La transculture et ViceVersa

I’ve been living in Montreal for ten years, and it was so long, so short, so cold and warm. Je me souviens, et c’est si fort, so strong. Car Montréal, tout le monde le sait, quando arriva la primavera uno non fa in tempo ad essere contento che è già estate: ma la felicità rimane, insieme al caldo torrido e a un incredulo ricordo : qui, proprio qui, è esistito il freddo? esisterà ancora? (‘cause everyone knows too that winter over there is unbelievably cold, -30 degrees, everyone is a white bear, ou un pingouin, and it’s so fucking cold, il fait si fret, tabarnac…). Could you believe it? … pare impossibile. Ora è tiepido esplosivo caldo, ed è vita, e amore: con la gente che pulsa il senso, tutti i sensi, per le strade, ovunque. Come a New York, con la forza dell’Africa e la dolcezza di un’Olanda napoletana: e tutti sono belli. Soprattutto i meno belli, i vecchi, gli storpi, i grassi… Oui, pendant dix ans j’ai vécu à Montréal, e avevo anche una macchina… Si chiamava Rosina, e mi ha fatto credere che le aurore boreali portassero la felicità e che arrivare a Montréal da fuori, al tramonto, fosse un poco come arrivare a Manhattan.
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But here I am, si j’ai tellement aimé Montréal, p.Q., Canada, c’est surtout per via di ViceVersa, the transcultural magazine, which was published bimonthly. Perché laggiù, nella terra di tutti e di nessuno, quella lingua soprattutto si parla, insieme – ça va de soi – al francese: ma non le autorevoli lingue che nutrono, a colpi di asfittiche battaglie fra pionieri, le due diverse retoriche nazionalistico-religiose (our ancestors, the British, we are protestant / nos ancêtres les Français, nous sommes catholiques…), magari per convogliare (retorica nazionalista anche quella, sia pur meno asfissiante) nell’apologia dei due popoli fondatori… No, parlo dell’inglese e del francese fatti con diversi, e tutti forti accenti; ed insieme a pezzi di altre lingue mischiate, accentate, mozzicate, come si mischiano e si scambiano, si cambiano, vorrebbero farlo (mais parfois non), le diverse culture che compongono il mosaico canadese. E appunto, di questo mosaico, nel senso di una straordinaria, magica utopia, ViceVersa ha incarnato – e incarna ancora, per tutti quelli che l’hanno incontrata – la parte più forte, più rivoluzionaria, più dolcemente pazza. Utopicamente, è stata la nascita, la scoperta e l’affermazione di uno spirito: soprattutto, una straordinaria avventura umana, collettiva. En ella, por ella, hemos sido felizes.

Hemos… perché anch’io, anche se per poco tempo, e sul finire, ho incrociato quell’avventura, negli anni novanta, e vi ho partecipato un poco, ricevendone tantissimo. Et d’emblée, un riconoscimento dovuto: quando con l’amico Nicola Guarino abbiamo per la prima volta disegnato insieme il progetto di “Altritaliani”, è a ViceVersa, molto, che ho pensato, e a quel che mi è sembrato di capire in quegli anni di speranze e libertà.

La_transculture_et_vice_versa_1_web.jpgE oggi, con piacere, respiro di nuovo il profumo di fantasiosa rivolta di quella expérience éditoriale singulière, “qui marqua durablement ceux qui, de près ou de loin, y ont été associés”, leggendo l’agile (agilissimo, si divora…) volumetto edito da Tryptique (Montréal, Canada), nel 2010 – appunto, semplicemente: La transculture et ViceVersa. Perché d’altro non si tratta che della rielaborazione degli atti di un colloquio, tenutosi dal 28 febbraio al 2 marzo 2007 all’Università Concordia, sempre a Montréal (da notare che a volte la scrivo con un accento acuto sulla ‘e’, altre senza: fa anche questa parte du transcultural trip) — per i curiosi, e per la cronaca: la “rielaborazione” è avvenuta sous la direction de Fulvio Caccia, avec Lamberto Tassinari et Bruno Ramirez, che non a caso sono stati gli istigatori e quindi les bâtisseurs dell’intero progetto ViceVersa, soprattutto i primi due: et encore plus surtout – il faut le dire – di Lamberto, soprattutto da quando Fulvio ha emigrato di nuovo in senso inverso, dall’America all’Europa, proprio qui a Parigi). E del colloquio, o meglio, di quell’explosive rencontre, queste pagine mantengono tutta la fresca vitalità. Mi sono chiesto, ovviamente, se fossero parlanti anche per il lettore comune, per il lettore cioè che non abbia legami di amicizia personale con i membri della troupe ViceVersa – e da subito (con successiva conferma, dopo un più approfondito esame) mi sono risposto: si’ — perché la disordinata – nel senso della vita – originalità della testimonianza è contagiosa.

Cosa dire dunque dei contenuti, e della transcultura ? Niente: preferisco rinviare senz’altro al libro stesso, che si potrà acquistare, a un prezzo “sostenitore” (29€), o anche semplicemente sfogliare, à la Librairie du Québec, à Paris, au 30 rue Gay Lussac (elle vaut en soi le détour…) ; e anche, agli archivi della rivista, che si potranno consultare entro la fine del 2010 sul sito www.eurocanada.info

Aggiungerò invece ancora qualcosa su quel profumo di gioiosa rivolta, completamente, meravigliosamente “gratuita” (personne n’a jamais gagné un seul centime avec cette aventure — est-ce peut-être aussi pour cela qu’elle est allée si loin? qu’elle a marqué profondément tous ceux qui de près ou de loin y ont participé?). Ricordando, ad esempio, di quando – sempre in viaggio fra le nostre città laggiù più amate, il “triangolo” : Montréal, New York, Toronto – ci si poteva dare appuntamento non lontani dal vecchio porto, a Montréal, la domenica mattina alle 9 (perché era l’unico momento disponibile per tutti) con Lamberto, Karim, Dulcinée, Donald, Isabelle, William, Myriam…, et j’en passe,
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una grande cesta piena di cornetti, thermos di thé e caffè, per discutere del numero in preparazione, ma anche di altri progetti connessi. Parlavamo, con le mani e con i piedi, inglese e francese, appunto, y tambien español, e un po’ di greco, con una spruzzata di yiddish ed arabo, version Kabylie, anche mescolandoli, ovviamente, con il castelfiorentinese, il siciliano, il veneto — that’s to say italian, which was the mother language of many of us. Ma nessuna di tali gentili lingue del mondo, impastate insieme, intrecciate in gradi diversi, aveva il primato su un’altra, e solo la necessità della comunicazione, e il gioco, facevano decidere di volta in volta quale sarebbe stata pronunciata. Questo, per poi scrivere, aprendoci al pubblico essenzialmente nord-americano, soprattutto in inglese e francese. Perché non pensavamo di essere altri Québecois/ Canadians/ Mexicans/ Italiani, or whatever… Eravamo, volevamo essere Altri e basta.

Mercigrazieefkaristodankethankyouobrigadograciastodarabashoukran, les amis, grazie y hasta pronto Lamberto, Karim, Fulvio, and all the others.

Giuseppe A. Samonà

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Giuseppe A. Samonà
Giuseppe A. Samonà, dottorato in storia delle religioni, ha pubblicato studi sul Vicino Oriente antico e sull’America indiana al tempo della Conquista. 'Quelle cose scomparse, parole' (Ilisso, 2004, con postfazione di Filippo La Porta) è la sua prima opera di narrativa. Fa parte de 'La terra della prosa', antologia di narratori italiani degli anni Zero a cura di Andrea Cortellessa (L’Orma 2014). 'I fannulloni nella valle fertile', di Albert Cossery, è la sua ultima traduzione dal francese (Einaudi 2016, con un saggio introduttivo). È stato cofondatore di Altritaliani, ed è codirettore della rivista transculturale 'ViceVersa'. Ha vissuto e insegnato a Roma, New York, Montréal e Parigi, dove vive e insegna attualmente. Non ha mai vissuto a Buenos Aires, né a Montevideo – ma sogna un giorno di poterlo fare.

2 Commentaires

  1. La transculture et ViceVersa
    Voilà quelqu’un che ha fatto prima di me, c’est qqch qui me trotte en tête depuis pas mal de temps, This is something absolutely normal for me y ademàs creo che ya somos muchisimos los que piensan en mas idiomas Personnellement je suis pour !

    Silvia Guzzi sur Altritaliani Facebook

  2. La transculture et ViceVersa
    Je tenais à vous remercier d’avoir publié le remarquable compte-rendu de Giuseppe Samonà. Il a su rendre dans une langue joycienne , le Joyce de Trieste, bien sûr, voire « gaddienne » l’esprit de cette revue.

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