Nei cinema il film: Al cento per cento (À plein temps) di Eric Gravel

È il tempo a scandire la corsa di una lavoratrice, mamma sola in una metropoli, Parigi,  che investe ogni cosa sul suo consumo. È in sintesi il dramma dei nostri giorni girato benissimo dal regista francese Eric Gravel, al suo secondo lungometraggio. Il film è stato doppiamente premiato alla Mostra di Venezia nella sezione Orizzonti (ed è da poco uscito nelle sale in Italia come in Francia) a riprova della vivacità e della spiccata cifra narrativa messa in luce dal cinema francese al Lido di Venezia. Un film da non perdere!

Julie è una convincente Laure Calamy, quarantenne madre di due figli, alle spalle un matrimonio fallito con un (classico) ex marito che non paga in tempo gli alimenti. La donna svolge un lavoro stressante in un rinomato hotel parigino, ma coltiva ambizioni ben più elevate rispetto alle sue capacità e professionalità. Ma con lo stipendio a malapena ce la fa a mantenere la famiglia. Un equilibrio sempre precario, in bilico con il tempo, gli impegni in banca da eludere, e l’anziana signora che non ne può più di tenere i due piccoli oltre l’orario. Il quotidiano full-time scandito dai ritmi incalzanti di una musica elettronica da suspense.

Ogni giorno la sua sveglia ha il colore dell’alba: deve portare i suoi bambini alla signora anziana, mentre la macchina da presa la pedina nelle sue tensioni e sotterfugi: inquadrature in soggettiva e talvolta montaggi infranti. E si imbatte nel traffico e nelle paralisi dei trasporti a causa di scioperi che paralizzano per giorni la città. Tutto rema contro, come una esistenza combattuta a suon di spada e sorrisi mai ipocriti: sembra la risposta francese al femminile di un anonimo protagonista dei film di Ken Loach. Julie corre a piedi o su mezzi pubblici nel traffico del lungo tragitto che la porta dai sobborghi di Parigi. Vivere in città costerebbe troppo e intanto si offre con ogni espediente pur di riuscire ad essere puntuale su tutto ciò che la vita le impone.

Ma la direzione del lussuoso hotel presso cui è capocameriera non ammette scuse, e la minaccia di licenziamento, ma quello è l’unico lavoro che ha, mentre sarebbe qualificata per occuparsi di statistiche di marketing, lavoro che forse un giorno farà. La forza della protagonista ammanta di una esemplare drammaturgia ogni istante, sia esso disperato che di accettazione. Guarda alla finestra in un attimo di respiro mentre i bambini sono a letto. Pochi istanti. Poi tutto deve riprendere, in quella angoscia individuale che è anche collettiva. Julie non chiede sostegni né consolazione, la sua storia così ben tracciata da Gravel non ha pretese né intende impietosire. È una storia come altre, a noi vicine. Dei nostri giorni troppo colmi per chiamarsi vita.

Armando Lostaglio

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Armando Lostaglio
ARMANDO LOSTAGLIO iscritto all'Ordine dei Giornalisti di Basilicata; fondatore del CineClub Vittorio De Sica - Cinit di Rionero in Vulture nel 1994 con oltre 150 iscritti; promotore di altri cinecircoli Cinit, e di mostre di cinema per scuole, carceri, centri anziani; autore di testi di cinema: Sequenze (La Nuova del Sud, 2006); Schermi Riflessi (EditricErmes, 2011); autore dei docufilm: Albe dentro l'imbrunire (2012); Il genio contro - Guy Debord e il cinema nell'avangardia (2013); La strada meno battura - a cavallo sulla Via Herculia (2014); Il cinema e il Blues (2016); Il cinema e il brigantaggio (2017). Collaboratore di riviste e giornali: La Nuova del Sud, e web Altritaliani (Parigi), Cabiria, Francavillainforma; Tg7 Basilicata.

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