Y a-t-il un pilote dans l’avion-monde?

«I confini non possono essere ridisegnati dalla canna di una pistola», dichiara – in polemica con la Russia – il presidente Barak Obama a proposito della situazione in Ucraina. Senza entrare nel merito di quest’ultima, mi pare che l’inquilino della Casa Bianca abbia problemi di memoria. Dov’era negli Anni 90, quando l’intervento occidentale (in Italia c’era il governo D’Alema) forzava la Serbia ad accettare la secessione da parte del Kosovo ? Chi ha usato la forza in un recentissimo passato può perfettamente dire d’aver avuto ragione, ma non può – senza contraddirsi – esorcizzare in assoluto l’idea del ricorso alla forza.

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Il presidente Obama ha una concezione «creativa» della coerenza in politica estera. Un anno fa voleva assolutamente (insieme a Cameron e a Hollande) bombardare le forze siriane del presidente Assad e le città che si trovavano nelle loro mani, circostanza che avrebbe favorito l’avanzata (e magari la vittoria) dei «jihadisti», ossia degli adepti della «guerra santa islamica». Oggi interviene con i bombardamenti in Irak e potrebbe fare la stessa cosa in Siria per colpire proprio quei «jihadisti», di cui solo ieri era pronto a fare il gioco. Un anno fa Assad era presentato come il diavolo, oggi come il minore dei mali. Gli iraniani sono dipinti come mostri nei giorni pari e come «possibili partners di pace» in quelli dispari.

Del resto è proprio a causa di Obama (oltre che di Cameron e di Sarkozy) che la Nato ha colpito per mesi la Libia con i suoi aerei, consentendo così l’avanzata degli estremisti islamici libici, amici degli sgozzatori irakeni. Nel 2012 gli americani hanno fatto vincere i nemici di Gheddafi e nel 2014 non possono avere neanche un’ambasciata in Libia per la paura di farsi assediare, sequestrare, assassinare. Bel risultato ! I diplomatici di Obama seguono la Libia da Malta e dall’Egitto, mentre a Tripoli i «jihadisti» si esibiscono in una competizione di nuoti e tuffi nella piscina dell’ambasciata-fantasma dello zio Sam.

Per evitare malintesi, sottolineo per la seconda (e ultima) volta che non ho alcuna intenzione di esprimere giudizi su queste crisi in sé, ma voglio solo osservare le preoccupanti e pericolose contraddizioni della politica estera americana, di cui i beneficiari sono proprio i nemici giurati degli Stati Uniti (come appuno i «jihadisti» dell’Isis che sgozzano selvaggiamente ostaggi innocenti di fronte alle telecamere). Preciso anche che i cultori della «guerra santa islamica» sono detestati dalla stragrande maggioranza degli islamici del mondo intero, che non condividono affatto le loro posizioni politiche né le loro interpretazioni religiose.

C’è stato un tempo in cui il mondo era governato da due superpotenze. Poi una è implosa e l’altra si è trovata tra le mani un’enorme influenza politica, economica, ideologica e militare su scala planetaria. Tra il 9 novembre 1989 (caduta del Muro di Berlino) e l’11 settembre 2001 (caduta delle «Torri gemelle») è esistita una sola superpotenza, un’ «iperpotenza» come alcuni esperti l’hanno definita : gli Stati Uniti. La Russia contava ben poco, la Cina non era ancora abbastanza forte e l’Europa pensava (e continua a pensare) soprattutto a mettere un po’ d’ordine a casa propria. Oggi ci sono tante potenze abbastanza forti da alzare la voce ma non abbastanza da garantire un nuovo ordine internazionale. Invece di un nuovo ordine c’è un nuovo disordine. Oggi conosciamo una situazione inedita, in cui un mondo globalizzato sembra privo di una «governance» in grado di controllare e delimitare i focolai di crisi.

Les dirigeants de l'Otan réunis au sommet de Newport (Royaume-Uni), le 5 septembre 2014. (LEON NEAL / AFP)

Di guerre ce ne sono state tante (e sanguinosissime) anche all’epoca del bipolarismo, ma nei momenti ad altissimo rischio (come Suez, 1956) i piromani USA e URSS hanno sempre saputo trasformarsi in pompieri. Nell’aereo-mondo c’erano un pilota e un copilota. Dal 1989 al 2001 c’è stato un solo pilota, che magari seguiva traiettorie discutibili, ma che comunque non si addormentava mai ai comandi. Poi è venuto il periodo di Bush figlio, con la scommessa disastrosa della guerra in Irak che ha disorientato e decredibilizzato Washington (anche perché l’intervento è stato giustificato da false prove, esibite come oro colato alla stampa internazionale, che ha anch’essa qualche problema di memoria). Oggi la sensazione è che di piloti ce ne siano al tempo stesso troppi e nessuno. Dunque il pericolo aumenta. Noi speriamo che ce la caviamo.

Alberto Toscano

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Alberto Toscano
Alberto Toscano est docteur en Sciences politiques à l’Université de Milan, journaliste depuis 1975 et correspondant de la presse italienne à Paris depuis 1986. Ex-président de la Presse étrangère, il est l’un des journalistes étrangers les plus présents sur les chaînes radio-télé françaises. A partir de 1999, il anime à Paris le Club de la presse européenne. Parmi ses livres, ‘Sacrés Italiens’ (Armand Colin, 2014), ‘Gino Bartali, un vélo contre la barbarie nazie', 2018), 'Ti amo Francia : De Léonard de Vinci à Pierre Cardin, ces Italiens qui ont fait la France' (Paris, Armand Colin, 2019), Gli italiani che hanno fatto la Francia (Baldini-Castoldi, Milan, 2020), Mussolini, "Un homme à nous" : La France et la marche sur Rome, Paris (Armand Colin, 2022)

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