Tutto quello che volete sapere sull’ultima Mostra del Cinema di Venezia.

Si spengono le luci al Lido di Venezia. I premi assegnati alla 75esima Mostra, le polemiche, il successo di un evento che riesce ogni anno a rinnovarsi. Ecco un bilancio fondamentale di un Festival che non si è fatto mancare nulla, tantomeno i contrasti come per il Leone d’oro al film di Cuaròn prodotto dalla piattaforma televisiva e informatica Netflix. Ma ci dice tutto il nostro Andrea Curcione. Seguiranno altri articoli di approfondimento dei nostri inviati e corrispondenti.

Conclusa la 75 edizione della Mostra d’Arte Cinematografica del Lido di Venezia, possiamo fare un bilancio sulla rassegna. Innanzitutto va detto che il livello delle pellicole, in concorso nelle varie sezioni, è stato buono. Ormai è da diversi anni che la Mostra porta a Venezia – tranne qualche eccezione – film interessanti (merito dei selezionatori). Ovviamente è poi il giudizio delle Giurie che spariglia un po’ le carte agli spettatori: i critici e il pubblico. Comunque la squadra Paolo Baratta, presidente della Biennale e Alberto Barbera, direttore della Mostra del Cinema, sono riusciti nel corso di questi anni a rivitalizzare questo evento che ha portato alla ribalta internazionale pellicole che poi hanno avuto successo anche agli Oscar. Non solo; la Mostra nel corso degli anni è aumentata per il numero di accreditati e spettatori. Come ha riferito Baratta, quest’anno gli accreditati sono stati 8 mila con un aumento del 24 per cento, e i giornalisti presenti sono stati 3485 di cui 1248 di testate straniere. A tutto ciò ha contribuito il miglioramento delle sale per la visione (Sala Grande, Sala Darsena, Sala Perla e il cubo della Sala Giardino) che ha fatto aumentare la capienza e anche le migliorie delle zone circostanti le sale: l’ampio e moderno piazzale davanti al Casinò, le zone relax e la parte del “Garden”. Nonostante la presenza discreta ma consistente e visibile delle Forze dell’Ordine, non ci sono stati particolari intoppi; tutto è filato liscio. Così come il tempo atmosferico è stato abbastanza clemente (qualche pioggia sporadica con relativo abbassamento della temperatura) che non ha influito particolarmente sulle persone in fila per entrare nelle sale.

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Il Leone d’oro Alfonso Cuaron

Forse l’unica osservazione potrebbe derivare dalla durata troppo lunga di alcune pellicole e i numerosi lungometraggi da visionare; forse un numero un po’ ridotto di film favorirebbe una maggiore visione, però è solo un dettaglio. Anche l’innovazione da qualche anno dei video in Realtà Virtuale presentati presso l’Isola del Lazzaretto Vecchio di fronte al Lido è stato un successo: ben 10 mila presenze. Ciò ha permesso alla Mostra del Cinema di Venezia di ritornare in auge nel campo delle rassegne internazionali, mentre la Mostra di Cannes risente di alcune flessioni dovute ad alcune discutibili scelte organizzative: dalle proiezioni contemporanee per pubblico e accreditati per evitare le immediate recensioni positive/negative dovute ai blog e alle testate in rete, e l’esclusione di pellicole prodotte da imprese operanti nel settore distributivo via internet per pressione degli esercenti delle sale cinematografiche che contestano la non uscita in sala di alcuni film che passerebbero quindi direttamente nelle piattaforme online. Unica richiesta – rivolta in forma di cortese preghiera – fatta dalla Mostra del Cinema ai giornalisti e ai blogger delle testate in rete è stata quella di attendere di recensire le pellicole fino all’imminente proiezione ufficiale in sala. La richiesta è stata rispettata da quasi tutti i giornalisti.

La scelta degli organizzatori di Venezia invece è stata quella di non precludere questa nuova forma di produzione di film, inserendo nelle competizioni pellicole prodotte e distribuite da Netflix e Amazon, le principali piattaforme di film e telefilm in streaming. Ben cinque opere, tra cui “Roma” il film premiato con Leone d’Oro di Alfonso Cuaròn, “La ballata di Buster Scruggs” dei fratelli Coen “Sulla mia pelle” di Alessio Cremonini, oltre al film “ritrovato” di Orson Welles “The Other Side of the Wind” erano produzioni originali Netflix e ben due invece erano prodotti da Amazon: i film in concorso “Suspiria” di Luca Guadagnino e “Peterloo” di Mike Leigh.

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Leone alla carriera per David Cronenberg

Veniamo ora ai film premiati nella selezione ufficiale di Venezia 75.

Già dalla prima proiezione il secondo giorno della Mostra, il film di Alfonso Cuaròn “Roma” era stato apprezzato in sala. Il regista, sceneggiatore e produttore messicano che era arrivato per la prima volta al Lido nel 2001 con la pellicola “Y tu mamá también” e in seguito nel 2006 con “I figli degli uomini” e nel 2013 con “Gravity” (pellicola d’apertura) questa volta era in concorso e ha vinto il Leone d’Oro con un film semi-autobiografico e intimista ambientato nel “barrio” chiamato Roma di Città del Messico negli anni Settanta, dove il regista ha realmente vissuto con i suoi genitori e con la domestica Cloe (alla cui vera domestica di nome Libu ha dedicato il film), girato in uno stupendo bianco e nero. In “Roma” il regista pone anche in risalto la propria passione per il cinema; non a caso ci sono chiari riferimenti a ricordi cinematografici e allo stesso “Y tu mamá también”. Come dicevamo, la pellicola, che è costata impegno e denaro per realizzare un’ambientazione realistica della casa e del quartiere a Città del Messico, oltre ad alcune scene di massa con scontri tra manifestanti e forze dell’ordine, è prodotta e distribuita da Netflix. “Roma” per gli spettatori del Lido è stato un colpo di fulmine, però si era molto incerti se una giuria presieduta da un regista messicano come Guillermo del Toro, potesse assegnare il Leone d’Oro al film di un amico e collega connazionale. Invece il film è stato premiato dalla giuria e in questo non vi è stato nulla di scandaloso: al 90 per cento i giurati sono stati tutti concordi nel dargli il più importante riconoscimento.

Due riconoscimenti, il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria e la Coppa Volpi per la interpretazione femminile (all’attrice Olivia Colman) sono andati al film in costume “The Favourite” di Yorgos Lanthimos ambientato nell’Inghilterra del XVIII secolo in una storia densa di intrighi di corte tutti femminili. La giuria secondo noi ha abbondato con due premi. Non perché il film del regista di pellicole grottesche come “The Lobster” e “Il sacrificio del cervo sacro” non meritasse di vincere qualcosa, ma forse si poteva dare un riconoscimento a qualche altra pellicola rimasta esclusa e che citeremo in seguito.

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Leone alla regia per il francese Audiard

Ci sta tutto invece il Leone d’Argento – Premio per la migliore regia, al film western “The Sisters Brothers” del regista francese Jacques Audiard (“Il profeta”, “Un sapore di ruggine e ossa”, “Dheepan – Una nuova vita”) che si è cimentato con questo genere classico girato con attori americani in scenari montani europei che però sembrano davvero statunitensi. Il regista Audiard nel corso della conferenza stampa del suo film ha però polemizzato con la Mostra del Cinema sostenendo la tesi espressa in un articolo del quotidiano “Hollywood Reporter” nel quale si constatava che nella rassegna lidense vi fossero poche donne registe presenti con i loro film, quasi a indicare una forma di pregiudizio nei loro confronti. Audiard sfoggiava all’occhiello della giacca (così come l’attore John C. Reilly, protagonista e produttore del film) una spilletta con il numero “50/50” a sostegno della parità di genere a favore delle registe donna nel cinema. Tale polemica però non ha trovato d’accordo il direttore Barbera il quale ha chiuso subito l’argomento con la risposta: “I film si scelgono per la qualità intrinseca e non perché sono fatti da donne. I film brutti li fanno tutti – nell’Arte le quote rosa non hanno senso”.

E anche un altro western ha ottenuto il premio per la Migliore Sceneggiatura: “The Ballad of Buster Scruggs” dei fratelli Ethan e Joel Coen. I “brothers” di successo nel panorama cinematografico statunitense anche questa volta hanno calato il loro asso nella manica. Si sono ispirati alle vecchie e care storie dell’epopea del West e, immaginando un libro di racconti che porta il titolo del film, hanno sviluppato cinque storie (con uno omaggio a maestri del cinema del passato, da John Ford a Sergio Leone) alcune geniali, altre un po’ meno, lavorate con il gioco della sferzante ironia mescolata a uno humor nero. Il film prodotto da Netflix, nasce come un lavoro ad episodi, che forse finirà in tal modo nella piattaforma in rete, oppure no. Forse non uno dei lavori più memorabili della coppia di registi e forse il premio dato a loro è un po’ eccessivo per questo lavoro dalle connotazioni televisive.

La coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile è andata all’attore Willem Dafoe, per il ruolo del pittore olandese Vincent Van Gogh nel film di Julian Schnabel “At Eternity’s Gate”. Non è la prima volta che il regista Schnabel, a sua volta pittore, gira un film dedicato a un artista del pennello. Lo aveva già fatto con la sua prima opera “Basquiat” del 1996 dedicata alla biografia dell’artista newyorchese e presentata in quell’anno nella selezione ufficiale a Venezia. Adesso vengono raccontati gli ultimi anni della vita di questo genio olandese vissuto nella seconda metà dell’Ottocento e morto a soli 37 anni. A interpretarlo con intensità e impressionante rassomiglianza è l’attore dalla faccia solcata dalle mille rughe Willem Dafoe, anche se di anni lui ne ha 63; ma la differenza non si nota. Dafoe aveva interpretato anche Pierpaolo Pasolini nell’omonimo film di Abel Ferrara del 2014. L’attore ha ricordato che la prima volta che aveva partecipato alla Mostra di Venezia era stato trent’anni fa, quando aveva interpretato Gesù ne “L’ultima tentazione di Cristo” (1988) di Martin Scorsese.

Altri due premi sono andati a un’altra pellicola: “The Nightingale” della regista australiana Jennifer Kent, e rispettivamente il Premio Speciale della Giuria e il Premio Marcello Mastroianni rivolto a un giovane attore esordiente, l’attore Baykali Ganambarr. La giuria è stata fortemente impressionata dalla dura violenza del film, ambientato nel 1825 nelle selvagge terre della Tasmania, con protagonista una giovane detenuta irlandese (l’attrice Aisling Franciosi) che insieme alla sua guida aborigena (Ganambarr) darà la caccia a dei militari inglesi che hanno brutalmente ucciso la sua famiglia. L’unica regista donna in concorso ha ottenuto quindi con il suo film due riconoscimenti. Forse c’entra il segnale lanciato in questa mostra sulle pellicole dirette da registe donna, forse dietro c’è anche un gesto significativo per riportare alla luce i misfatti bianchi a scapito degli aborigeni locali nelle terre australiane e forse ha contribuito un gesto riparatore nei confronti della regista che durante la proiezione stampa, è stata oggetto di pesanti insulti a lei e al suo film da uno pseudo-giornalista accreditato in cerca di due minuti di attenzione, e al quale poi gli organizzatori hanno prontamente ritirato il pass. Tutto questo forse ha contribuito a premiare quest’opera che sicuramente è interessante, cruenta e forte, ma che non risulta avere una direzione registica particolare tale da giustificare due premi.

« Roma » di Alfonso Cuaron il Leone d’oro.

I tre film italiani in concorso sono rimasti a bocca asciutta.

Il film horror “Suspiria” di Luca Guadagnino è risultato deludente e non alle aspettative, con una seconda parte eccessivamente e assurdamente debordante, sebbene non fosse un “remake” del film di Dario Argento. Il documentario “What you gonna do when the worlds on fire?” di Roberto Minervini è un’interessante lavoro realizzato in un efficace bianco e nero dedicato ad alcune storie di afroamericani dove forse manca di spontaneità; tutto sembra un po’ costruito “ad hoc”. E infine “Capri-Revolution” di Mario Martone, racconta una storia particolare, ambientata nell’isola partenopea alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, con una comunità di artisti proto-hippies pacifisti che vivono alla ricerca della felicità e della venerazione della danza e della natura, in contrasto con la mentalità popolana degli isolani e della scienza positivista rappresentata dal giovane medico condotto. Ma quest’idea di porre in un luogo tali contraddizioni è risultata troppo debole da sviluppare registicamente e la pellicola non ha convinto, né i critici né evidentemente la giuria.

Altre pellicole nella selezione che invece erano degne di menzione, non sono state prese in considerazione.

Lasciamo stare il film di Damien Chazelle “First Man” che ha inaugurato la selezione e che è dedicato a Neil Armstrong il primo astronauta che ha messo piede sulla luna; pellicola realizzata con dispendio di mezzi e di sicuro successo al botteghino, ma non da concorso. Citiamo invece ad esempio la pellicola “Werk ohne Autor” del regista Florian Henckel von Donenrsmarck (“Le vite degli altri”), una storia famigliare ben girata ed ispirata a fatti realmente accaduti che abbraccia gli anni della Seconda Guerra Mondiale fino al muro di Berlino. Un film lungo (188’) ma di ampio respiro che si fa guardare. La pellicola è anche stata selezionata tra quelle straniere per gli Oscar. E ancora “Napszállta” (Sunset) del regista ungherese Lászlo Nemes (“Il figlio di Saul”) ambientato nella Budapest del 1913 tra attentati rivoluzionari, personaggi misteriosi, e alle porte la I Guerra Mondiale. Una pellicola girata in maniera frastornante e labirintica. Meritava forse un riconoscimento per la sceneggiatura la pellicola del regista Olivier Assayas “Doubles vies” che ha diretto una commedia dai toni ironici e brillanti con battute alla Woody Allen, ambientata nel mondo attuale degli scrittori e dell’editoria. Un film molto parlato ma che si fa seguire per la storia. Per ultimo, la pellicola del giapponese Shinya Tsukamoto (autore di film cult della serie di fantascienza “Tetsuo”) che con “Zan” (The Killing) ci riporta nel mondo dei samurai e dei Ronin, i guerrieri erranti, tra duelli, pericoli e paure. Il tutto girato con inquadrature nervose, mobili, particolari, che rendono la direzione registica molto personale moderna.

Migliore sceneggiatura ai fratelli Coen per: The Ballad of Buster Scruggs

Infine, anche se non era in concorso, ma ha inaugurato la sezione Orizzonti, vogliamo citare la pellicola italiana di Alessio Cremonini “Sulla mia pelle” che tanto interesse ha destato il primo giorno di proiezione al Lido. La storia è quella del giovane trentenne romano Stefano Cucchi morto in circostanze ancora non del tutto chiarite presso l’ospedale Sandro Pertini il 22 ottobre 2009, mentre si trovava in custodia cautelare. La pellicola con estrema attenzione e sensibilità ripercorre gli ultimi giorni del ragazzo, interpretato con altissima bravura dall’attore Alessandro Borghi in una trasformazione di corpo e di voce impressionanti. Un film anche questo targato “Netflix” e distribuito in Italia da Lucky Red; un vero pugno allo stomaco per una storia che non parteggia per nessuna posizione ma che fa davvero riflettere.

Andrea Curcione

 

#Venezia75 – Premi Ufficiali

VENEZIA.75 – CONCORSOpresidente Giuria: Guillermo del Toro

Leone d‘Oro miglior film 2018:

ALFONSO CUARÓN per ROMA

Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria:

THE FAVOURITE di Yorgos LANTHIMOS

Leone d’Argento – Premio per la migliore regia:

JACQUES AUDIARD per THE SISTERS BROTHERS

Coppa Volpi per la migliore interpretazione maschile:

WILLEM DAFOE per AT ETERNITY’S GATE di Julian SCHNABEL

Coppa Volpi per la migliore interpretazione femminile:

OLIVIA COLMAN per THE FAVOURITE di Yorgos LANTHIMOS

Premio per la migliore sceneggiatura:

THE BALLAD OF BUSTER SCRUGGS di Ethan COEN, Joel COEN

Premio Speciale della Giuria:

THE NIGHTINGALE di Jennifer KENT

Premio Marcello Mastroianni a un giovane attore o un’attrice esordiente:

BAYKALI GANAMBARR per THE NIGHTINGALE di Jennifer KENT

 

ORIZZONTI CONCORSO – Presidente Giuria: Athina Tsangari

Premio Orizzonti per il miglior film:

KRABEN RAHU (MANTA RAY) di Phuttiphong AROONPHENG

Premio Orizzonti per la migliore regia:

Emir BAIGAZIN per OZEN (THE RIVER)

Premio Speciale della Giuria Orizzonti:

ANONS (THE ANNOUNCEMENT) di Mahmut FAZIL COŞKUN

Premio Orizzonti per la migliore interpretazione maschile:

KAIS NASHIF per TEL AVIV ON FIRE di Sameh ZOABI

Premio Orizzonti per la migliore interpretazione femminile:

NATALYA KUDRYASHOVA per TCHELOVEK KOTORIJ UDIVIL VSEH (THE MAN WHO SURPRISED EVERYONE) di Natasha MERKULOVA,

Premio Orizzonti per la migliore sceneggiatura:

JINPA di Pema TSEDEN

Premio Orizzonti per il miglior cortometraggio:

KADO (A GIFT) di Aditya AHMAD

Migliore classico i Taviani con: La notte di San Lorenzo

 VENEZIA CLASSICI – Presidente: Salvatore Mereu

Premio Venezia Classici per il miglior film restaurato

LA NOTTE DI SAN LORENZO di Paolo e Vittorio TAVIANI (Italia, 107’, v.o. italiano s/t inglese)

Premio Venezia Classici per il miglior documentario sul cinema

VENEZIA CLASSICI – DOCUMENTARI

THE GREAT BUSTER di Peter BOGDANOVICH (USA , 102’ v.o. inglese s/t italiano)

Leone del Futuro – Premio Venezia Opera Prima “Luigi de Laurentiis”

YOM ADAATOU ZOULI (THE DAY I LOST MY SHADOW) di Soudade KAADAN

Leone d’Oro alla carriera 2018: Vanesa Redgrave, David Cronenberg

Jaeger-LeCoultre Glory to the Filmmaker Award 2018: Zhang Yimou

VENICE VIRTUAL REALITY – Presidente:  Susanne Bier

Miglior VR

SPHERES di Eliza MacNitt

Migliore Esperienza VR (per contenuto interattivo)

BUDDY VR di Chuck Chae

Migliore Storia VR (per contenuto lineare)

L’ILE DES MORTS di Benjamin Nuel

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Andrea Curcione
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all'Università Ca'Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare.

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