Il bisogno di sicurezza nella società della paura

Sono distratta da molti problemi stressanti ed urgenti non ultimo il pensiero del coronavirus cinese che sta creando allarme in tutto il mondo e suscitando terrore della contaminazione, quando una scritta improvvisa in un giornale mi viene agli occhi e subito al cervello: Bisogno di sicurezza nella società della paura. Guardo meglio e apprendo che si tratta del sottotitolo dell’ultimo lavoro dello psichiatra Vittorino Andreoli: “Homo incertus”, edito a gennaio da Rizzoli (pp. 360, euro 18,50). Al centro del libro, una riflessione sul senso di incertezza che nel nostro tempo invade ogni campo: dalla società, alla famiglia, alle relazioni sociali, fino ad attingere al nostro io interiore. Non esistono più punti di sicurezza, quelli che ci facevano sentire bene, al riparo, difesi. Il risultato: un uomo che finisce per vivere malissimo, paralizzato dalle paure e che perde il coraggio di agire.

psichiatra Andreoli Ecco, penso, la questione è proprio questa : circola nella nostra società una grande paura per tutto ciò che costituisce una minaccia per la vita umana e che non riusciamo più a dominare: armamenti, conflitti, degenerazioni di rapporti, confini valicabili e non, crisi ecologica, misteri insondabili della natura, della scienza e quanto altro che dovremmo comprendere con un po’ di sano razionalismo, partendo dalla premessa che vuol dire pure qualcosa aver superato nel passato tante prove difficili  ed aver opposto alle incertezze del domani una resistenza che talvolta s’è rivelata eroica.

Appartengo alla generazione successiva alla seconda guerra mondiale, quando tutto era stato distrutto e intorno tutto era coperto di polvere e sangue. Era il caso di disperare e nascondersi, di non fidarsi più di niente e di nessuno. Si leggeva allora nella poesia del grande Montale che ho considerato sempre un manifesto: Ah l’uomo che se ne va sicuro,/ agli altri ed a se stesso amico/ e l’ombra sua non cura che la canicola / stampa sopra uno scalcinato muro! Il poeta allora aveva un quadro preciso della condizione umana precaria, ribadita da quell’aggettivo scalcinato vicino a muro, dall’ombra sua che si proietta, facendo capire l’assenza e non la pienezza dell’essere. Ma è stato detto che era depressione psichica quella nella quale non si sono riconosciuti gli uomini che poi hanno voluto la rinascita e hanno creduto nel sole dell’avvenire.
Ma allora era stata combattuta una guerra disastrosa che aveva annichilito l’umanità intera, il cui ricordo in alcuni pusillanimi ancora resiste.

Ora sembra impari una lotta contro nemici invisibili che s’annidano dovunque. Dove sta la memoria e a che cosa serve? Perché non usciamo dalla depressione, attivando il nostro quoziente intellettivo? Abbiamo bisogno che qualcuno ci ribadisca che la storia ha un andamento ciclico e che a corsi succedono i ricorsi?

bisogno di sicurezza libro
Vittorino Andreoli

Io ho letto giudizi non entusiastici del libro in questione. Sembra che non abbia veramente inciso l’analisi dei temi economici, religiosi, filosofici trattati, dentro cui è inserita la temporaneità, colpevole di erranza e di debolezza, ma, a prescindere dagli effetti specifici, che giudicheranno i lettori, quel che più conta è la volontà di superare la paura, nemica di ogni attività onesta e sensata e tornare a combattere come prima. L’uomo, da che è in terra, ha questo compito e non lo grazia nessuna istituzione che meriti rispetto. Può cadere in depressione mille volte. Il suo compito è rialzarsi e tornare a combattere finché ha respiro, perché a questo mira la vita finché essa è in corso.

Nell’intervista concessa dallo psichiatra a Huffpost, rintracciabile a questo link e dal titolo: “Si è rotto l’uomo paralizzato dalla paura”, c’è ad un certo punto, alla domanda : “Quale è la strada per uscire da questo labirinto?la risposta: “Bisogna riscoprire l’umanesimo… un’economia del fare bene… Ritrovare il senso dell’altro, non avere la cultura del nemico… Bisogna fare questa rivoluzione specifica dentro noi… L’uomo impaurito ha bisogno di credere nell’altro, di tornare a fidarsi…”.

Gae Sicari Ruffo

 IL LIBRO:

Homo incertus
Vittorino Andreoli

  • Rizzoli
  • Saggi
  • Data di uscita: 14/01/2020
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Gaetanina Sicari Ruffo
Gae(tanina) Sicari Ruffo è purtroppo venuta a mancare nel 2021. Viveva a Reggio Calabria. Già docente di Italiano, Latino e Storia, svolgeva attività giornalistica, collaborando con diverse riviste, tra cui Altritaliani di Parigi, Calabria sconosciuta e l’associazione Nuovo Umanesimo, movimento culturale calabrese. Si occupava di critica letteraria, storica e d’arte. Ha pubblicato i saggi Attualità della Filosofia di D.A. Cardone, in Utopia e Rivoluzione in Calabria (Pellegrini, 1992); La morte di Dio nella cultura del Novecento, in Il Santo e la Santità (Gangemi, 1993); La Congiura di Tommaso Campanella, in Quaderni di Nuovo Umanesimo (1995); Il Novecento nel segno della crisi, in Silarus (1996); Le donne e la memoria (Città del Sole Edizioni, 2006, Premio Omaggio alla Cultura di Villa San Giovanni); Il voto alle donne (Mond&Editori, 2009, Premio Internazionale Selezione Anguillara Sabazia). Suoi anche i testi narrativi Là dove l’ombra muore (racconti Premio Internazionale Nuove Lettere, 2010); Sotto le stelle (lulu.com, 2011); La fabbrica dei sogni (Biroccio, 2013); la raccolta di poesia Ascoltando il mare (Pungitopo, 2015).

1 COMMENTAIRE

  1. E’ vero, Gae Sicari Ruffo, in questa società di profonda crisi, ciò che più conta è la nostra volontà di superare la paura e di avere la forza per rialzarsi e combattere, finché si ha il dono della vita.
    Molto significativa la risposta finale…riscoprire l’umanesimo, un’economia del fare bene, ritrovare il senso dell’altro e tutto ciò deve partire da una maggiore consapevolezza interiore.
    La ringrazio, Gae Sicari Ruffo, per il buon articolo e per la presentazione del testo del nostro Vittorino Andreoli.
    Cordiali saluti
    Rosella Centanni

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