Con la morte di Berlusconi è finita un’epoca.

Non l’abbiamo mai amato.

Noi di “Altritaliani”, associazione e giornale on-line nati nel 2009, non l’abbiamo mai amato, anzi, se qualcuno avesse la pazienza di ricercare nei nostri archivi i numerosi articoli del tempo, a firma del sottoscritto ma non solo, apparirebbe evidente che il cavaliere era percepito da noi come un nemico più che un avversario.

Lo stesso nome di Altritaliani, a parte il riferimento a quegli italiani dell’estero spesso dimenticati dalla madre patria, in un certo senso era l’espressione dell’avversione verso i suoi principi e i programmi, in cui la gran maggioranza degli italiani peraltro si ritrovavano. Noi no, e per questo ci definimmo italiani altri o meglio Altritaliani con la A maiuscola, un distinguo importante specie per noi all’estero che quotidianamente dovevamo sopportare i sorrisi ironici, le umilianti pacche sulle spalle dei nostri amici che ci ospitavano, guardandoci con una superiorità morale, come a dire: « Come fate ad avere un capo di governo così? »

Berlusconi fu per noi e per tanti altri italiani, un fenomeno culturale prima ancora che politico, il suo arrivo e il suo permanere per trent’anni ha trasformato e plastificato non solo la lingua italiana, ma anche i gusti, le aspirazioni dei cittadini. Forse anche per questo il fenomeno Berlusconi è stato in Italia come all’estero tema di diversi film, musical, oggetto di arte pop, finendo per rappresentare un’epoca. La sua uscita di scena crea un dopo che al momento si fatica ad immaginare.

Tuttavia, la sua fine, avvenuta in queste ore a ottantasei anni, ci impone un riesame della sua figura anche alla luce di questi ultimi anni che segnano il declino di idee e speranze a sinistra e il forte avanzare di una destra che oggi con Giorgia Meloni appare dominatrice assoluta della scena politica.

Berlusconi padre del populismo?

Si è detto che con la discesa in campo di Berlusconi si ha il battesimo del populismo. Credo che sia un’affermazione vera solo in parte, certamente il suo si può considerare un forte contributo al populismo di destra, specie con le sue banalizzazioni e semplificazioni del messaggio politico, proponendo un mondo a sua immagine e somiglianza dove sempre più contava la bellezza esteriore, il successo economico ad ogni costo, anche sorvolando su scrupoli etici, facendo arricciare sempre più il naso alle generazioni precedenti, specie tra quelli più coinvolti nelle battaglie ideologiche degli anni settanta; ammiccando alle nuove generazioni quelle degli anni novanta, orfani delle ideologie del secolo scorso, e disillusi dalle troppe traversie giudiziarie dei partiti che furono della “Prima Repubblica”. È indubbio che seppe meglio di chiunque altro capire il popolo che alle astrazioni politiche preferiva i concreti spot politici del cavaliere, semplici se non semplicistici. Un rapporto che seppe curare con un’immensa capacità comunicativa e con la propria tenacia e impegno di imprenditore fattosi dal nulla e che aveva costruito un impero economico ragguardevole che andava dall’edilizia, alle banche, dalle televisioni allo sport.

Tuttavia, il populismo di Berlusconi, figura amorale, non presenta quei tratti giustizialisti e moralisti che furono della Lega Nord di Bossi e poi con correzioni e modifiche della Lega di Salvini.

Tanto meno si può vedere nel cavaliere l’artefice di quello che sarà definito il populismo di sinistra che trae piuttosto origine, nei governi degli onesti proposti da un Berlinguer ormai in declino e poi semmai, con mille piroette e svolazzi, dal Movimento 5 Stelle e da Grillo che con i suoi Vaffa, reagiva proprio all’affermazione del “Berlusconismo”.

E già il “berlusconismo”. Il cavaliere, che considerava gli italiani un popolo di adolescenti, con i suoi modi comunicativi ha cambiato lo stesso lessico politico passando a terminologie pubblicitarie o calcistiche là dove ancora la sinistra faticava a liberarsi dal suo astratto politichese. Questo del linguaggio fu la vera carta vincente del cavaliere che adeguò la sua offerta politica (utilizzo un’espressione proprio dal suo vocabolario) ai sentimenti degli italiani e alle loro capacità di comprensione mentre gli altri partiti erano sempre più criptici nelle loro proposte.

Con Berlusconi si trasforma anche la democrazia italiana.

Ma il cavaliere non modificò solo il linguaggio ma anche il modo di fare spettacolo ed informazione, creando la politica spettacolo, con arene televisive dove i politici si trovavano a fianco a scosciatissime ragazze, a volte a fare numeri da show, cantando, ballando, in uno spettacolo assistemmo finanche ad un D’Alema che in prima serata preparava il risotto. Le sue proposte e progetti, con il suo stile di vita, rappresentato proprio dalle sue televisioni che rivoluzionarono il modo di fare spettacolo ed informazione, indussero anche la TV pubblica, la RAI ad abbandonare la sua dimensione pedagogica per divenire puro spettacolo e intrattenimento. Il suo essere vincente in politica come nello sport con il suo Milan allenato da Sacchi, contribuirono al neologismo: “berlusconismo” con il quale oggi non si indica più solo una modalità di vita ma anche un intero periodo della nostra storia.

A questo neologismo si contrappose l’antiberlusconismo creato dal PDS erede del PCI e da tutte le sue variazioni fino all’attuale PD. L’antiberlusconismo in realtà dimostrò tali limiti politici da risultare finanche vantaggioso per lo stesso cavaliere. Questo “anti” si riempiva di avversione morale se non moralista nei confronti dell’uomo di Arcore, rendendo ancora più antipatico quel sentimento di superiorità morale della sinistra (il suo eterno difetto) che spesso nelle urne ha più castigato che premiato. Troppo spesso a Forza Italia e i suoi alleati l’opposizione appariva a corto di idee confidando più nell’aiuto politico di inchieste, spesso inconcludenti, della magistratura, che nelle proprie idee politiche e nelle proprie proposte, magari finendo nel suo furore moralistico per criticare Forza Italia e il suo leader, non per la mancata realizzazione delle promesse elettorali fatte: “Meno tasse per tutti”, “Un milione di posti di lavoro in un anno”, bensì per il comportamento morale del suo leader spesso alla ricerca di compulsive avventure sessuali.

La vera novità della sua discesa in campo fu proprio il sovvertimento dell’organizzazione democratica dei partiti, un tempo sì con leader riconosciuti ma con linee programmatiche ed organizzative frutto di congressi e dibattiti interni, Berlusconi contrappone alle sezione politiche i clubs, alle bandiere i set con gadget, alle estenuanti assemblee dei circoli politici, un clima perennemente festaiolo e rilassato. Fu sempre il padre-padrone di Forza Italia, ma alla fine al suo stile politico si adeguarono tutti compresi i suoi avversari. C’era una volta il PD di Renzi, oggi c’è quello di Elly, ma comunque il partito e tutti i partiti sono identificati con il loro leader e non più per la loro visione del mondo o per i propri progetti politici.

La crisi della politica e Berlusconi.

Quelle del cavaliere furono promesse mai rispettate, ma del resto si fatica a trovare nella seconda repubblica partiti che abbiano rispettato i propri impegni ed anche questo spiega la attuale liquidità del panorama politico, dove si sale al trono e si precipita agli inferi in un batter di ciglia. Gli italiani non rispettati che, nel Far West di inchieste della magistratura, di leggi ad personam per salvare Silvio con il maggiore partito di opposizione, buono solo a gridare al perenne scandalo, hanno visto, nello stallo tra berlusconismo e antiberlusconismo, marcire la propria condizione sociale, mentre il mondo cambiava e si aveva davvero bisogno di innovazioni e riforme nel mondo produttivo e nel lavoro, di prendere atto delle novità della società, con l’affermarsi di nuove figure non solo del lavoro ma anche sociali. Purtroppo, sempre Berlusconi ha indotto tutti i politici a guardare ai sondaggi più che alle necessità del paese, una cosa che ha svilito la politica e reso i politi sempre più pavidi e insicuri nelle loro convinzioni.

Berlusconi non fu un liberale, piuttosto un liberista, non contribuì a slegare, come pure aveva promesso, il paese dalla morsa della burocrazia, aveva cercato scorciatoie che sarebbero servite non ad affermare il merito ma a favorire solo chi partiva da migliori rendite di posizioni, i soliti raccomandati che si fanno classe dirigente del Paese.

È fuori discussione che nel bene e nel male, a seconda dei gusti, Berlusconi ha rivoluzionato la politica italiana ed è stato a lungo in una perfetta sintonia con la gran parte dei cittadini. Ne sa qualcosa la “gioiosa macchina da guerra” di Occhetto che si vide scippare una vittoria elettorale storica e sicura, proprio da quella discesa in campo del cavaliere di appena due mesi prima delle elezioni. Va riconosciuta l’azione napoleonica del cavaliere.

Tony Servillo è Berlusconi nel film « Loro » di Paolo Sorrentino

Quella vittoria segnava non solo un ulteriore colpo alla sinistra ma era il sintomo più evidente di come il Bel Paese, finita la prima repubblica, con la scomparsa dei suoi maggiori partiti e tramontando il febbrile periodo di “Mani pulite”, si aprisse ad una seconda repubblica dove i cittadini non si riconoscevano più in ideologie finite, fallite, guardando solo i leader, al loro carisma e capacità e alla loro storia magari di successo.

L’eccesso divenne la cifra del berlusconismo, con ragazze e madri pronte a prostituire le figlie pur di avere un aiuto dal cavaliere, pur di accomodarsi nel luccicante mondo del successo, molte ragazze finirono per invidiare le “olgettine” protagoniste delle serate di divertimento del cavaliere.

Va anche ricordato che la furiosa macchina giudiziaria messa in campo contro di lui con ben trentaquattro inchieste, produsse in realtà una sola condanna verso Berlusconi che gli costò due anni di servizi sociali, da lì in poi l’ombra dell’uso politico della magistratura resterà sempre ad inquinare la politica italiana.

In conclusione, si può dire che se l’azione politica di Berlusconi nei contenuti è stata quasi nulla, priva di vere e profonde riforme, creando solo una stagnazione economica frutto anche del tedioso confronto tra berlusconismo e antiberlusconismo, viceversa, profonda è stata negli aspetti di organizzazione e comunicazione politica indubbiamente una rivoluzione copernicana nel bene e nel male, piaccia o no.

Ed ora?

L’ultimo Berlusconi nella coalizione della Meloni e Salvini è stato il garante di una Italia saldamente in Europa e atlantista, nei suoi alti e bassi, specie a causa dell’amico Putin, comunque è apparso come l’elemento di moderazione dell’attuale governo. La sua fine apre inquietanti domande sull’esistenza di Forza Italia e sulla conservazione essenziale di questo moderatismo che appare necessario specie nel contesto geopolitico in cui il Paese vive ed opera. Con la sua scomparsa lo scenario politico si prospetta pericolosamente con più ombre che luci.

Nicola Guarino

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Nicola Guarino
Nicola Guarino, nato ad Avellino nel 1958, ma sin dall’infanzia ha vissuto a Napoli. Giornalista, già collaboratore de L'Unità e della rivista Nord/Sud, avvocato, direttore di festival cinematografici ed esperto di linguaggio cinematografico. Oggi insegna alla Sorbona presso la facoltà di lingua e letteratura, fa parte del dipartimento di filologia romanza presso l'Università di Parigi 12 a Créteil. Attualmente vive a Parigi. E’ socio fondatore di Altritaliani.

4 Commentaires

  1. Mi ha sempre lasciato perplesso il cosiddetto « moderatismo » di Berlusconi: ma veramente si puo’ considerare « moderato » chi disse (scelgo a caso) che « chi vota a sinistra è un coglione » oppure « per diventare magistrati bisogna avere dei disturbi mentali »?

    • Caro Alessandro, le frasi di Berlusconi che ricordi, condivido con te, non hanno nulla di moderato. Ci sono da fare su questo tuo commento alcune riiflessioni. La prima è che il berlusconismo e l’antiberlusconismo hanno caratterizzato una stagione della politica italiana che tutto era tranne che moderata e ciò a mio avviso vale un po’ sia per la destra che per la sinistra (dare continuamente del fascista a qualunque politico sia conservatore non è segno di moderatismo). Il moderatismo nella politica di oggi è proprio il grande tema. Personalmente, credo che la perdita di consensi della politica e il conseguente astensionismo, sia in parte spiegabile proprio con la carenza di moderazione e non solo dei politici, basta leggere l’informazione o vedere un qualunque talk show per verificare come a gran parte dei giornalisti non interessi nulla il confronto politico, mentre interessa tantissimo lo scontro. Basti pensare all’atteggiamento di taluni magistrati militanti che si sono fatti autentici strumenti di battaglia politica finendo per increinare la stessa credibilità della giustizia (34 inchieste, ad esempio, contro Berlusconi e una sola condanna minore, obbligano, qualunque intellettuale, ad una riflessione) Peraltro anche i tentativi di Calenda e Renzi di creare una forza di centro moderata e i buoni propositi di ricostruire una cultura politica nel paese sembrano già naufragati. La seconda riflessione attiene alla liquidità persistente nella politica della seconda repubblica. Abbiamo assistito ad una Meloni che da convinta antieuropeista è diventata, ed era inevitabile che lo fosse per i vincoli esterni della geopolitica odierna, una convinta europeista, contrapponendosi finanche all’amico Orban, un secondo dopo aver formato il governo. Idem Berlusconi, ma esempi analoghi se ne possono fare anche con altre forze politiche, incluso il PD (ieri davo del populista ai cinque stelli e di amici dei fascisti della Lega, oggi li abbraccio come una forza credibile). Berlusconi della discesa in campo è evidentemente ben diverso dall’attuale che temeva Salvini e che non voleva uscire dall’Europa, in tal senso non si può non riconoscere all’ultimo Berlusconi e a Foza Italia di aver svolto nel centro destro un ruolo di moderazione, ruolo che peraltro sempre più sta assumendo la stessa Meloni.

    • Effettivamente, la parabola di Berlusconi è stata intralciata a lungo da una magistratura che si è fatta strumento politico di una sinistra che, incapace di proporre alternative alla demagogia berlusconiana, invece di contestarne i contenuti politici e soprattutto il mancato rispetto delle promesse fatte, già allora si perdeva in un moralismo e in un giustizialismo che finì solo per bloccare il paese. Sono gli anni del berlusconismo e dell’antiberlusconismo. Per cui del cavaliere resta il merito o demerito, a seconda dei gusti, delle innovative forme di comunicazione politica ma poco o niente sul piano delle riforme. L’unico del PD che accettò di contrastare Berlusconi sul piano dei contenuti fu Renzi con il suo 41% alle europee. Il quale peraltro essendo un’innovatore a sua volta finì per entrare in disgrazia nei confronti della nomenclatura del PD. Resta da notare che la crisi della sinistra italiana è tutta nell’incapacità di leggere il presente e di preparare il futuro. Una contraddizione, per una forza che si dice innovatrice e progressista, che fu sottolineata proprio dalla discesa in campo del cavaliere.

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