Un Paese con la licenza di uccidere.

Per i populisti non conta il paese e le sue priorità, quello che conta è solo il consenso da alimentare sempre e comunque anche a costo di avvelenare le coscienze italiane con sempre nuove trovate propagandistiche che facciano crescere l’odio, la diffidenza, umiliando finanche la dignità dei cittadini. Un ulteriore esempio si è avuto con la rapida, quanto inutile, approvazione della riforma della legittima difesa. Prepariamoci ad un paese dove circoleranno molte più armi a rischio e pericolo di tutti.

Alla fine il Parlamento ha approvato la riforma della legittima difesa. Dalla entrata in vigore della legge sarà più difficile perseguire il reato di eccesso di legittima difesa. La domanda che occorre porsi è se questa riforma fosse necessaria e perché tanta urgenza nel farla approvare.

Gli indicatori e gli studi sociologici convergono sul punto che nella comunità italiana in genere vi è una diffusa percezione di insicurezza tanto che già nel governo c’è già chi spinge per favorire agevolazioni a chi intenda avere un porto d’armi o tenere delle armi in casa. Una buona notizia per i nostrani produttori di armi.

In realtà i dati reali cozzano nettamente con il percepito da una gran parte degli italiani. Il Censis ha infatti, numeri alla mano, detto: che i reati denunciati nel 2017 sono in calo di oltre il 10 per cento rispetto a quelli del 2016, mentre gli omicidi si sono quasi dimezzati in dieci anni, da 611 a 343. Molto ridotti i furti in appartamento e quasi scomparse le rapine in banca. Nonostante questo vi è un senso generalizzato di insicurezza: il 31,9 per cento delle famiglie italiane percepisce il rischio della criminalità nella zona in cui vive”. A dirlo è il primo Rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia realizzato dallo stesso Censis.
Questo trend è mantenuto anche nel 2018 con un ulteriore calo dei delitti in genere ed in particolare di quelli di “sangue”, la maggior parte dei quali avvengono in famiglia. Va aggiunto che non appare nemmeno urgente una legge che venga incontro a chi ha dovuto in passato ricorrere ad armi proprie o improprie a difesa della propria persona o del proprio patrimonio.

La legge che era già in vigore, prima delle riforma voluta dai leghisti ed avallata dai pentastellati, era già sufficientemente capace di contenere il fenomeno. Basti considerare che nel 2018 i processi per “eccesso di legittima difesa” sono stati solo quattro (quattro in tutta Italia) ed in un solo caso c’è stata una condanna.
Ancora una volta i dati reali dimostrano che molte delle paure e delle ansie degli italiani sono, sul piano razionale del tutto infondate ed ingiustificate.

L’incredibile vicenda della legittima difesa italiana, si delinea cosi come un ulteriore caso di facile propaganda politica mirante ad un consenso popolare specie tra i cittadini meno avveduti e più manipolabili. Si ripropone cosi il tema culturale prima che politico della qualità della nostra democrazia, che appare sacrificata nel nome della spettacolarizzazione dei media e dell’uso assolutamente fuorviante e spesso allarmistico dei social.

Il punto è che si sono saldati, per motivi politici e finanche commerciali, interessi che non aiutano ad un racconto reale o realista della vita in Italia. La drammatizzazione quando addirittura non il falso alimentato e coltivato nei media e nei social sono alla base del successo dei populisti e tenere alta la tensione, contro gli immigrati (che erano in già in netto calo per diversi fattori anche geopolitici), contro come visto un presunto, ma non reale, espandersi della criminalità, spesso anche torto collegata proprio all’emigrazione, l’idea che non bisogna fidarsi dei dati statistici e degli esperti, sono tutti elementi che nutrono il populismo. Il quale non dà risposte alla domanda di lavoro, preferendo alimentare un clientelare assistenzialismo (reddito di cittadinanza), offre la chimera di un andare in pensione presto (quota 100) a danno delle future generazioni prospettando, con affermazioni incaute (nuovo boom economico – Di Maio, il 2019 sarà un anno felice – Conte), una crescita economica che è negata da tutti gli organismi di controllo italiani ed esteri e che cozza finanche con le previsioni dei soggetti sociali siano esse le imprese (crescita 0 per Confindustria, allarme da Banca Italia) o i sindacati.

Gli italiani appaiono drogati da un’informazione televisiva e di rete che a questo punto andrebbe calmierata e temperata, non si tratta di fare censure ma evidentemente occorre difendere una popolazione che per il 42% si informa solo sui social (miniera di fake news) e che fatica ad informarsi di suo su notizie che le reti televisive danno in pasto solo per fare audience e l’audience oggi è la vera anima del commercio.

Ed il vero tema, ancora più della diseguaglianza sociale, diviene quella della diseguaglianza culturale, di un paese a forte rischio manipolazione che non sembra capace di assumersi responsabilità e di guardare con un minimo di buon senso al mondo che ha intorno. Questo è il tema per chi aspira a raddrizzare il paese, a ridargli una spina dorsale per poter tornare a camminare. Come opporsi ad un orwelliano “grande fratello” che da decenni droga le coscienze dei cittadini. Per almeno trenta anni si è alimentata una cultura individualista ma non competitiva, una società del presente senza ambizioni future, che cinicamente guardava all’oggi senza pensare a tutti i danni a cominciare dall’ambiente, che si causavano per le future generazioni, assistenzialista e non di responsabilizzazione al lavoro, che era contro al merito e che voleva appiattire tutti ad uguali condizioni di guadagno, diritti e lavoro. Una cultura che pur di non guardare all’effettiva realtà delle cose ha preferito costruirsi nemici che tali non erano: L’Europa, gli immigrati, le ONG, gli zingari, la crescita, lo sviluppo, finanche le Olimpiadi di Roma, costruendo poi ad arte un nazionalismo del tutto anacronistico nei tempi di Google, Amazon, Facebook e in generale della globalizzazione con tutte le sue dinamiche buone o cattive che fossero.

Un tempo i governi (democristiani) lavoravano sulla RAI e sull’informazione, anche eccedendo, per tranquillizzare i cittadini, oggi il governo populista fa il contrario e lo fa nella consapevolezza che è proprio “l’anormalità” italica che ne garantisce il successo. Alimentare le paure la disinformazione e il risentimento sono il gioco spregiudicato di Lega e Cinque Stelle, per garantirsi un futuro in una società che loro immaginano in un eterno presente, cristallizzato tra muri da opporre all’eventuale immigrato, di pistole da opporre ad eventuali assassini, violentatori e ladri, certificando cosi anche l’incapacità (tutta da dimostrare) dello Stato di assolvere al proprio dovere costituzionale di proteggere i suoi cittadini.

Un dire: “Difendetevi voi che noi non possiamo garantirvi” che avvilisce il lavoro e l’impegno delle nostre forze dell’ordine che pure, come visto hanno, in questi, anni ridotto consistentemente i fenomeni criminali.

La realtà è che per curare questa anomalia, questo corto circuito tra realtà e percezione, che non è solo italiana, ma di tanti paesi che oggi premiano nel mondo il populismo, occorrerebbe, per tornare al nostro specifico, chiudere definitivamente con quell’idea di politica spettacolo che alimenta certamente il business della pubblicità, ma che fa molto danno alla società. Liberarsi di questo sarebbe un primo passo per ridare credibilità e dignità alla politica e al paese.

Un paese che quando era in crescita dell’1,6% nella scorsa legislatura era pronto a crocifiggere il governo e che ora che la crescita è 0% e ancora pronto a sostenerlo nella sua maggioranza. L’informazione (o meglio la disinformazione), ancora più della magistratura (diventata pericolosamente arma di lotta politica), è il fattore condizionante degli umori italiani e decisivo per il successo politico di chiunque. Per questo occorrerebbe riformare l’informazione, archiviare l’epoca dei talk show politici che alimentano solo odi e rancori, dando un’informazione scarsissima drogata e spesso incoerente, oscurare la miriade di fake news che, specie sui social, alimentano gli odiatori di professione i troll impedendo di fatto ogni seria, serena ed oggettiva informazione. ma questa idea è gradita a chi oggi ci governa?

Ecco perché la battaglia contro la corsa agli armamenti delle massaie italiane per difendersi da cosa? se non dai propri fantasmi? È, come per tutto il resto, compresa la demagogia propagandistica sulla cittadinanza data ai due ragazzini eroi a San Donato Milanese, una battaglia culturale che, dopo trenta anni di berlusconismo e poi populismo, richiede tempo, impegno e pazienza. In questo senso si puo’ dire che nella realtà i veri eredi di Berlusconi sono proprio la Lega di Salvini e i 5 Stelle di Grillo e Di Maio.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

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