portatrice di testimonianze rese dalle voci di chi non c’è più, qualunque sia il motivo della scomparsa, e delle fasi che a questa si susseguono: l’incredulità, l’inaccettabilità, il tentativo di sopravvivenza al dolore, il riconoscimento infine dell’approdo o del naufragio.

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“Piazzale senza nome” di Luigia Sorrentino
(Pordenonelegge – Samuele Editore, 2021 pp. 102 € 13.00)

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foto: Dino Ignani

Luigia Sorrentino è nata a Napoli e lavora alla Rai. Ha fondato e dirige dal 2007 il primo blog della Rai dedicato alla Poesia sul sito di Rai News 24 (poesia.blog.rainews.it). Fra le pubblicazioni di poesia: C’è un padre (Manni 2003), La cattedrale (il Ragazzo innocuo 2008), L’asse del cuore («Almanacco dello specchio» Mondadori 2008), La nascita, solo la nascita (Manni 2009, prefazione di Maurizio Cucchi), Olimpia (Interlinea 2013-2019, prefazione di Milo de Angelis, postfazione Mario Benedetti), Inizio e Fine (I quaderni di Stampa2009 2016, a cura di Maurizio Cucchi). Le sue poesie sono state tradotte in numerose lingue. Fra i suoi libri pubblicati all’estero: Olimpia (Recours au Poème Editeur 2015, traduzione in francese di Angèle Paoli), Figure de l’eau/Figura d’acqua (Al Manar 2017, con inchiostri di Caroline François-Rubino, traduzione in francese di Angèle Paoli), Début et Fin (Al Manar 2018, con collage di Catherine Bolle, traduzione in francese di Joëlle Gardes), Olympia (Al Manar 2019, con disegni di Giulia Napoleone, traduzione in francese di Angèle Paoli), Olimpia (RiL Editores 2020, traduzione in spagnolo di Antonio Nazzaro) uscito in Cile e in altri paesi latino americani. Per il teatro ha scritto e pubblicato il dramma Olimpia, tragedia del passaggio (2020), una produzione del Napoli Teatro Festival Italia diretto da Ruggero Cappuccio, messo in scena nel Palazzo Reale di Napoli il 16 luglio 2020. Piazzale senza nome è il suo ultimo libro di poesie, edito nella Collana Gialla Oro da Pordenonelegge – Samuele Editore nel 2021.

Conosco Luigia Sorrentino, e il suo infaticabile lavoro intorno alla poesia, da tanti anni. Autrice e giornalista attenta alle vicende e alle voci che nella scia di quest’arte sono ormai confermate, o che vi si affacciano per la prima volta, il suo operato è stato ed è encomiabile per la poesia, non solo italiana, ma anche internazionale, tanto da essere riconosciuto ormai ad altissimi livelli. L’ho sempre vista come un’icona del mondo poetico, forse un archetipo essa stessa, come lo sono le sue muse di riferimento, quelle che compaiono a tratti nei suoi libri, e una persona pronta ad accogliere chi bussa alla sua porta, senza pretese, ma con l’umiltà dalla quale può nascere una proficua collaborazione. Felice quindi di ospitarla a Bologna, all’incontro di maggio, della nostra rassegna, Un thè con la poesia.

Piazzale senza nome

piazzale senza nomeEros e Thanatos sono due temi tra i più frequentati dai poeti di tutti i tempi, il secondo forse anche più del primo con la complessità che l’attraversa ricca di componenti simboliche, di significati che accomunano culture e coscienze, di valori che si intersecano e si ribaltano in contesti e punti di vista che, eppure, convivono. La rappresentazione della morte diventa, quindi e immancabilmente, anche una scalata alle visioni degli autori che ne danno una loro interpretazione: la morte come destino naturale dell’uomo che tuttavia si riscatta dall’oblio con la memoria e la partecipazione attiva alla vita della società, è il pensiero che ci lascia il Foscolo; per Manzoni lo strumento di morte esce con tutta la sua prepotenza nei Promessi sposi tramite la peste, considerata un castigo di Dio da molti ma non completamente accolta come tale dall’autore, che lascerà tracce di dubbio nel percorso del romanzo, attraverso la voce dei vari protagonisti; la morte è un male inevitabile a cui è necessario rassegnarsi, dice Leopardi, pur dandole una connotazione positiva rispetto alla vita e definendola come un punto che segna la fine del dolore. Potremmo continuare a lungo a portare testimonianze sul tema, ma ciò che preme sottolineare è proprio la partecipazione dei poeti alla dimensione della morte stessa, che diventa, per certuni, fonte di riflessione e ricerca inesauribile.

Piazzale senza nome, di Luigia Sorrentino, è un’opera che può essere annoverata in questo filone, se pure con tutte le caratteristiche che la modernità richiede a un testo di poesia contemporanea: la sua testimonianza è di fatto rivolta, nel rilievo che viene attribuito alle voci di chi non c’è più, qualunque sia il motivo della scomparsa, alle fasi che a questa si susseguono: l’incredulità, l’inaccettabilità, il tentativo di sopravvivenza al dolore, il riconoscimento infine dell’approdo o del naufragio – precisa in questo senso la citazione di Plutarco a exergo dell’opera, tra l’altro dedicata al padre dell’autrice recentemente scomparso –  come limiti indispensabili della finitudine umana, la capacità di riuscire a non dimenticare concretizzata nei versi che resteranno a futura memoria. È davvero in questo senso che l’esperienza della morte viene riproposta anche in modalità orrorifica, quando la bellezza di certe giovani vite si accosta a macabre esecuzioni o inferte violenze – e vengono in mente certi racconti di Camillo Boito laddove la morte e l’orrido sono sempre accompagnati e legati all’amore e alla bellezza – alla comparsa irrefrenabile di sangue che macchia la neve, di carne e di vene che si strappano, di respiri ormai esalati nei nostri luoghi quotidiani quali piazze, strade, giardini, nella luce come nelle tenebre. Ora è un’overdose, ora una violenza su una giovane donna, ora un incidente d’auto o moto, ora una morte arrivata senza preavviso ad accompagnare le parole che, in un rilancio ad effetto di immagini e scenari aperti sulle evidenze, cercano di essere compassionevoli senza nascondere la tragicità dell’evento, senza coprire la sofferenza in ogni suo aspetto più recondito: su tutto il giardino neve / dilatata / silenzio armato nelle pupille / neve, tutta nel sangue / narici oltraggiate / bianco e nero / l’incedere violento / del battito cardiaco / si chiude su di sé / nella luminosa potenza / avviene l’incontro.

La scrittura che la Sorrentino ci propone per l’incontro con i protagonisti e le loro morti – che, a dire il vero, diventano a poco a poco anche le nostre, con una sorta di transfert che ci coinvolge emotivamente – alterna nel libro momenti di poesia a momenti di prosa, e se la prima è il sentire profondo che emerge dall’inconscio, capace di scavare nelle viscere dei sentimenti chiedendo di mettere in relazione la materia sofferta e implacabile dell’esperienza vissuta, in prima persona o di riflesso, con le stesse reazioni dell’umano sentire, la seconda è invece un viatico, un modus operandi che segna con precisione chirurgica i passaggi tratti dal reale, tra i quali domina su tutti quello in chiusura del libro, che consegna al lettore i versi più emblematici sulla figura del padre, con il riconoscimento degli oggetti più cari spiccando, metodologicamente parlando, l’uso del correlativo oggettivo coniato da Elliot, ovvero il legame tra gli oggetti stessi e l’emozione che ne nasce alla loro presenza: Tu sei negli utensili che usavi per diserbare il giardino: vanga, zappa, forbici, rastrello, cesoie. Il tuo antico cuore riposa a una distanza breve, perpetua, imponente come la musica, una pala che scava il sole.

Resterebbe da capire se in questo lavoro, così impregnato di lasciti, abbandoni, scomparse che annodano i loro destini comunque con la vita, vi sia in qualche modo traccia di una visione che accompagni i protagonisti oltre la soglia dell’indicibile, che illumini spiritualmente il loro nuovo cammino, che accolga con cura le anime… ebbene, in più di un passaggio di Piazzale senza nome si scorge l’invocazione di una presenza luminosa che tende a ricoprire il tutto: luminosa potenza/abbandonata e sola/trascina giù, riempie/tutta la forza… guarisca lo sguardo/le nostre cadute nella notte/guarisca lo sguardo/ciò che la caduta disperde.

Non saprei dire se si tratti di una presenza divina o solo spirituale, ma poco rileva alla nostra analisi, rileva invece il fatto che l’autrice ce la proponga come un gesto che guarisce nella caduta e che, aldilà delle affermazioni di Camus ne Il mito di Sisifo, dove si parla di filosofia inutile per quella che non sa rendere liberi dalla paura della morte, si riesca qui a concordare con i molti – Spinoza, Adorno, Ortega – che affrontano il tema partendo dall’essere per la vita, perché bisogna vivere per costruire anche sapendo che ci attende la morte, concludendo che la stessa consapevolezza possa adattarsi alla poesia. Giusta, quindi, la condizione del poeta che mostra la dimensione mortifera che ci sovrasta, in cui ci imbattiamo continuamente e nelle forme più svariate, ma questo dimostra come l’arte – che nel nostro caso è la poesia – sia capace di consegnare un riscatto alla vita dell’uomo, confermando la sua più importante funzione, il suo scopo per l’umanità tutta, arrivando a conservare anche nella memoria più dolorosa, nelle immagini più crude, nei sentimenti che vacillano per la difficoltà di accettazione, quella vocazione a raccontare, comunque, l’amore sublimando l’assenza, la mancanza, l’abbandono in qualcosa di più grande che resta dentro ogni significato che quella vita e quell’amore hanno avuto, e continuano ad avere.

Alcuni testi da: Piazzale senza nome

Nel secolo che hai lasciato 1

su tutto il giardino neve
dilatata
silenzio armato nelle pupille
neve, tutta nel sangue
narici oltraggiate
bianco e nero

l’incedere violento
del battito cardiaco
si chiude su di sé

nella luminosa potenza
avviene l’incontro

***

aveva oltrepassato
il confine
restituita la voce
all’universo
la sorgente di luce non era più
visibile
era tramontata fra gli alberi

la notte bianchissima discesa
fino in fondo, guerriera

nel suo sangue la neve
il freddo polare nelle pupille
allagate
perdute per sempre

***

Piazzale senza nome
a U. B.
« …amore mio perché? Perché vuoi toccare il fondo?»

il silenzio delle lamiere nascose
l’assalto in una notte di febbraio
i denti sul braccio fino all’osso
la testa contro il finestrino
– tu sei niente, nessuno –

e non so quando
tutto il nascosto ci travolse
senza emettere un lamento
gelò la fronte il respiro
della cenere

***

la notte si era accasciata

la giovinezza
l’avevamo trascorsa
nel peso della sua immortale rovina

noi che non eravamo mai stati
del tutto vivi all’amore
c’eravamo concessi al freddo
stretto nelle narici, nelle vene
avevamo perduto tutte le parole

la forza di una generazione

***

Nunzia 

essere portata in un’urna
diranno – reca le ceneri –
con il corpo privo di resistenza
la ragazza dal volto antico
si sottomette
rende cadavere la cosa

una forza la preda
non uccide ancora, è sospesa
su di lei

l’imperativo potente
l’ha resa schiava

di notte quando è sola
lava via dal corpo
segni vaghi e confusi

Bologna, 30 aprile 2022

Cinzia Demi

Altri contributi di « MISSIONE POESIA », rubrica Altritaliani di poesia contemporanea curata da Cinzia Demi: biografie, poetica, note critiche, interviste, curiosità, ma soprattutto tanta poesia dei migliori poeti italiani del momento. Contatto: cinziademi@gmail.com

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Cinzia Demi
Cinzia Demi (Piombino - LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica. E’ operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. E’ caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. E’ curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.

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