L’Italia, un paese senza fiducia nel futuro

L’interessante ma allarmante report del CENSIS del dicembre scorso ci dà la fotografia di un’Italia che ha perso la sua fiducia nel futuro. I dati di un lieve aumento dell’occupazione (perlopiù part time) si scontrano con il più di mezzo milione di giovani, spesso qualificati, che ha lasciato la patria per cercare lavoro all’estero. Un paese sempre più anziano anche perché l’economia continua a non decollare mentre è crescente la sfiducia nella politica, con oltre il 70% dei cittadini che non credono più ai partiti, con una metà degli italiani che mette in discussione sempre più il sistema democratico auspicando l’arrivo di un «uomo forte» che possa decidere da solo e cambiare le sorti del paese. Sono dati preoccupanti e che fanno riflettere di una Italia sempre più vecchia ed incapace di guardare al futuro.

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Ecco l’editoriale del numero 52 di dicembre-gennaio 2020 dei nostri amici della rivista di Trieste Il Ponte rosso, che potrete scaricare come ogni mese gratuitamente IN PDF QUI

Il rapporto pubblicato dal CENSIS lo scorso 6 dicembre sulla situazione sociale del Paese, evidenzia con crudo realismo l’immagine di un Paese sconcertato e sfiduciato, che fatica a uscire da una lunga crisi economica della quale, in sostanza, non riesce a vedere la fine. Tra i primi dati posti in evidenza e consultabili presso il sito dell’Istituto, (http://www.censis.it/rapporto-annuale/il-furore-di-vivere-degli-italiani), appare che «l’incertezza è lo stato d’animo con cui il 69% degli italiani guarda al futuro, mentre il 17% è pessimista e solo il 14% si dice ottimista».

Il dato è facilmente comprensibile e il CENSIS ritiene di individuare le cause con la «rarefazione della rete di protezione di un sistema di welfare pubblico in crisi di sostenibilità finanziaria», mentre è venuta meno la fiducia sull’esistenza della possibilità di usufruire, per sé o almeno per i figli, di un “ascensore sociale”, e difatti «il 69% degli italiani è convinto che la mobilità sociale è bloccata. Il 63% degli operai crede che in futuro resterà fermo nella condizione socio-economica attuale, perché è difficile salire nella scala sociale. Il 64% degli imprenditori e dei liberi professionisti teme invece la scivolata in basso».

Le narrazioni che ci vengono generalmente propinate sull’occupazione sono così riassumibili: è vero che dal 2007 al 2018 gli occupati sono aumentati di 321.000 unità, e che l’andamento continua così anche nel 2019. Quanto non viene granché evidenziato è però il dato che sono diminuiti di 867.000 gli occupati a tempo pieno e aumentati di 1,2 milioni quelli a tempo parziale, per cui attualmente «un lavoratore ogni cinque ha un impiego a metà tempo. Ancora più critico è il dato del part time involontario, che riguarda 2,7 milioni di lavoratori. Nel 2007 pesava per il 38,3% del totale dei lavoratori part time, nel 2018 rappresenta il 64,1%». Quanto basta per far intitolare il relativo paragrafo del comunicato «Più occupati, meno lavoro: il bluff dell’occupazione che non produce reddito e crescita».

C’è poi una popolazione sempre in calo dal 2015 e sempre più anziana: «436.066 cittadini in meno, nonostante l’incremento di 241.066 stranieri residenti. Nel 2018 i nati sono stati 439.747, cioè 18.404 in meno rispetto al 2017. Nel 2018 anche i figli nati da genitori stranieri sono stati 12.261 in meno rispetto a cinque anni fa». Ovviamente, il crollo delle nascite ha un diretto effetto sull’aumento degli anziani: nel 1959 superava la soglia dei 64 anni il 9,1% della popolazione complessiva, tra vent’anni si calcola che tale valore sarà del 31,6%.
All’invecchiamento inoltre contribuisce l’esodo dei giovani verso l’estero: negli ultimi anni hanno abbandonato l’Italia più di 538.000 persone al di sotto dei quarant’anni.

Vi sono poi i dati relativi alle carenze di formazione, il basso numero di laureati rispetto alla media dei paesi europei, l’insufficiente qualità delle conoscenze acquisite a scuola, i dati sull’abbandono scolastico.

Ma quanto appare più inquietante è ciò che viene presentato sotto il titolo «Il suicidio in diretta della politica italiana e le pulsioni antidemocratiche», ove viene riscontrata una crisi inarrestabile di fiducia: «solo il 19% degli italiani parla frequentemente di politica quando si incontra. Il 76% non ha fiducia nei partiti (e la percentuale sale all’81% tra gli operai e all’89% tra i disoccupati). Il 58% degli operai e il 55% dei disoccupati sono scontenti di come funziona la democrazia in Italia».

La cosa ha un preoccupante corollario: «Il 48% degli italiani oggi dichiara che ci vorrebbe un “uomo forte al potere” che non debba preoccuparsi di Parlamento ed elezioni (e il dato sale al 56% tra le persone con redditi bassi, al 62% tra i soggetti meno istruiti, al 67% tra gli operai)».

A noi non resta che indirizzare i più sinceri auguri ai nostri lettori per un 2020 prospero e sereno. Dunque, buon anno a tutti!

Il Ponte rosso

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