Nicola Guarino a Bologna per il suo libro di racconti “Tutto qui”

Per la rubrica  Missione Poesia vi parlo oggi di uno dei fondatori di questo giornale on-line, Altritaliani, e del suo primo libro Tutto qui (Graphe.it), un libro di racconti. Sappiamo che non c’è in fondo un unico modo di raccontare le storie, ma c’è il desiderio di farsi ascoltare, di farsi leggere, di farsi capire: quel modo si concretizza nella creazione di un “relazione narrante” che investe lo scrittore, il protagonista delle storie, il lettore. Nicola Guarino ha questa capacità: quella di far condividere molto di quanto si trova nelle pagine della sua opera, vi invito a scoprirlo.

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Nicola Guarino nasce nel 1958 ad Avellino, ultimo di una famiglia numerosa. Negli anni del liceo collabora con l’Unità Paese Sera, e per mantenersi durante gli studi universitari, lavora all’ippodromo di Agnano. Si laurea in Giurisprudenza alla Federico II e diventa avvocato.
Appassionato di cinema ha curato diverse rassegne e festival sia a Napoli che a Parigi, città in cui vive dal 2004 e in cui insegna lingua italiana all’Università della Sorbona e a Créteil Paris 12. È tra i fondatori di questa testata online Altritaliani.
Tutto qui, edito da Graphe nel 2023, è il suo primo libro, un libro di racconti.

Conosco Nicola Guarino da oltre dieci anni ormai. Eravamo a Parigi, in occasione di una mostra si pittura di mio marito, Maurizio Caruso, quando le nostre strade si sono incontrate ed è nata un’amicizia, oltre a una collaborazione per questa rubrica Missione Poesia del sito culturale Altritaliani che curo da allora. A lui, e a Michele Gesbert, che incontrai nello stesso momento, mi sento legata da un affetto e da una stima che non sempre si raggiungono neanche con la frequentazione assidua. Nonostante sia da parecchio che non ci vediamo mi sembra di averli visti ieri, o questa mattina, tanta è la vicinanza. Poi, da quando Nicola ha pubblicato questo suo libro, ho desiderato accoglierlo nella nostra rassegna a Bologna, ed ora è arrivato il momento. Mi piace la sua scrittura, chiara e lineare, ti parla di vite vere, d’incontri, di luoghi dell’anima, di storie che fanno parte di noi.

Tutto qui

Lucio Anneo Seneca asseriva che: “La vita è come un racconto: ciò che conta non è la sua lunghezza, ma la sua importanza.” Questo per dire che, a differenza di quello che comunemente si pensa, ovvero che il racconto o, nello specifico, un libro di racconti, abbia meno valore di un romanzo, in realtà non corrisponde a una considerazione così reale e scontata. Se è vero che tramite la lettura avviene l’immersione totale nel romanzo da parte del lettore, è altrettanto vero che i racconti hanno la capacità di rappresentare principalmente, un contesto, un’ambientazione più che un personaggio, se pure anche questa gabbia narrativa, in cui si è soliti inquadrare il genere, non corrisponde sempre allo sviluppo dei testi. I racconti durano molto poco sulla pagina, hanno una trama veloce, ma sono capaci di lasciare un’emozione forte, forse proprio perché si avvicinano di più al nostro modo di vivere, fatto di momenti, di passaggi, di situazioni che tracciano un segno, un’impronta indelebile. In un certo senso è come se tutti noi scrivessimo ogni giorno i nostri racconti e per questo, nei nostri ricordi, ne lasciassimo una linea capace di restare, una linea che ritroviamo appunto nei libri di racconti. Penso ai grandi scrittori del genere e mi ritrovo nelle pagine di Gogol, ne I racconti di Pietroburgo, o in quelle di Carver, nel suo Cattedrale, o in quelle di Hofmann nei Racconti notturni… tantissimi altri ne potrei citare, compreso il nostro Guareschi con le storie del Mondo piccolo di Don Camillo e Peppone. Ma, siamo nelle pagine di questa rubrica, oggi, per parlare dei racconti di Nicola Guarino, del suo Tutto qui, e siamo anche già nell’eccezione dato che ognuno degli otto racconti che compongono il libro ha un protagonista ben delineato, un individuo specifico del quale si narrano le vicende ambientate in scenari peculiari alle due città del cuore dell’autore: Napoli e Parigi.

In un’intervista uscita in occasione di una delle tante presentazioni del libro, Nicola Guarino afferma – com’è logico che sia – che uno scrittore nel raccontare si racconta. Niente di più vero: ogni storia che leggiamo è inevitabilmente il frutto di una commistione tra frammenti di realtà, storie di vita vissute o anche sentite raccontare da altri, autobiografia e finzione letteraria. In questo libro diversi personaggi entrano e escono di scena, tra le altre cose, creando una sorta di legame continuativo tra i vari racconti, mentre il punto di vista cinematografico dell’autore, esperto del settore, rende l’insieme denso di ritmo narrativo, attraverso immagini reali, visibili e riconoscibili e non solo metaforiche, tagli e inquadrature che ci mostrano le sfaccettature delle vicende rendendole più intense e coinvolgenti. Ma, così come abbiamo accennato sopra, diversamente da come si può pensare per il genere di scrittura utilizzato, qui è l’uomo, la persona, l’individuo a rappresentare il focus delle storie. Le complessità, le contraddizioni, i desideri e le rinunce – più presenti della gioia e delle soddisfazioni date da una realizzazione – sembrano forgiare figure incapaci di dare uno sviluppo diverso al loro destino, sembrano accettare ciò che questo ha loro riservato senza reagire, senza prospettiva di sviluppo, di futuro. E questa è una caratteristica che ritorna in ogni storia: è come se lo scrittore avesse deciso di metterci di fronte a un’umanità che ha smarrito il senso della partecipazione attiva dentro la collettività, avesse voluto sottolineare la solitudine che impera generando un’omologazione che annulla le personalità. Alcuni ci provano a tentare una ribellione, una rottura del già prestabilito, ma l’esito non è positivo. Ecco così che incontriamo: Jeanine che vuole disubbidire alla famiglia, Mazzola che è un figlio del degrado e che diventa un eroe per un giorno, Giacomo Vita che non vorrebbe arrendersi all’evidenza della sua vita già segnata… ma ognuno di loro alla fine si arrende, non realizza i suoi sogni covando dentro solo un senso di rancore per ciò che non è stato, alimentato certamente dalla frustrazione che si accompagna, certe volte, a un senso di meraviglia, di sorpresa per le reazioni suscitate anche negli altri, senso che contribuisce ad accrescere l’insoddisfazione. Anche nel racconto eponimo dello stesso libro, dove la scena si sposta ad Avellino, risulta emblematico il momento in cui al protagonista viene richiesto, dopo cinquant’anni dall’evento, di un fratello morto suicida, quasi a dimostrare che si è sempre comunque soggetti a un’attenzione, a un giudizio che condiziona, spesso più nel male che nel bene. Non ci stupisca comunque questa dimensione paesana di una città, riferita dall’autore. Siamo nel Sud Italia, in uno spazio dove il tempo a volte sembra fermarsi, succede spesso anche oggi, e i ricordi del passato affiorano restituendo, per quanto possibile, un’adesione ancora forte e impensabile alla contemporaneità. Siamo nel Sud Italia dove i rituali si ripetono all’infinito e gli archetipi sono spesso lo specchio di anime pulsanti che tentano l’emulazione senza riuscirvi. Siamo nel Sud Italia dove si comunica dalle finestre delle case o dai balconi, dove i giovani partono, dove la commozione cede il posto alla rassegnazione. Siamo nel Sud Italia dove tutto comunque prende parola, parla e racconta allo scrittore che ricorda e racconta a sua volta, diventando anch’esso protagonista di quelli spazi – che del resto sono anche i suoi -, di quel tempo – che è anche il suo -, di quelle storie che fanno parte della sua vita come della vita dei personaggi che ci fa incontrare, che fanno parte di quella famiglia – che è la famiglia di tutti noi -, la famiglia che detta le regole ma crea le radici, che soffoca e dalla quale vorresti scappare ma è anche ancora di salvezza nei momenti di difficoltà…

In una Napoli ancora impegnata di odori e colori che stentano a cedere spazio alle novità, che pure si affacciano, scopriamo misteriosi angoli nascosti, caos e folklore, ma anche cambiamenti di cui è necessario prendere coscienza. Primi fra tutti quelli delle persone che non ci sono più, quelle che facevano parte della nostra vita sin dall’infanzia, che con la loro presenza scandivano i momenti della quotidianità, che se ne sono andate lasciando un gran vuoto, che poi è il vuoto del tempo che passa e non ritorna: la vecchietta all’ingresso della pizzeria, Gennaro o’ femminiello, sua sorella, la moglie del giudice, il portiere del suo palazzo… le notizie su queste figure, l’autore le apprende nell’unico modo possibile in quel Sud Italia dove tutto sembra fermo eppure si muove, dove si conoscono bene gli equilibri tra ciò che regola la vita e la morte, dove non si fanno sconti emotivi neppure ai  clienti… la scena è all’incirca questa: egli riflette sulla scelta di consumare una bufalina o un calzone fritto, mentre passa in rassegna i nomi dei suoi conoscenti  e ne chiede le sorti alla nuova titolare, e questa spazientita gli risponde:“Sentite, so’ muort tutt’quant’. Mo’ a vulite a pizza?”

Non c’è in fondo un unico modo di raccontare le storie, ma c’è il desiderio di farsi ascoltare, di farsi leggere, di farsi capire: quel modo, lo sappiamo, si concretizza nella creazione di un “relazione narrante” che investe lo scrittore, il protagonista delle storie, il lettore. Quando si è capaci di creare questa sinergia ecco, solo allora, si può anche verificare il miracolo del libro che diventa parte di noi, e noi ci ritroviamo in quel libro che ci ha lasciato qualcosa, qualcosa che ci verrà alla mente magari in un altro momento della nostra vita e che ci farà riflettere, ritornando su quello scritto che abbiamo conservato dentro. Nicola Guarino ha, a mio avviso, questa capacità. Da lettrice mi sento di dire che ho condiviso molto di quanto ho trovato nelle pagine di Tutto qui, nella poetica dei luoghi, nelle aspirazioni dei personaggi, nelle delusioni e nella scoperta che sempre si rinnova quando si torna nei luoghi della nostra giovinezza dove niente è più uguale a com’era, anche se lo sembra… ma, in verità, siamo noi che siamo cambiati, senza accorgercene, se non in quel momento specifico in cui si vedono quei luoghi con gli occhi della consapevolezza.

Un passaggio dal libro: Tutto qui

(incipit)

«È una giornata bianca, talmente luccicante di sole e così spessa di caldo che vorrei essere nudo. È solo un desiderio, lo fossi brucerei come queste foglie che cadono e io non so perché, sarebbe bello che fosse autunno e invece la strada è vuota, pigra, molle e soprattutto abbagliata da un sole che non si vede. Mi guardo intorno, ma tra i palazzi anni Cinquanta della mia cittadina non riesco a trovarlo, eppure c’è e si muove.
So che fa un caldo pazzesco, ma non sudo mai. Mi slaccio il bottone della camicia sotto al collo, ma non per necessità: per un attimo mi ha preso la vergogna di sembrare bizzarro, così abbottonato con questi umidi trentasei gradi, percepiti quaranta, in quest’ora sbagliata così prossima al mezzodì.Abbottonato lo sono, anche se ora ho liberato il collo. Lo sono, così introverso, schivo. Sfido la mia paziente moglie a dirmi un giorno che mi sono lamentato di qualcosa, lamentato veramente e non con i miei iperbolici paradossi, con cui alla fine nessuno ci capisce niente e nessuno può prendermi. Una volta mmi sono dichiarato, aperto, sbottonato, ma è stato tempo fa.» […]

Cinzia Demi
Bologna, maggio 2024

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Cinzia Demi
Cinzia Demi (Piombino - LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica. E’ operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. E’ caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. E’ curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.

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