A proposito del Martin Eden di Pietro Marcello

Al cinema in Francia dal 16 ottobre (En savoir + en français)… Che il Martin Eden di Pietro Marcello avesse poco a che fare con quello di Jack London, lo sapevamo. Ci vogliono coraggio, creatività ed impegno per affondare le mani in un classico della letteratura, reinventarlo senza stravolgerlo, omaggiarlo e ricavarne una storia altra, che sta in piedi indipendentemente dal romanzo, anche se ad esso torna di continuo, come un fiume al mare.

Altritaliani

Tragico e pieno di grazia, il film ci conduce in una Napoli senza tempo, con molte immagini di repertorio che rappresentano suggestioni e nostalgie altrimenti indescrivibili. Martin (un abbagliante Luca Marinelli) è un giovane che viene dal nulla, quel nulla che in genere impedisce di sognare, di guardare oltre la fatica più nera, la fine della giornata. Quel nulla fatto di padroni e fame. Fa il marinaio per necessità, ma pure per vocazione. È lui stesso a dirlo: prende il largo per bisogno, e non solo di soldi. Si avvicina ai libri per conquistare Elena Orsini, una ragazza benestante, proveniente da una famiglia molto in vista. Finisce a casa sua dopo aver salvato il fratello da un pestaggio al porto e se ne invaghisce. Ignora che la distanza tra di loro non è solo una questione espressiva e che qualunque sforzo per ottenere la considerazione degli Orsini è una ritorsione, una corrente che lo rigetta indietro.

Inizia a leggere freneticamente, affamato di poesia, narrativa, saggi di economia e in questa esplorazione, in questa corsa verso il piedistallo di Elena, decide di diventare scrittore. Scrive e lavora, lavora e scrive, va a vivere fuori Napoli per risparmiare sull’affitto e concentrarsi sui racconti che prova a pubblicare sulle riviste. Martin sottovaluta che la cultura degli Orsini – acquisita senza troppi sforzi e quasi per diritto- è una roccaforte di interessi, il vessillo di uno status e non garanzia di libertà ed equità. Non può sapere che tutti quei libri, tutte quelle parole, sono suscettibili di interpretazione e che la famiglia nella quale vorrebbe essere accolto ne ha fatto recinti e gabbie mentali. Trascura anche che l’egoismo e l’avidità possono essere sentimenti accidentali in chi non patisce la fame e rinasce all’ora del party in giardino.

Martin si schiera per riflesso dalla parte dei deboli e dei generosi, fa a botte con gli egoisti ed i prepotenti e conosce le leggi della strada. È scanzonato, implacabile, capace di amicizia e riconoscenza. Scrive poesie, le ragazze lo corteggiano, le donne gli vogliono bene e lo proteggono, mentre lui è ossessionato da Elena, che gli propone più volte di abbandonare i suoi propositi utopistici e di lasciarsi guidare nella ricerca di un lavoro e nella costruzione di una posizione sociale.

 

 

La rottura con gli Orsini coincide con la sua realizzazione come autore, ed è una fatalità. La soddisfazione dei desideri di Martin è illusoria: la pubblicazione dei racconti e il successo non sono fonte di gioia. Viene aizzato nel cielo degli intellettuali, ottiene il lasciapassare per tutti i salotti ma entra in rotta di collisione con sé stesso. Quelli che lo disprezzavano e si prendevano gioco delle sue aspirazioni, della sua ambizione, lo riveriscono e ricercano la sua attenzione, Elena compresa. L’afflato della creatività, la trepidazione giovanile lasciano il posto alla disperazione che segue la ripugnanza: una noia che non avrebbe mai detto di poter provare e che alla fine gli pare inevitabile, dopo tanto vivere. Quello da cui è scappato è ciò che più gli manca ed è una sensazione schiacciante, irreversibile. Che cosa inseguiva Martin quando era ossessionato dal desiderio di pubblicare i suoi scritti e leggeva, leggeva? Il riverbero che aveva negli occhi si è spento e l’immagine di un altro sé lo tormenta.

Anche Pietro Marcello sceglie un finale tragico e ci affida un personaggio audace, libero, che ha voluto scalare le alture delle classi sociali a suon di letture, per ritrovarsi avvelenato da una consapevolezza che anni prima avrebbe schivato come una bugia.

Marina Bisogno

P.S.: «Martin Eden» di Pietro Marcello ha vinto anche al Toronto Film Festival 2019. Dopo la Coppa Volpi come Miglior attore protagonista a Luca Marinelli alla Mostra di Venezia 2019.

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Marina Bisogno
Cresciuta nella libreria di mio nonno, ho maturato una familiarità con i libri e le parole. Oggi leggo per ispirarmi e scrivo per esprimermi, entrambi i gesti fanno parte del mio modo di essere. Ho studiato Giurisprudenza a Napoli, ho fatto lavori diversi ma tutti afferenti il mondo delle idee, del diritto, dell’economia e della cultura. Ho la tessera di pubblicista (come mezza Italia), ho provato a vivere di giornalismo culturale ma non ci sono riuscita, in alcuni casi non me l’hanno permesso. Collaboro con due riviste, 'L’indipendente' e 'Cattedrale magazine'.

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