Evoluzione dell’habitat attraverso un’esperienza vissuta

La casa come somma d’indizi rivelatore dell’attuale stato delle “cose” nell’uomo del 2000. Indizi rivelatori di chi siamo oggi, come in una scena del teatro del nostro esistente. Vittorio Magagnini ci presenta, in forma letteraria, un utile esempio per riflettere sulla quella gabbia della nostra esistenza che chiamiamo casa.


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Trentanni dopo mi sono trovato davanti ad un portone chiuso che avevo lasciato spalancato. Da fuori intravedo l’alta villetta in barocchetto siciliano circondata dai palazzi che ho visto costruire negli anni sessanta. Suono al citofono, “Chi è ? Scusi mi chiamo Vittorio e sono nato in questa casa. Entri, prego.“ L’apertura elettrica sblocca l’anta metallica ed eccomi nel cortile che ha visto sfilare la metà della mia vita. Un uomo maturo con un sorriso cordiale mi tende la mano e mi invita ad entrare. L’emozione visibile nel mio sguardo rende le spiegazioni inutili. “Sono contento che lei sia qui, forse potrà darmi qualche informazione sull’origine di questa casa”. In qualche frase ho riassunto questi anni d’assenza e lo assicuro di dargli tutte le informazioni che ho; ma il mio sguardo vagava in cerca degli angoli e dei riferimenti del passato. Con delicatezza il padrone di casa mi invita ad una visita per farmi vedere le trasformazioni che ha fatto fare all’interno come all’estrerno.

Un’ascensore ha rimpiazzato la scalinta di marmo che disserviva i due piani superiori : il piano privato e il vasto abbaino per i domestici. Delle finizioni molto curate e un’arredamento confortevole testimoniano dell’attaccamento al luogo e al confort di vivere. La villa è ridiventata un’abitazione di tipo alto borghese come ai suoi inizi. Le dipendenze al nord e il giardino all’est hanno mantenuto le stesse forme e dimensioni. Un polmone verde in questa jungla di cemento che la circonda. La differenza fondamentale dai tempi in cui abitavo questo luogo è la presenza umana.

Venticinque persone in quattro famiglie e tre generazioni occupavano piani e dipendenze al contrario di oggi in cui solo tre ci vivono e in modo discontinuo. La stessa impressione di vuoto e di anonimato l’ho avuta nella strada congedandomi. I marciapiedi e il selciato sono diventati dei parcheggi e la scena di un traffico incessante invece di un luogo di vita per grandi e piccoli. A quel tempo, tutte le porte erano aperte e tutti andavano e venivano mescolando le proprie gioie e angoscie, ma avendo un’identità riconosciuta. Una folla eterogenea, animava questo piccolo mondo a dimensione universale. Il confort era precario l’initimità quasi inesistente. Gli oggetti si tramandavano fra generazioni in testimonianza del passato come garanti delle proprie origini.

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Adesso ognuno ha la propria camera; dietro le porte chiuse la televisione accesa spesso di continuo è diventata l’amica di monologhi senza interesse. I diversi ambienti spesso modernissimi rispondono alle esigenze normatiche e estetiche in evoluzione continua a causa di un consumismo sfrenato. Paradossalmente non si è mai parlato tanto di dialogo e di bisogno d’indipendenza, per constatare in realtà un’isolamento crescente degli individui e della nascita di una nuova forma d’isolamento dovuto ad un’ignoranza diffusa. L’uomo spesso si appropria di concetti già esistenti dando l’impressione di riinventarli bulversando i valori del passato.

Molti esempi concreti dimostrano questa realtà eccone due : il sale e la luce.

Complemento alimentare indispensabile alla nostra alimentazione per la nostra sopravvivenza, il sale è da tempi immemorabili ricercato, estratto e usato in tutti i luoghi abitati dall’uomo. Moneta di scambio, messo in rilievo sulle tavole dei grandi del passato (molti conoscono la saliera che Benvenuto Cellini ha fatto per Francesco I° di Francia, carica di simbolica estetica), è oggi sempre indispensabile ma dichiarato nemico delle nostre arterie, come se si insinuasse volontariamente nel nostro corpo. Migliaia sono le forme per contenerlo e i creatori gareggiano d’immaginazione per presentarci degli oggetti originali, ma niente ci suggerisce la funzione del contenuto.

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La luce, simbolo di vita, diffusa da eleganti lampade o da semplici candele, arreda oggi i nostri interni cambiando il colore delle pareti, dell’acqua e anche dei tessuti che indossiamo. La sua funzione non è più legata al simbolo iniziale, ma ad un bisogno estetico avvolte evanescente.

Quest’evoluzione è normale e necessaria anche se gli stessi indivudui che ne sono all’origine, stanno prendendo coscienza dell’importanza di non dissociare la “creazione umana” dalla sua essenza tenendo conto del contesto che l’ha generata e di cui deve tenere conto: “L’universo” .

Vittorio Magagnini

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