Sempre attuali le « prediche inutili » di Einaudi: « Conoscere per deliberare »

Potrà essere utile, al nascente governo Conte bis, riferirsi ad alcuni insegnamenti di Einaudi. Le sue parole, tratte dal libello le “Prediche inutili”, suonano più che come un monito, come un autentico vademecum per i futuri governanti, dopo le infelici prove nate dal sui generis “contratto di governo”, che alla fine non è riuscito a nascondere le incapacità e le inesperienze del duo Salvini/DI Maio.

La soluzione si trascina”. “Chi legga simiglianti sentenze pensa: perché il governo, perché il parlamento, perché il ministro competente tardano tanto?” “Codesti frettolosi non riflettono: è questo davvero non è uno dei tanti, ma il problema”. “Nulla” “repugna più della conoscenza a molti, forse a troppi di coloro che sono chiamati a risolvere i problemi”.
Non sono frasi riferite ad alcuni dei politici di oggi, ma le frasi scritte nel 1955 da Luigi Einaudi, nella dispensa “Conoscere per deliberare” delle sue “Prediche inutili”. C’è da imparare più da queste che da qualsiasi articolo giornalistico o qualsiasi trasmissione televisiva di questi tempi.

A proposito dei confronti tra maggioranza e opposizione: “Accadde a me, alcuni anni addietro, di leggere un rapporto di maggioranza e un altro di minoranza sul problema detto dell’Istituto di Ricostruzione Industriale (IRI); e, posto tra i due rapporti tanto diversi, conclusi che il problema non era, nel quadro dei due rapporti, fatto conoscere a chi doveva decidere; ché il rapporto di maggioranza, ispirato a quelle che si usano definire ampie visioni dottrinali, era troppo guasto dai soliti luoghi comuni sociali intesi ad assicurare, passando oltre alle antiquate esigenze di compiuto effettivo pareggio dei bilanci, l’insuccesso delle imprese pubbliche e private e l’incremento della disoccupazione; e il rapporto di minoranza, bene costrutto sull’esperienza passata e sul buon senso economico, non illustrava abbastanza i precedenti storici e le ricche vicissitudini del passato”. Sostituendo per esempio le elargizioni economiche recenti al problema dell’IRI, e aggiungendovi il disprezzo implicito per il sistema delle imprese pubbliche e private d’una parte degli elettori della maggioranza, a fronte del liberismo difeso dalla minoranza con gli slogans anziché citandone i benefici storici, non ci si ritrova forse nella situazione attuale? “Come se le soluzioni non maturate e non ragionate non partorissero necessariamente nuovi grovigli e rinnovate urgenze di porre rimedio a peggiori mali”!

Riguardo alla pubblica amministrazione: “Il calcolo delle buste paga non è decisivo; ché esso comprende solo le entrate in danaro. Chi ha mai calcolato il valore dei benefici ricevuti sotto le specie di fitti di favore, di case-cooperative sussidiate dallo Stato, di generi di consumo acquistati a sottoprezzo in spacci ai quali lo Stato concede locali gratuiti, con o senza illuminazioni o riscaldamento o servizi pur gratuiti di impiegati e commessi remunerati sul bilancio di qualche ministero? Anche il risparmio sui biglietti di viaggio a prezzo ridotto sulle ferrovie assegnati ai funzionari pubblici dovrebbe essere aggiunto all’ammontare della busta paga, per ottenere la cifra vera della remunerazione degli statali. Naturalmente, al calcolo relativo agli impiegati pubblici dovrebbe accompagnarsi quello degli assegni e indennità, benefici di viaggi gratuiti, di case di favore, di automobili personali pagate a carico dello stato a ministri, sottosegretari, commissari, senatori, deputati, ecc., ecc.” Allora, anche se oggi risultassero ridotti per esempio i fitti di favore a seguito delle vendite dei beni immobili demaniali e comunali, oppure le cooperative alimentari nei ministeri, o anche se non risultassero ridotti gli abusi gratuiti dei mezzi di spostamento di molti dei politici, i meno privilegiati servono comunque a nascondere i più privilegiati nelle trattative o riforme della pubblica amministrazione (non solo in Italia, e non solo stimando o non stimando i costi della struttura in cui operano). I governi recenti ne hanno tenuto conto? “Quando le associazioni degli impiegati adducono” (solo) “i dati relativi a coloro i quali non godono di particolari facilitazioni, le quali toccano tuttavia centinaia di migliaia di persone, non fanno altro che seguire l’antico accettato pacifico metodo di tutti coloro che chiedono qualcosa allo Stato”.

Inoltre: “Si è mai vista un’associazione industriale, in vena di chiedere dazi contro la invasione dei tanto maleducati prodotti esteri, mettere in piazza i conti dei costi degli imprenditori più capaci e meglio attrezzati i quali potrebbero benissimo reggere con le proprie forze alla concorrenza estera? Mai no! I dati si riferiscono, se non proprio ai produttori più scalcagnati, a quelli che dal margine non sono troppo lontani e non potendo tirare innanzi perché non sanno darsi da fare, accusano delle proprie disavventure l’infame straniero. Così fanno le associazioni del pubblico impiego: non tirano fuori gli esempi, pur numerosi, di coloro che sanno arrotondare legalissimamente i loro redditi, ma quello dell’impiegato nudo che riscuote il solo stipendio o poco più. Erroneo e inattendibile è il metodo degli industriali desiderosi di protezione; ma altrettanto erroneo e inattendibile quello di tabelle recenti in fatto di stipendi ai pubblici impiegati”. Nel confronto, è allora altrettanto erronea e inattendibile l’accusa di oggi all’”infame straniero” dell’UE, da parte delle PMI in quella situazione, sfogatasi con il voto populista?

Tantopiù se questo voto è dato a un leader “dottrinario. Costui è un personaggio che possiede una dottrina e ha fede in quella. Egli non ragiona sul fondamento dei dati da lui conosciuti e della tanta o poca capacità di raziocinio ricevuta alla nascita da madre natura e perfezionata con lo studio e l’esperienza. No, il dottrinario ragiona ‘al punto di vista’. Prima d studiare, egli sa già quel che deve dire”. “Quindi sa che, ‘al punto di vista’ della sua fede sociale e politica, la soluzione è quella. Non importa conoscere l’indole propria del problema, la sua nascita, le sue cause, i suoi precedenti. La soluzione è bell’e trovata. Talvolta, pressato dalle osservazioni persuasive del contraddittore, arriva sino a confessare: si, quel che tu dici è esatto e si dovrebbe tenerne conto; ma io, con rincrescimento, debbo tener fermo ai principi che informano la mia condotta”. “Gli uomini del ‘punto di vista’ non dichiarano principi, bensì vecchie fruste frasi fatte che, forse, un secolo o mezzo secolo fa avevano, in altre circostanze di fatto, un contenuto ed ora sono l’ombra di se stesse. Tuttavia, siccome la mente umana, fuor della fisica, della chimica, del calcolo matematico e di simiglianti territori vietati ai dilettanti e ai chiacchieroni, è pigra e nel tempo stesso amantissima delle novità, specie se popolari e seducenti e odia le novità che promettono poco in seguito a lunga fatica, cosi quel che un tempo era parso nuovo ed era entrato nel bagaglio d’una certa corrente ideologica, seguita per inerzia ad essere magnificato come l’ottimo modernissimo portato del più ardimentoso progresso”.

Ha scritto nel 2009 Ignazio Visco: “’Conoscere per deliberare’ – il fine della conoscenza – è un appello, a tratti accorato, contro la fretta di chi vuol fare per smania di fare, per ambizione, per impulso della folla, e non si cura della fondatezza delle proposte che avanza: ‘nulla repugna più della conoscenza a molti, forse a troppi di coloro che sono chiamati a risolvere problemi’. A questo incipit segue un’efficacissima descrizione di quel che succede a causa di decisioni non fondate sulla conoscenza: ‘Le leggi frettolose partoriscono nuove leggi intese ad emendare, a perfezionare; ma le nuove, essendo dettate dall’urgenza di rimediare a difetti propri di quelle male studiate, sono inapplicabili, se non a costo di sotterfugi, e fa d’uopo perfezionarle ancora, sicché ben presto il tutto diventa un groviglio inestricabile, da cui nessuno cava più i piedi”. Riecheggiando così anche Federico Caffè, che nel 1966 aveva scritto: “i problemi ultimi dell’economia, come di ogni scienza sociale, e in realtà di ogni scienza, si imperniano su due punti e sulle loro reciproche relazioni: primo, comprendere e spiegare determinati fenomeni, secondo, far uso della conoscenza come guida dell’azione”. Concetti riportati nel sito dedicato a Einaudi del Senato, ove tutti gli insegnamenti degli ex Presidenti della Repubblica lì transitati dovrebbero allora essere rispettati di più non solo in quell’aula, anziché essere “polvere che il vento disperde”.

Lodovico Luciolli

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