Didattica e lingue classiche. Una proposta di riforma della Riforma.

Per celebrare il centenario della Riforma Gentile (la prima grande riforma della scuola a opera del Ministro dell’Istruzione Giovanni Gentile che divenne effettiva nel 1923) forse è opportuna una riflessione ilarotragica giacché par una ‘buona scuola’ sembra sempre più necessaria una riforma della Riforma.

Il libro, tra diario e racconto: Figlioli miei, marxisti immaginari, di Vittoria Ronchey (Rizzoli, 1975), è stato un successo, come pure altre esperienze di scrittura analoghe, riguardanti la scuola ed i suoi paradossi. E chi non ricorda  Io speriamo che me la cavo di Marcello d’Orta (1990), adattato al cinema da Lina Wertmüller ? Il titolo esprime già tutto.

Io però titolerei il mio libro sulla scuola: Alunni miei, classicisti immaginari. C’è infatti una bella differenza tra gli alunni del Sessantotto, i “marxisti immaginari”, e l’ignoranza pura e semplice. Il titolo però richiama la riforma Gentile e come il filosofo abbia collocato proprio all’apice dell’ordinamento le lettere classiche, requisiti importanti nella formazione dell’uomo occidentale. Ma hanno ragione di esistere ancora?

Con nostalgia penso a noi allievi di liceo che plaudevamo ai greci di Senofonte, quelli che nell’Anabasi, in vista del mare gridavano “Thalassa! Thalassa!” Ricordo questi episodi non per gusto di amenità o perché sono laudator temporis acti (ndr lodatore del tempo passato), bensì per calcare la distanza rispetto al nostro tempo, così lontano da eroismi, da attaccamento al territorio, così immerso in un gioco di apparenze, con i social.

Sì, occorre una riforma della riforma che interpreti i dati della realtà effettuale. Non si tratta soltanto di una riforma marginale che aiuti la valutazione, o che si muova alla riconquista del ruolo docente perduto.

Ricordate il meraviglioso testo intitolato La conquista della 5° C di Antonio Mosca?
La conquista della classe, nel racconto del Direttore del Corriere dei piccoli, passa per la vittoria sul moscone che entra dalla finestra. Essa significa la supremazia e la vittoria sulla classe di scalmanati indomabili, ma è impensabile che adesso si possa programmare una vittoria sui social. Non si tratta di una vittoria per abilità ma di un nemico più subdolo, che si nutre di apparenze e di falsi annunci.

E poi ci sono le lingue barbare per esprimerci in termini classici. La diversità delle lingue odierne con quelle classiche è fortissima ed incolmabile per cui costituisce un ostacolo all’apprendimento della lingua greca o latina. Greco e latino hanno alla loro base lo sviluppo delle operazioni mentali e la loro conoscenza implica la storia delle civiltà del passato.

“Sotto il velame” della lingua classica, c’è una visione dell’uomo straordinaria come il suggerimento del metodo per la sua formazione. Platone nella Repubblica conduce un parallelo tra il governo della mente e quello della polis, tra l’interiorità e la politica. Al centro, il sole della giustizia. Le virtù sono organizzate intorno ad esso. La giustizia è fare ciò che compete a ciascuno, ciò per cui ciascuno è adatto. Ta heautou prattein (n.d.r. letteralmente, occuparsi delle cose proprie). Questa frase che è un imperativo categorico, è comune alla morale, alla vita dello spirito ed alla politica. L’analogia tra i due sistemi è fondamentale. Senza la giustizia morale non c’è giustizia nella storia. Come poi la virtù fondamentale organizza gerarchicamente le altre virtù, allo stesso modo, anzi al contrario, agisce il vizio. Un vizio organizza tutti gli altri. Werner Jaeger in Paideia: the Ideals of Greek Culture  descrive ampiamente il testo di Repubblica al riguardo.
L’elemento interessante è che anche la polis ha un andamento organico. Lo stato di giustizia è quello in cui ognuno fa la parte che gli compete.

La conclusione?
Meglio escludere le lingue classiche anziché deturparle, meglio inserire nell’ordinamento elementi di civiltà e storia classiche a fianco dell’attualità e puntare sulla formazione morale in altro modo.

Carmelina Sicari

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Carmelina Sicari
Carmelina Sicari è stata Dirigente Scolastico del Liceo Classico di Melito Porto Salvo e dell'Istituto Magistrale di Reggio Calabria. Si occupa da tempo di letteratura contemporanea e di semiotica con opere su Pirandello e sull'Ariosto. Ha collaborato a molte riviste letterarie tra cui Studium, Persona, Dialoghi… Ha all'attivo numerose pubblicazioni su La canzone d'Aspromonte, Leopardi e il Novecento letterario. Continua a sostenere nel presente il Movimento culturale Nuovo Umanesimo di Reggio Calabria di cui è stata ideatrice.

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