Il 25 Aprile non è solo una ricorrenza

Vigilia della Festa della Liberazione. A Milano si gioca la semifinale di coppa Italia tra Milan e Lazio. Un gruppo di tifosi laziali, giunti a Piazzale Loreto, inneggia a Mussolini.

Oggi 25 Aprile è Festa nazionale. È la Festa della Liberazione dell’Italia dal nazi-fascismo, alle cerimonie ufficiali non parteciperanno gli esponenti leghisti del governo. La loro motivazione è che la festa del 25 Aprile non è importante: “Si tratta di un derby tra comunisti e fascisti, e pertanto non ci interessa”, usa termini tranchant il ministro degli interni Salvini nel giudicare quest’anniversario.

Da qualche tempo è ritornato in voga il dibattito sui fascismi e antifascismi vecchi e nuovi (tema che periodicamente si ripresenta). Un dibattito che molti, a torto, considerano superato dai tempi, non più attuale e finanche dannoso, perché servirebbe alla sinistra in particolare e alla democrazia in generale per celare le loro difficoltà di progetto e di comunicazione con i cittadini.

In realtà, credo che il fascismo e l’antifascismo, siano un tema storicamente irrisolto nel nostro paese. E l’avanzata del populismo, spesso rozzamente xenofobo, razzista e maschilista, ha fatto rialzare la testa a quella parte peggiore del nostro paese, quella parte che non si è mai davvero pacificata dopo l’esperienza del Ventennio.
Così, a quasi un secolo dall’avvento del fascismo, ci ritroviamo, ancora una volta, con questi esempi inquietanti, che fanno tuttavia presa nella nostra società.

Ne sono coinvolti diversi settori, da quello delle tifoserie calcistiche che sono arrivate ad esibire vessilli che richiamavano il fascismo, al dileggio macabro nei confronti dei supporters di squadre rivali, con tanto di esibizione di santini di Anna Frank in maglietta romanista, con il chiaro intento di dare degli “ebrei” ai tifosi giallorossi. L’ebreo per taluni è ancora ingiuria.

Casa Pound, neofascista che gode di appoggi anche in uffici pubblici, tanto da non essere sgombrata da alloggi vicini Roma Termini che occupa abusivamente e che arriva ad avere credito politico e mani libere nelle periferie tanto da condizionare lo stesso Comune di Roma, vedasi le recenti querelle sugli insediamenti di Rom in alcuni quartieri.

In questi ultimi anni si sono avuti una miriade di episodi che palesano come simpatizzanti fascisti, vecchi e nuovi, vi siano un po’ ovunque nel paese e basta leggere i social per vedere quante volte e come gli stessi procedano a braccetto con la Lega e il suo “comandante” Salvini. Il quale non ha perso tempo, nel conquistare il cuore nero del paese, facendosi fotografare alla vigilia di Pasqua con un mitra tra le mani, una sorta di Mussolini 2.0.

Si aggiunga il progetto di abolire la storia nelle scuole, togliendola da materia di esame, un ulteriore tentativo di sprofondare i già disorientati e poco coscienziosi italiani nella terra dell’oblio.
È in atto, insomma, un tentativo di ridurre la nostra democrazia, di stringerla sempre più in forme di autoritarismo, peraltro favorite anche da una crisi della politica che induce, sempre di più, la massa dei cittadini ad affidarsi supinamente all’uomo “forte” piuttosto che a validi e condivisi progetti politici. Si è colpevolmente tentati dall’affidare le chiavi del nostro futuro ad un presunto “Salvatore della Patria” più che alla forza delle idee, nel rispetto di quella che è la nostra architettura istituzionale che ha il suo punto di forza in una Costituzione riformabile, certamente da riformare, ma che offre indiscutibili garanzie di equilibrio e di rispetto dei sacri valori democratici. Una Costituzione che è sempre bene ricordare trova le sue fondamenta proprio nella lotta di resistenza conclusasi vittoriosamente il 25 aprile del 1945.

Il nodo tuttavia tra fascismo e antifascismo (che non è un derby tra comunisti e fascisti), non è stato mai sciolto e chiarito, perché purtroppo da un lato molti dei protagonisti del fascismo sono rimasti per tutta la vita ai loro posti nelle istituzioni, trovando spesso dimora proprio in quei partiti che il fascismo lo combatterono. Dall’altro lato, la nostra guerra di resistenza fu diversa da quella di altri paesi, penso alla Francia, alla ex Yugoslavia, oppure a chi fece resistenza in generale alle forze di occupazione tedesche, l’Italia non era un paese occupato, era un paese colpevole e complice della Germania nazista, avendone condiviso prima le leggi razziali e poi nel ’40, l’avventura bellica.
Certamente, la resistenza ebbe un valore differente dalla “semplice” liberazione nazionale che vi fu altrove, o meglio, a quella aspirazione si aggiungeva il desiderio di pace e di libertà dalla dittatura fascista e di ritorno alla democrazia e, immediatamente dopo, finanche di essere non più monarchia ma Repubblica.

Per troppo tempo si è coltivata la retorica immagine del 25 aprile come una generale insurrezione popolare contro l’occupante tedesco e i suoi galoppini fascisti, viceversa, dopo l’8 Settembre e poi la liberazione di Mussolini che era stato imprigionato a Campo Imperatore sul Gran Sasso, l’Italia ha vissuto una vera guerra civile che ha visto contrapposti da una parte i partigiani (che non erano solo comunisti) e dall’altra i repubblichini affianco ai nazisti con in mezzo una popolazione affamata, sfinita, terrorizzata e che in parte si divideva rancorosa per gli uni o per gli altri.

È del tutto evidente che le ragioni erano di chi voleva pace e libertà. È del tutto evidente che i morti sono morti sia se liberali che comunisti, cattolici o fascisti, ma è un errore enorme perseverare in un’idea che tende ad appiattire tutto (come si è pure fatto con alcuni libri di azzardato revisionismo storico, come, cito ad esempio, Il sangue dei vinti, di Giampaolo Pansa), colpevoli e innocenti, responsabili del disastro italiano con il Ventennio fascista con chi di quel disastro fu vittima.

Si è passati da un racconto che ha voluto nascondere la tragedia e la complessità di una guerra civile ad un altro racconto che ha voluto forzatamente ed in modo errato, banalizzare tutto finendo per confondere colpevoli ed innocenti, carnefici e vittime. Tutto questo senza mai risolvere il vero tema quello della pacificazione e di un corretto e condiviso racconto storico di quei terribili anni che hanno segnato la nostra vita tra le due guerre mondiali.

È anche vero che come per la Germania di Hitler anche nell’Italia di Mussolini, la gran parte del popolo fu per il dittatore e non per semplice paura, ma convintamente, ed è stata proprio la guerra e prima di allora le scelleratezze come le leggi razziali e poi le deportazioni come nel ghetto ebraico di Roma, che fecero insorgere in Italia una coscienza antifascista nel nostro popolo.

Una coscienza che poi non è stata coltivata abbastanza, specie nella seconda repubblica dove, con disinvoltura anche mediatica, si è sottovalutato quel fascismo che restava e resta ancora oggi pericolosamente sotto traccia.

Per questo, è davvero il caso di dire che il 25 aprile non è solo una ricorrenza ma una data della memoria, una memoria che va difesa nel nome della nostra, oggi più fragile, democrazia.

Nicola Guarino

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Per approfondire, dossier “Resistenza: storia, rappresentazione, immagine” – Sommario:

Resistenza. Storia, rappresentazione, immagine, di Gian Carlo Zanon
Letteratura e Resistenza – Beppe Fenoglio e la romanzofobia comunista, di Susanne Portmann
Letteratura e Resistenza – Elio Vittorini. Uomini e no: Resistenza e Ribellione di un uomo libero, di Marina Mancini
Letteratura e Resistenza – “Uomini e no” di Elio Vittorini: Ovvero l’adesione al momento politico, di Claudio Antonelli
Letteratura e Liberazione. Dopo il 25 aprile: i romanzi del ritorno, di Gian Carlo Zanon
Ora e sempre Resistenza. Fibre “resistenziali” nell’arte contemporanea italiana, di Anna Maria Panzera

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

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