Bettino Craxi rinasce nel film ‘Hammamet’ di Gianni Amelio nei panni di un super Favino

Al cinema in Italia dal 9 gennaio 2020 – Speriamo di vederlo anche in Francia! La recensione di Andrea Curcione.

È da alcuni anni a questa parte che il cinema si è dedicato alle “mimesis-biopic”, cioè a quelle narrazioni biografiche dove gli attori principali si trasformano, grazie a maghi del trucco, in personaggi storici del presente e del passato. Lo abbiamo visto in “L’ora più buia” (2017) dove Gary Oldman ha impersonato – stazza compresa – il Primo Ministro britannico Winston Churchill, oppure l’attore Christian Bale in “Vice, l’uomo nell’ombra” (2018) nei panni del vicepresidente Usa Dick Cheney, e ancora in televisione, Russell Crowe trasformato nel grasso e pelato Roger Ailes, un potente boss della Fox News accusato di molestie sessuali che hanno posto fine alla sua carriera. Ormai non basta più solo il trucco e qualche somiglianza fisica (come ad esempio si vedrà in “Judy” di prossima uscita, che racconta gli ultimi anni della cantante e attrice Judy Garland, interpretata da una meravigliosa Renée Zelwegger) per dare vita a un personaggio del passato.

Anche in Italia qualcuno ha intrapreso questa strada. Ricordiamo soprattutto il regista Paolo Sorrentino con “Il divo” dedicato ad Andreotti e “Loro” su Berlusconi interpretati dal camaleontico attore Toni Servillo.

Adesso ci ha provato anche il regista Gianni Amelio, che non possiamo annoverare tra coloro che nei suoi film impegnati ha mai usato effetti speciali estremi, il quale ha girato “Hammamet” un’opera cinematografica tecnicamente complessa per due motivi. Il primo, per l’argomento politico e umano, dedicato alla figura dello statista socialista Bettino Craxi, visto nell’ultimo periodo del suo esilio nella località tunisina da cui prende il titolo il film. Il secondo, per l’impresa attoriale molto impegnativa di uno tra i più bravi attori italiani di questi anni, Pierfrancesco Favino, reduce da un’altra difficile pellicola come “Il traditore” di Marco Bellocchio, sulla vicenda del pentito di mafia Tommaso Buscetta.

Favino e Servillo sono attori eclettici, capaci di entrare nei personaggi che devono interpretare come in una seconda pelle. In questo caso Favino nel ruolo specifico di Craxi interpreta le movenze, la gestualità, gli sguardi a volte sfuggenti, a volte diretti, oltre gli occhiali da vista indossati dal politico, ma soprattutto replica alla perfezione la voce, cosa assai difficile per un attore, perché di solito è d’uso agli imitatori di spettacolo. E soprattutto c’è il lavoro di una formidabile squadra di operatori del “make-up”: Andrea Leanza, Federica Castelli e Massimiliano Duranti, che hanno sottoposto l’attore per ogni giorno di lavorazione a cinque ore e mezza di trucco per trasformarlo nel personaggio dal realismo perfetto. Non è una caricatura da Bagaglino quella che lo spettatore osserva; sembra invece come se Craxi fosse ancora vivo, e presente ancora lì, lontano, ad Hammamet, con la sua storia personale, le sue amarezze, e le sue ferite personali. Gianni Amelio in questo film lavora per quadri, momenti alcuni riusciti, altri meno.

Pierfrancesco Favino e Bettino Craxi

Il film inizia con il ragazzino Craxi, in collegio per il suo carattere irrequieto, che con una fionda rompe per dispetto alcuni vetri di una finestra. Cambia la scena. Craxi adulto, al culmine della sua carriera, mentre tiene il discorso durante il famoso congresso nell’ex fabbrica Ansaldo di Milano nel 1989, quello con la “piramide multimediale” ideata dall’artista Filippo Panseca. E’ in quel momento, al termine dell’evento, che si avvicina a lui un uomo inquieto, un suo amico e militante socialista della prima ora, Vincenzo (da accostare alla figura di Vincenzo Balzamo, interpretato dall’attore Giuseppe Cederna) che rappresenta chi amministrava le casse del partito. I tempi sono cambiati, i magistrati indagano sulla corruzione, ci sono strani movimenti e perquisizioni. Craxi, con la sua sicurezza afferma: “Non siamo l’unico partito che riceve finanziamenti. Anche la chiesa rifornisce i suoi”. L’amico allora gli risponde: “Ricordati che noi non siamo la chiesa. Siamo i cani in chiesa”. Cambia il quadro e l’azione si sposta in Tunisia dove l’uomo politico si è rifugiato prima del suo arresto, e dove gode della protezione del presidente Ben Alì. Qui vivrà gli ultimi suoi anni, in una grande villa con parco (il film è stato girato in parte all’interno della vera dimora) insieme ai suoi più stretti familiari: la moglie (Silvia Cohen) la figlia Anita (nella realtà è Stefania, interpretata da Livia Rossi) e il suo giovane nipote che porta sempre un cappello da garibaldino (il riferimento alla passione di Craxi per l’eroe dei due mondi) con qualche visita del figlio Bobo (Alberto Paradossi) con il quale ha un rapporto duro e distaccato.

Craxi – il cui nome non viene mai citato nel film – viene immaginato come un uomo di potere chiuso in una gabbia, un Napoleone in esilio a Sant’Elena, frustrato nei suoi ideali, circondato da nemici, e amici politici che lo hanno dimenticato. In altro modo, con altre immagini e sensazioni diverse, fa venire in mente la solitudine di un uomo di successo come Berlusconi nella sua villa isolata in Sardegna con l’immenso parco, come lo aveva rappresentato Sorrentino; la solitudine del potere. All’esterno, invece, gli italiani, gridano a Craxi: “ladro, dove hai nascosto il tesoro?”

Craxi viene immaginato come un uomo deluso, a volte stanco, malato, sofferente, insofferente, che un tempo aveva esercitato il potere di uomo di Stato (l’episodio di Sigonella raccontato dall’amato nipotino come un gioco sulla spiaggia) mentre ora può solo comandare ai familiari e alla servitù di cucinare della pasta (è sempre affamato e ingordo) o di fargli dei servizi domestici. Tra i vari momenti più sfumati c’è anche la visita in albergo alla sua amante (Claudia Gerini) la donna che gli rimase accanto negli ultimi anni, dove Craxi si dimostra dapprima orgoglioso, e poi fragile e insicuro; un momento debole e fugace nel film. Soprattutto, tra i vari quadri immaginati c’è l’incontro inatteso con il figlio dell’ormai defunto Vincenzo che rimarrà ospite per un certo periodo nella villa. Il giovane che porta con se il suo carico di odio e di vendetta per la morte del padre, ma anche di ricerca della verità, rappresenta la coscienza dello statista; su di lui Bettino sfogherà le sue frustrazioni e a lui racconterà i suoi tormenti. E c’è la breve visita di un suo amico, un uomo politico democristiano (Renato Carpentieri) suo avversario in anni precedenti, che lo consiglia di ritornare in Italia dove le cose per lui potevano anche cambiare.

Con il passare del tempo le condizioni di salute del politico si aggraveranno. La figlia insisterà perché il padre ritorni in Italia, dove avrebbe avuto delle cure migliori. Ma Craxi non vuole; è orgoglioso, coerente con le proprie ragioni, non desidera arrendersi e darla vinta a chi lo vorrebbe in galera. Intende far pesare alla giustizia e alla politica il fatto di averlo lasciato morire lontano, solo e abbandonato. Il resto sono quadri onirici: Craxi rivede l’anziano padre (ultimo “cameo” del grande Omero Antonutti) sui tetti del Duomo di Milano, quella “Milano da bere” da dove lui osserva la città che ha visto le sue glorie politiche. E poi una patetica messa in scena di uno spettacolino da teatro comico, dove lo statista, in sedia a rotelle, ormai malato, è affiancato da un dottore e un uomo travestito da infermiera (il duo comico Olcese e Margiotta) che dissacrano il “partito dei ladri”.

Amelio non punta ad una riabilitazione dell’uomo di stato, scomparso il 19 gennaio di vent’anni fa, ma al lato umano, in una maniera meno efficace dei lavori di Sorrentino, meno graffiante e più debole.  Qui viene descritto il declino politico che è anche fisico. Come altri partiti, così il PSI dopo di lui e dopo Tangentopoli, non sarà più lo stesso. “Hammamet”, pur risultando un film imperfetto nella sceneggiatura, con le musiche invadenti di Nicola Piovani, è comunque da vedere per riflettere e ricordare.

Andrea Curcione

Hammamet’ di Gianni Amelio
Interpreti: Pierfrancesco Favino, Livia Rossi, Luca Filippi, Silvia Cohen, Alberto Paradossi
Genere: Biografico.
(Id., Italia, 2020, 126’)

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Andrea Curcione
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all'Università Ca'Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare.

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