Poesia con Barbara Herzog: Nada más (puntoacapo editrice)

Su Missione Poesia parliamo dell’ultimo libro di Barbara Herzog: Nada más (Niente di più). Un libro di poesia dal titolo ingannatorio perché mai ricerca di sé fu più complessa e articolata, fatta di mille sfaccettature del dentro e del fuori, fatta di ferite, di sogni, di illusioni, di gioie e dolori che rendono unico ogni essere umano, o ogni donna, come forse preferirebbe sentirsi dire l’autrice.

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Barbara Herzog, foto Giovanni Gastel

Barbara Herzog si è trasferita ventenne dalla Svizzera in Italia, dove si è laureata con una tesi in letteratura africana. È traduttrice ed interprete tra italiano, inglese, tedesco e francese; scrittrice di poesie, racconti, recensioni, articoli e sostenitrice dei diritti umani. Ha pubblicato le seguenti raccolte di poesie: Se non nel silenzio (L’arcolaio 2015, con prefazione di Francesca Serragnoli) e Sopravvento (Raffaelli 2012, con prefazione di Davide Rondoni). Ha inoltre tradotto dallo svizzero tedesco Qualcuno ha scambiato le mie ossa di Ursula Hohler (Capire 2020). Ha partecipato a vari convegni, rassegne e presentazioni di poesia tra cui Infinito 200 all’Accademia Mondiale della Poesia a Verona ed è stata citata in diverse antologie (tra le quali In My Secret Life, Mirada de Pájaro Editores, Bogotá). Nada más, edito da puntoacapo editrice nel 2021 è il suo ultimo libro di poesia.

Conosco Barbara Herzog da tanti anni, da quando era una ragazzina e venne a trovarmi con il suo primo libro di poesia, ancora inedito. Ho sempre pensato che possedesse un talento naturale per la complessità e la ricerca del mondo femminile. Mi piacque da subito e da subito l’ho stimata. Oggi la racconto qui, attraverso il suo ultimo libro che mi ha colpito per la capacità di scrivere con un’attenzione specifica alle lingue che conosce, intersecandole tra loro, in soluzione di continuità, trattandole come fossero un’unica lingua, un unico grande campo da amare, seminandolo e coltivandolo attraverso la poesia.

Nada más

Nada más… niente di più. Non ci si lasci ingannare dal titolo di questo nuovo libro di Barbara Herzog che, se preso alla lettera, sembra profilarsi come un’affermazione semplice e diretta per mostrare la via che porta alla conoscenza di sé in quanto, in fondo, potrebbe essere cosa di poco conto.  Non ci si lasci ingannare perché si tratta, invece, di una conoscenza che al di là delle apparenze, confluisce nella scoperta di un’immagine molto complessa del sé, fatta di mille sfaccettature del dentro e del fuori, fatta di ferite, di sogni, di illusioni, di gioie e dolori che rendono unico ogni essere umano, o ogni donna, come forse preferirebbe sentir dire l’autrice, visto che esplora un universo tutto al femminile, dove le sfaccettature partono già dall’uso della lingua – lemma femminile – plurima e variegata, addirittura intercalata in diversi idiomi in uno stesso testo, come sembrano essere plurime e variegate davvero le varie anime di chi scrive quest’opera.

A ben guardare già tutta la serie di citazioni che aprono i capitoli, rigorosamente riprese da testi di autrici, suggerisce un’articolazione tutt’altro che semplice: Nawal El Saadawi, Frida Kalo, Anaïs Nin, Rosa Parks, Simone de Beauvoir, Chimanda Ngozi Adiche dettano un canone riconoscibile e ben ritmato che conduce alla libertà di pensiero e d’azione, alla mancanza di paura nell’affrontare anche le cose più profonde della realtà, alla necessità di vivere in una prospettiva diversificata di universi, alla consapevolezza che si può anche rischiare molto andando in questa direzione. Rileggendo le frasi proposte da queste voci si ha come l’impressione di rituffarsi in un’epoca della quale si sono perse le tracce, in questo post femminismo avanzato, dove la libertà si baratta con la nudità, per diversificazione s’intende l’uso di vocaboli o di atteggiamenti un tempo riservati al regno maschile, vantandone l’accaparramento, per consapevolezza poi si guarda al successo ottenuto dai consensi sui social che dell’effimero sono lo specchio.

Le battaglie di Simone de Beauvoir, succube suo malgrado di Sartre, sembrano così lontane: Riporre la propria salvezza su qualcuno che non sia noi stessi è il più sicuro mezzo di correre alla propria perdita; le parole di Frida Kalo inarrivabili: Non far caso a me. Vengo da un altro pianeta… e oltremodo riconducibili per certi versi a quelle di Cristina Campo: Due mondi/e io vengo dall’altro; la dignità di Rosa Parks ormai persa nel vociare confuso dei più: Credo che siamo qui sul pianeta Terra per vivere, crescere e fare il possibile per rendere questo mondo un posto migliore in cui tutte le persone possono godere della libertà.

In questo contesto si inserisce la poesia moltilingue di Barbara Herzog laddove il desiderio di conoscersi, a cui accennavamo prima, ma anche quello di farsi conoscere, passa attraverso le manifestazioni sensoriali che coinvolgono tutti e cinque i sensi più uno: l’udito, la vista, l’odorato, il tatto, il gusto e, come a completarli, l’intuito. E nell’immersione totale dentro di essi, non a caso, viene individuata la loro disposizione, utile a intitolare le varie sezioni del lavoro: prima viene l’udito (udire) come se la voce fosse portatrice di una qualsivoglia verità che arriva all’inizio di ogni altra cosa a colpirci, a sorprenderci: Quando intuisci/a poche sillabe/assurgi ciascuna/perché non puoi toccare/per colmare l’urgenza/ogni gemito accarezzato/nell’aria […]; come seconda viene la vista(vedere) perché lo sguardo si allunga sulle cose e le rende vere, e gli occhi possono finalmente restare aperti: […] ciò che chiamo/evanescenza/per necessità/tocca il cielo/sotto i miei occhi/geme vita/dentro di me//non chiudo più gli occhi per nascondermi; come terzo viene l’odorato (annusare) perché gli odori fanno parte di noi, del nostro corpo, sono la nostra essenza: Annusi ogni cosa/come una spezia/da gustare/convogliare […]; poi è la volta dell’intuito, il sesto senso (intuire), quello che ci permette di entrare veramente dentro le cose, di comprenderle oppure no: Ed io torno/al mio arcobaleno/hai frainteso/il tremolio del mio sole/lo fa/ di tanto in tanto/collidendo/rimettendosi dritto/ogni volta/che la tempesta passa/passa; penultimo è il tatto (toccare) perché spesso il tocco tra pelle e pelle, anche con la propria, genera empatia, sintonia, sentimento: Sentimentale/non sai quanto/ma solo la mia pelle/ha il permesso/di destarsi/in silenzio; ultimo è il gusto (assaporare) perché assaporarsi è l’ultimo gesto che compiamo quando amiamo, eppure il più profondo, il più completo: E all’improvviso/la tua bocca tanto lontana/sta inspirando il mio sapore/fame tanto ampia/mi fai apparire/sulla tua pelle […]. Fare esperienza attraverso i sensi diventa, dunque, per la Herzog – ma potremmo dire per noi tutti – un cammino che ci introduce al mistero della vita, alle sue asperità, alle sue bellezze che trovano espressione nei versi di questa raccolta.

Ma ancora non finisce qui. La stessa impressione di vastità l’abbiamo scoprendo la divinità a cui sono rivolte, in certi passaggi le suppliche: una Virago beata, verso la quale inginocchiarsi, diventa il simbolo quasi di un proclama contro l’ipocrisia della purezza verginale regalata alla carnalità, ed è forte l’immagine mascolina e caritatevole che al tempo stesso la rappresenta.

Eppure, nonostante tutti gli sforzi di rasentare una dimensione di femminismo quasi estremo, la Herzog non ce la fa a non essere anche non femminile. E per fortuna diciamo noi. Gli spazi che si aprono ai fiori e ai voli sono traboccanti di ariose e fresche sensualità di donna, di desideri reconditi di essere amata per la propria e nella propria essenza femminile: ecco che un colibrì, una farfalla, un Cedro del Libano spuntano a illuminare il buio di certi vuoti; ecco che il volo, il librarsi di uccelli liberi, le ali già mezze usate o seduttrici disseminano come molliche di Pollicino la strada che conduce all’ultimo riepilogativo testo, quello sì da poter considerare una vera e propria dichiarazione di poetica, che chiosa e riepiloga, in pochi tratti, tutto il lavorio di domande, di accuse, di aneliti, di verità celate nella poesia della Herzog, finalmente e infinitamente aperta alla rivelazione: Voluttà e volontà/volano/su labbra/morbide/accudiscono/senza rumore/brusio di api/stormi di uccelli/fiori che si aprono/non occorre apparire/nell’avvolgere/con mano delicata/il creato.

Alcuni testi da: Nada más

Vuoi suggere
da ogni risposta
una goccia di anima
per assaporarla
abbracciarla
solo per questo
cavi sapere
da un sasso
e sì, per la tua voce
che bacia come
il vento gli steli d’erba

***

Quando intuisci
a poche sillabe
assurgi ciascuna
perché non puoi toccare
per colmare l’urgenza
ogni gemito accarezzato
nell’aria
non fa che acuire
la carnalità
del bisogno

***

Inutile arrovellamento
le risposte non sgorgano
da quel ruscello limpido
frastornante fino a
poco fa
ruvido palpare
per comprendere
dov’è finita la piena
sgorgano

***

Sublimare
è la parola d’ordine
dei decreti che
giocano al salto della corda
fortunata
colgo l’ispirazione
nell’inflessione delle parole
e costruisco
castelli sulle nuvole
se no
la mia pelle
sarebbe già avvizzita
 
***
 
Comprimendo tutte le tue parole
risulterebbe il gemito primordiale
attraverso tutte le sinapsi
fulmine a cielo
non domabile
in quel punto estesissimo
messo a fuoco
da te
 
***
 
Fatemi dimorare
in una risposta
che non mi accontenterà mai
volare da lontano
intorno a ciò
che mai più sarà vicino
fatemi guarire
senza accorgermene
sospirare lieta ricordando
ridere forte della mia follia
tornare al mio
io assennato
 

Cinzia Demi
Bologna, maggio 2023

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P.S.: _cidpetit_2db8fc4034a725bd5b7594d6e8e98e000a09c538_zimbra.jpg“MISSIONE POESIE” è una rubrica culturale di poesia italiana contemporanea, curata da Cinzia Demi, per il nostro sito Altritaliani. QUI il link dei contributi già pubblicati. Chiunque volesse intervenire con domande, apprezzamenti, curiosità può farlo tramite il sito scrivendo in fondo a questa pagina un commento o direttamente alla curatrice stessa all’indirizzo di posta elettronica: cinziademi@gmail.com

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Cinzia Demi
Cinzia Demi (Piombino - LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica. E’ operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. E’ caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. E’ curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.

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