Le Rime di Vincenzo Montuori: ‘Nella Gabbia Dorata’

Nella rubrica Missione Poesia, presentiamo Vincenzo Montuori e le Rime della sua Gabbia Dorata, con le quali ci consegna un grande lascito: la poesia è un dono di cui chiunque può usufruire, condividendone quello che più sente a sé vicino. La forma è il mezzo con il quale questo tranfert avviene e, sicuramente, l’uso della rima che rende i testi musicali aiuta a entrare meglio nella dinamica empatica di cui, spesso, abbiamo bisogno.

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Vincenzo Montuori è nato nel 1953 a Napoli, dove si è laureato in lettere moderne con indirizzo filologico e, successivamente, in Filosofia del Linguaggio. Dagli anni Ottanta vive a Cremona dove insegna materie letterarie negli istituti superiori. Dal 1990 fa parte del gruppo de “gli Stagionali-poeti in Cremona” con i quali tiene letture poetiche.
Suoi racconti brevi sono apparsi su quotidiani e settimanali locali. Ha pubblicato nove volumi di poesie con i quali ha vinto alcuni premi letterari, tra cui il premio “Violetta di Soragna” per il 2006 e il premio “La Spezia – Golfo dei poeti” 2002 e 2008: L’altra faccia della luna (1991), Mutazioni (1995), Canti e discanti (2002), Passaggi di stato (2005), Amore di lontano (2008), Amore e disamore (2010), Autostrada del Sole (2011), Quattro variazioni alla maniera di Pessoa e Una lunga fedeltà (2013). Inoltre, ha pubblicato diversi testi su riviste con i quali ha vinto alcuni premi letterari tra cui il premio “Città di Corciano” e il premio “Città di Legnano- G. Tirinnanzi” per il 1996, il premio “Via Francigena” di Fidenza nel 2008, il XXXIX premio letterario “Casentino” nel 2014 fino al premio nazionale “Alpi Apuane” nel 2015. Nella gabbia dorata – Rime (1986-2016) è stato pubblicato da Book Editore nel 2019.

Conosco Vincenzo Montuori da tanti anni e di lui ho davvero molta stima. Basti dire che è stato uno dei primi due autori a inaugurare la rassegna di Un thè con la poesia, al Grand Hotel Majestic di Bologna, con la raccolta di testi “politici” Una lunga fedeltà, edita nella collana di poesia che all’epoca curavo, per la Casa Editrice Pendragon. E’ un autore schivo e defilato, che lavora duro sulla e per la poesia. Lo dimostrano i diversi e ben curati volumi editi, i Premi letterari vinti, e gli incontri che organizza nella sua adottiva città di Cremona. L’ho sempre pensato come una persona schietta, che dice quello che pensa senza mai essere offensivo; umile, pur avendo tutte le carte in regola per un’affermazione letteraria di tutto rispetto; generosa, ovvero che negli incontri organizzati negli anni ha sempre cercato di dare spazio alla poesia degli altri. Ho accolto con piacere, dunque, questo suo nuovo volume dove la poetica si interseca benissimo con l’uso delle forme retoriche che sono proprie della poesia stessa.

Nella gabbia dorata

Il titolo di quest’ultima fatica letteraria di Vincenzo Montuori potrebbe trarre in inganno, se non fosse per quella parola, Rime, sotto inserita. Non si tratta infatti di un titolo che deriva da chissà quali introversioni che attanagliano il poeta, o da una reminiscenza fiabesca o cavalleresca ma, vivaddio, dalla confessione di una scelta metrica che seppure ormai, ingiustamente, poco praticata, delinea subito la dimensione stilistica dell’autore. Un autore che ha lavorato parecchio per la poesia, utilizzando nel tempo varie tipologie di stili, e che ora decide di raccogliere in un unico volume le sue composizioni sul genere, cercando di farci capire quanta complessità ci sia nel dotarsi di una “gabbia” per la costruzione della rima nei testi poetici, e quanto sia stimolante per un poeta, al tempo stesso, la sua frequentazione per creare componimenti che non risultino banali risonanze musicali, ma siano il frutto di una costante attenzione ai contenuti trattati, così come alla ricerca linguistica. In questa logica i risultati possono essere davvero sorprendenti e Montuori ce ne dona ampie dimostrazioni nelle varie sezioni del libro, ampliando il concetto di rima vera e propria con quello delle assonanze a più livelli.

Così, sempre nel rispetto di questa dimensione stilistica che predilige, tra l’altro, le forme brevi, il lettore incontra le varie tematiche del libro che spaziano dalle molteplici sfaccettature dell’amore: sbocciavi nella tua grazia ingannevole/ come l’ombra lontana di una vela//ma il cuore mi si fece più arrendevole/della notte al silenzio che la vela,/quando mi sorprese un grido amorevole; alle riflessioni sul tempo: Stare appesi allo sgranare delle ore,/aspettando una voce, una chiamata/che dia un senso forse alla giornata,/per non sentire per un po’ il fragore//del silenzio costante che ci assedia; sul viaggio (Haiku): Sepolcro ombroso;/il viandante si ferma/-lieve il sospiro-/, sui luoghi del cuore rappresentati nella cornice fluviale del Po: solo il respiro ascoltavo del fiume/che l’ora segna assorta dell’estate/con la sica di una freschezza amica/fiorita dai sentieri del silenzio,/; sulla poesia stessa analizzata attraverso le metafore del ciclismo: in poesia non è necessario: scrivere è un misurarsi con sé stessi. Di particolare rilievo, per la forma metrica utilizzata, la sezione dal titolo Verità del silenzio, messa in evidenza anche dal prefatore Alessandro Fo, che scrive: “I ventuno waka della sezione… ne illustrano la ragione, quasi che Montuori si fosse arruolato con piglio ancora più oltranzista, sotto la bandiera di Giorgio Caproni, che ha più volte dichiarato come il suo ideale fosse una poesia di una parola sola. Secondo Montuori il poeta dovrebbe addirittura tendere al silenzio. Non in senso letterale (anche se pure questo bisticcio di contro-logica non sarebbe dispiaciuto sia al Caproni ‘ortònimo’ sia al Caproni del ‘controcaproni’). Si tratta di una aspirazione a un silenzio ‘a margine’, tensione a una misura ‘classicista’ di massima rappresentazione con il minimo dei mezzi espressivi.”

Ma, Montuori, si potrebbe osservare, è anche uno dei poeti che più utilizza l’espediente del correlativo oggettivo: gli oggetti hanno grande rilevanza nei suoi testi, assumono un valore di vita e verità, si immergono nei paesaggi, nelle attività, nei sentimenti dell’uomo come a richiamarne la sua attenzione alle cose che di quella vita e di quella verità fanno parte, diventandone elemento essenziale, essenza irrinunciabile, individuando quella poetica del quotidiano che si mischia con l’illimitato mondo che sta oltre l’umano pensiero e pesca magari dall’altrove sfuggendo al controllo, che si confronta con i grandi maestri classici in un continuo lavoro di mimesis che il lettore è chiamato a individuare.

Penso che con questa articolata e fondamentale opera Montuori abbia voluto consegnare al lettore un grande lascito che lo riguarda, ma che riguarda in fondo tutti noi: la poesia non può non interfacciarsi con il vissuto del poeta, non può non aprire varchi dentro e fuori di lui, non può non essere accolta e raccolta, e una volta fissata sulla carta è necessario che venga donata perché chiunque ne possa usufruire a piene mani, condividendone quello che più sente a sé vicino. La forma è il mezzo con il quale questo tranfert avviene e, sicuramente, l’uso della rima che rende i testi musicali e orecchiabili aiuta a entrare meglio nella dinamica empatica di cui, spesso, abbiamo bisogno.

Alcuni testi da: Nella gabbia dorata

I

Stare appesi allo sgranarsi delle ore,
aspettando una voce, una chiamata
che dia un senso forse alla giornata,
per non sentire per un po’ il fragore

del silenzio costante che ci assedia.
Alla porta porger l’orecchio attenti,
ad ogni contrattempo indifferenti,
spostandosi dall’una all’altra sedia,

finché risuona breve il campanello:
è la vicina che con titubanza
chiede: -Ha dimenticato questo ombrello?-

Con il poco self-control che ti avanza,
dici: -Il mio non è vecchio come quello-.
E rinnovi il tormento e la speranza

III

Sull’intonaco del muro compatto
ad incresparsi comincia una faglia;
a un fiacco rèfolo, una minutaglia
di calcina poi gli viene sottratta

Finché nella notte un rabido vento,
che ha tempestato per giorni instancabile,
ne precipita la scaglia piú labile,
ne rivela il friabile tormento

Lo scoloriscono poi le stagioni,
di rughe lo incidono come il vólto
di un vecchio fino a staccarne lastroni

Sta il muro solo, dal tempo intristito,
finché una gemma di sole dal folto
sboccia di nubi, e l’ha già rinverdito.

XX

E tutto quel fantasticare vago
di sconosciuti mondi irraggiungibili,
di passati estranei, di impossibili
futuri, l’imperscrutabile lago

dove perdere sé stessi ed il cuore
ingannare di aver sconfitto il tempo,
s’infrange contro l’incessante scempio
che torna, ogni volta, del disamore,

contro il limite greve della carne,
che ci parla con il suo acuto pungolo.
Di ogni definitezza a meno farne,

per affidarsi alla mutevolezza
del vento, delle foglie, delle nuvole,
posando in un’eterna incompiutezza.

****

Dicono la vecchiezza
che sia un vino sapido,
avendo la saggezza
di non fare l’oracolo
Invece, é un’insipienza incancrenita
spacciata per il sale della vita.

*****

La maglia rosa
 
Fu quando m’illuminò in volto il sole,
mi alleviò la miss con i suoi baci

di quella polverosa
giornata la fatica;
e con la sua mano amica
mi rivestì di rosa

E niente più tormenti
o dubbi; finalmente
paghi stare al presente.
Sperando si alimenti

un verso ancora sulle ali fugaci
del silenzio ad impollinar parole.

Cinzia Demi
Da Bologna

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Cinzia Demi
Cinzia Demi (Piombino - LI), lavora e vive a Bologna, dove ha conseguito la Laurea Magistrale in Italianistica. E’ operatrice culturale, poeta, scrittrice e saggista. Dirige insieme a Giancarlo Pontiggia la Collana di poesia under 40 Kleide per le Edizioni Minerva (Bologna). Cura per Altritaliani la rubrica “Missione poesia”. Tra le pubblicazioni: Incontriamoci all’Inferno. Parodia di fatti e personaggi della Divina Commedia di Dante Alighieri (Pendragon, 2007); Il tratto che ci unisce (Prova d’Autore, 2009); Incontri e Incantamenti (Raffaelli, 2012); Ero Maddalena e Maria e Gabriele. L’accoglienza delle madri (Puntoacapo , 2013 e 2015); Nel nome del mare (Carteggi Letterari, 2017). Ha curato diverse antologie, tra cui “Ritratti di Poeta” con oltre ottanta articoli di saggistica sulla poesia contemporanea (Puntooacapo, 2019). Suoi testi sono stati tradotti in inglese, rumeno, francese. E’ caporedattore della Rivista Trimestale Menabò (Terra d’Ulivi Edizioni). Tra gli artisti con cui ha lavorato figurano: Raoul Grassilli, Ivano Marescotti, Diego Bragonzi Bignami, Daniele Marchesini. E’ curatrice di eventi culturali, il più noto è “Un thè con la poesia”, ciclo di incontri con autori di poesia contemporanea, presso il Grand Hotel Majestic di Bologna.

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