Italia. Quando la bella addormentata si destò.

Gli italiani sono sempre più sull’orlo del baratro: vittime di catastrofi naturali, crisi economiche e sociali, populismi e perenni campagne elettorali, emergenze immigratorie e emigratorie (insomma, chi più ha più ne metta). L’Italia mi ha allora ricordato, per lungo tempo, la Bella Addormentata, in attesa del principe azzurro che la risvegli con un bacio. Ma se ciò stesse finalmente accadendo?

Negli ultimi anni l’Italia ha mostrato fragilità di ogni tipo. Dopo la “bolla Berlusconi” si è svegliata da un torpore fatto di olgettine, calciatori e discorsi da bar che, una volta lasciata la porta di casa, hanno mostrato ahimè l’Italia reale: povera al Sud, generalmente disoccupata, spopolata, inadeguata nel rispondere a calamità naturali (quali terremoti, inondazioni, smottamenti e via dicendo) e con deficienze infrastrutturali di ampia portata (il crollo del Ponte di Genova ne è un esempio lampante). Di tutto ciò la politica, e quindi noi italiani, siamo gli artefici. Nessuno escluso. Mentre il Paese era in ginocchio si sono fatti avanti movimenti e partiti di ogni colore che, in quattro e quattr’otto, hanno fatto credere di avere la chiave, o meglio, il mazzo di chiavi pronto in tasca per aprire, o all’occasione chiudere, ogni porta. Di fare ordine nella “stanza” non ci ha pensato nessuno. Perché? È semplice: per fare ordine serve riflessione, tempo, competenze, voglia di analizzare la complessità, di accettarla e di guardare anche altrove per tracciare possibili soluzioni.

Allora mi si dice: «Ma gli italiani sono stanchi, non ne possono più, vogliono fatti, non discorsi». Il populismo ha intercettato tale bisogno, adeguando il linguaggio (come in parte Berlusconi aveva insegnato) nel rispondere con frasi lampo e irrealizzabili promesse. Ma cosa si intende per gli italiani? Con il rischio di essere dispregiativamente etichettata come classista o elitista rispondo: il popolo, quindi per definizione «la massa sociale più numerosa e meno privilegiata». In poche parole, per necessità o per estrazione sociale, in gran parte ignorante. Premesso ciò, nell’ultimo anno, sono tristemente venuti meno –ma chi ne parla più– alcuni pilastri dell’élite culturale italiana. E cosa c’entra? Direte. Anche la parola “élite” dal 68 è stata beffeggiata e connotata negativamente, ma di questo si tratta e sono loro che, nell’intento di ricordare il prestigio culturale e intellettuale dell’Italia, vengono celebrati su scala internazionale. Ne cito due: il premio Oscar Bernardo Bertolucci, autore dello scandaloso Ultimo Tango a Parigi e della testimonianza della complessità storica del primo quarantennio italiano del secolo passato: Novecento. Secondo, non per importanza, Andrea Camilleri, che con il suo Commissario Montalbano ha descritto, con intelligenza e sensibilità, la criminalità mafiosa in Sicilia.

In questo ultimo anno abbiamo anche assistito a numerose ribellioni e manifestazioni in tutto il mondo, ne ricordo alcune. Quelle ad opera di Greta Thumberg, leader internazionale del movimento ambientalista contro il riscaldamento globale in corso, quelle antirazziste e quelle riguardanti la denuncia del femminicidio, portata anche nelle piazze italiane con lo slogan «Non una di meno». Ed ancora, le proteste per il diritto alla democrazia e alla libertà di pensiero, manifestato dagli studenti asserragliati nell’Università del Politecnico di Hong Kong. Quelle per i diritti sociali in Francia (gilets jaunes), quelle a Taranto dei lavoratori e vittime dell’acciaieria ex-Ilva e, ancora più lontano, sulle coste del Pacifico, quelle dei nostri cugini cileni, che da settembre cercano in tutti i modi di destare l’attenzione politica internazionale, prede dell’incubo di una nuova dittatura.

Detto ciò, cosa sta accadendo, quindi, al nostro amato Paese?
Al Sud, per incentivarne il ripopolamento e quindi l’impiego, interi paesi vengono venduti a 1 euro la casa, i ragazzi continuano a lasciare l’Italia esportando competenze e professionalità di ogni tipo, emigranti muoiono nei nostri mari, i ponti e viadotti continuano a crollare e le nostre città vanno sott’acqua. Matera, ma soprattutto Venezia, affoga la sua bellezza sotto anni di cattiva amministrazione, di corruzione e di interessi privati. L’esempio di quanto sta accadendo alla Serenissima è la rappresentazione di come la politica italiana, e quindi gli italiani, si confrontano la complessità geografica, sociale ed economica del Paese, tirando fuori dal cappello –quando possibile– soluzioni posticce a problematiche che richiederebbero, invece, competenze e riflessione. La storia italiana, però, le ha già vissute tutte queste calamità, perché quindi ricadere negli errori del passato e non investire in soluzioni durature, imitando anche l’esempio di alcuni virtuosi paesi esteri?

Sardine in tutta Italia. Foto dalla pagina FB « 6000sardine »

Insomma, nonostante questo quadro apocalittico, per quanto mi riguarda, una speranza ancora c’è e si chiamano Sardine. Facile è stata l’accusa di chi, da sinistra o da destra, li ha chiamati populisti. Questo movimento politico, Non partitico ma anti Lega, non ha fatto altro che ricordare, nello sbandamento generale degli intenti propagandistici dei nostri politici, quali sono i valori sui quali si dovrebbe edificare la Vera politica: primi fra tutti il respetto della Costituzione, l’antirazzismo, la non violenza, la solidarietà e la necessità che proprio quella politica rappresenti il “popolo”. Sì quel popolo di cui ho parlato pocanzi: quello dei giovani che temono di non avere un futuro in Italia, quello dei cinquantenni e dei pensionati, indipendentemente dall’estrazione politica.

E se allora a tirare questo movimento pieno di vitalità sono un gruppo di laureati disoccupati (anche chiamati con ingiusto disprezzo “figli di papà”) che un po’ ricordano quelli che Pasolini definì “piccoli-borghesi, cari”, ditemi, qual è il problema? Non so se questo movimento finirà come una bolla di sapone, ma ciò di cui sono certa è che, dopo mesi di odio e di violenza verbale e politica, finalmente una parte dell’Italia si è svegliata e questo per me, italiana all’estero, è un nuovo motivo di orgoglio.

In conclusione, da quanto le Sardine sono scese in piazza, dormo sogni tranquilli, felice che, la nostra bella addormentata, si sia scocciata di aspettare il suo principe azzurro e, destata dal rumore assordante che le si è fatto intorno, abbia finalmente aperto gli occhi.

Giulia Del Grande

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Giulia Del Grande
Giulia Del Grande, toscana di origini, dopo una lunga permanenza in Francia, dal 2018 risiede stabilmente a Copenhagen. Dopo aver ottenuto la laurea in Relazioni Internazionali ha specializzato la sua formazione nelle relazioni culturali fra Italia e Francia in epoca moderna e contemporanea lavorando a Bordeaux come lettrice e presso varie associazioni e istituti del settore, svolgendo, in ultimo, un dottorato in co-tutela con l'Università per Stranieri di Perugia e quella di Toulouse 2 Jean Jaurès. Collabora con Altritaliani dal 2016.

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