Campania infelix – Il sud dimenticato

Le cifre sono terribili, parlano da sole con le loro contraddizioni, e pongono per l’ennesima volta il problema: ma come fa a sopravvivere? Stiamo parlando della Campania, la regione che accoglie il numero più alto di immigrati, addirittura la metà di tutti quelli presenti nel Sud italiano, ovvero oltre 100mila persone provenienti da 150 nazioni diverse. E’ la regione che ha il più alto indice di disoccupazione e non occupazione, condizione in cui si trova il 60% della popolazione in età lavorativa, visto che il tasso di occupazione arriva appena al 40,8% (la media italiana è il 57,5%).

La Campania viene superata ampiamente dalla vicina Puglia, che registra il 45% di occupazione. C’è un altro superamento da brivido: in Campania l’indice di criminalità violenta arriva al 38%, in Puglia al 17,5%, nell’intero Sud al 21%, la media nazionale è del 21%.

Napolicopie.jpg

L’interrogativo iniziale indirizza a una ovvia considerazione: se ospita e fa sopravvivere l’esercito di immigrati, di disoccupati, di cassintegrati, di precari, questo è sicuramente un territorio unico al mondo per ricchezza di risorse. Anche l’alto indice di criminalità, in definitiva, lo conferma: la malavita, organizzata e non, evita accuratamente le lande desolate da povertà e carestie, si insedia e si espande dove è possibile intercettare flussi di denaro. In Campania, la malavita organizzatissima non si è accontentata di sotterrare veleni italiani ed esteri nelle terre un tempo fertili, nei pascoli e nei pozzi, ma si è inserita anche in quelle pratiche che dovevano essere “virtuose” se non altro perché affidate a funzionari pubblici, al fine di costruire inceneritori, depuratori, impianti di riciclaggio, smaltire le montagne accumulate e bonificare i territori avvelenati.

Primo esempio. Il capo del famigerato e sanguinario “clan dei casalesi”, ricercato perché condannato a vari ergastoli ma sempre introvabile, partecipò a una riunione in cui si discuteva sulla costruzione, già approvata, di un inceneritore di rifiuti nella zona in cui il suo clan controlla la gran parte di aziende per la produzione della mozzarella, che sarebbero state danneggiate. Il capo malavitoso, presentatosi in compagnia di un appartenente ai servizi segreti, chiese – allo Stato e alla Regione – una adeguata contropartita. L’inceneritore poi non s’è fatto.

Secondo esempio: ai primi di febbraio gran scalpore per l’arresto di funzionari tecnici della Regione e del Ministero per l’Ambiente, accusati – e lo hanno ammesso – di aver mandato per mesi in mare, proprio nell’azzurro e famoso mare della costa a nord di Napoli, molte tonnellate di velenosissimi e infetti liquidi provenienti dalle discariche d’emergenza. Si sono giustificati dicendo che non avevano avuto scelta, fra i campi coltivati e il mare hanno scelto quest’ultimo, perché i depuratori non funzionavano.

Infatti, spettava a loro farli funzionare.

Eleonora Puntillo

Article précédentVitaliano Trevisan, I quindicimila passi – Un resoconto
Article suivantARTE présente « De Garibaldi à Berlusconi »-150 ans d’histoire de l’Italie