L’esempio « Benedetto »

Mentre il Papa, ormai vecchio da l’esempio e se ne va per fare posto a chi dovrà sostituirlo nelle difficili sfide della Chiesa, nella politica italiana nessuno va via e tra vecchie glorie e showmen populisti. Riaffiora il monito di Dante: “ahi serva Italia….”.

Caro Benedetto,

mi permetta di esprimerLe qualche impressione del tutto personale. Il Suo è proprio stato un colpo di genio. Adesso tutti dicono che l’avevano previsto, ma in realtà nessuno si aspettava questo straordinario gesto delle dimissioni. Se Lei fosse stata una persona normale – uno come tutti noi – nessuno si sarebbe sognato di stupirsi per la scelta di lasciare una responsabilità importantissima all’età di 85 anni. Ma il suo incarico era molto particolare e dunque occorreva davvero un bel coraggio per farsi da parte.

Mi viene il dubbio che tra le ragioni che l’hanno spinta a dare il suo « incredibile » annuncio dell’11 febbraio ci sia stata proprio la voglia di essere uno di noi. La convinzione che – per usare la terminologia tradizionale – anche il pastore sia in realtà membro del gregge. Questa voglia di normalità sarebbe una ragione di più per dirLe grazie. L’umanità di oggi è un gregge costretto a cercare la propria strada, a fare le proprie scelte, a vincere le proprie sfide. Se non ci riesce, il prezzo sarà alto. Per tutti noi, perché tutti ne siamo responsabili.

Con una scelta straordinariamente logica, Lei ha messo un’istituzione nata duemila anni fa al centro dell’attenzione di tutti gli esseri umani del mondo globalizzato della comunicazione istantanea. Proprio un istante è bastato alle agenzie d’informazioni per copiare quel primo dispaccio Ansa, con la notizia della rinuncia a far coincidere la fine della Sua vita con quella del Suo mandato.

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Lei aveva visto il Suo predecessore consumarsi nella duplice sfida contro la malattia e contro i mille problemi che scuotono oggi un’istituzione importante come la Chiesa. Ne aveva visto sia gli sforzi sia i limiti. Aveva capito che proprio le scelte più logiche sono talvolta le più difficili. E così ha preservato il segreto fino al momento dell’annuncio, che tutti o quasi hanno interpretato come un gesto di coraggio.

Per noi italiani lei ha fatto un miracolo. Ci ha permesso di distoglierci da una campagna elettorale intrisa di demagogia e di colpi bassi per guardare con interesse al di là del Tevere. Per qualche giorno abbiamo dunque potuto mettere tra parentesi un linguaggio elettoral-trogloditico che suona più o meno così : « Imu, Tarsu, Irap ! Iva, Irpef, Pil ! Pacs o non Pacs ? Monti, Tremonti, mari e monti ».

Tra le Sue funzioni c’è quella di Capo di Stato, anche se i cittadini vaticani sono appena qualche migliaio. Dunque Lei è (anche) un politico, leader di uno Stato che ha relazioni diplomatiche col resto del mondo. E allora guardi alle vicende di quella che i Suoi predecessori chiamavano « la diletta Italia ».

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Mentre Lei annunciava le dimissioni, i pretendenti alla guida del Belpaese cercavano di far colpo sugli elettori adottando ed esibendo in pubblico cagnolini dall’ancor fragile coscienza politica. Tutto pur di fare spettacolo. Taluni scalatori della politica nostrana si perdono in spettacoli insulsi e talvolta patetici, mentre altri ripetono come un mantra le loro ormai consuete litanie populiste.

Noi italiani siamo così da secoli. Sembra quasi che godiamo a farci del male da soli. « Ahi serva Italia, di dolore ostello, nave sanza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie, ma bordello! », diceva Dante prima ancora che si parlasse di spread. Dante era un toscanaccio un po’ incazzoso. Non si preoccupi se ha sbattuto all’inferno il povero Celestino V, che nel dicembre 1294 decise di lasciare ad altri la responsabilità pontificia. Come Lei sa benissimo,

Dante non ce l’aveva con quel sant’uomo di Celestino, ma col fatto che le sue dimissioni aprirono la strada all’elezione di Bonifacio VIII, da lui visto come il fumo (anzi il vetriolo) negli occhi. Altri tempi. Altri papi. Altri poeti.

Alberto Toscano

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Alberto Toscano
Alberto Toscano est docteur en Sciences politiques à l’Université de Milan, journaliste depuis 1975 et correspondant de la presse italienne à Paris depuis 1986. Ex-président de la Presse étrangère, il est l’un des journalistes étrangers les plus présents sur les chaînes radio-télé françaises. A partir de 1999, il anime à Paris le Club de la presse européenne. Parmi ses livres, ‘Sacrés Italiens’ (Armand Colin, 2014), ‘Gino Bartali, un vélo contre la barbarie nazie', 2018), 'Ti amo Francia : De Léonard de Vinci à Pierre Cardin, ces Italiens qui ont fait la France' (Paris, Armand Colin, 2019), Gli italiani che hanno fatto la Francia (Baldini-Castoldi, Milan, 2020), Mussolini, "Un homme à nous" : La France et la marche sur Rome, Paris (Armand Colin, 2022)

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