Appunto di Alberto Toscano. Unire e rassicurare: un’estate complicata per il presidente Macron.

Parigi, 21 luglio 2023. È un’estate davvero complicata per Emmanuel Macron quella che precede, esattamente di un anno, la grande avventura dei Giochi olimpici del 2024. Sperava in una tranquilla discesa di cento giorni, dopo le polemiche sulla riforma pensionistica. Ha invece dovuto far fronte alla “settimana di fuoco” delle banlieues e su polemiche di varia natura sull’efficacia dell’azione governativa. Poi ha lanciato un segnale di cambiamento col rimpasto di governo del 20 luglio.

Le decisioni di fondo sono presto dette: conferma di Elisabeth Borne sulla poltrona di primo ministro e licenziamento dei personaggi che erano stati presentati l’anno scorso come “espressione della società civile”. Salgono politici di mestiere e tecnnocrati. Hanno più spazio i trentenni super-macronisti. I puri e duri rappresentati dal rampantissimo Gabriel Attal, che rimpiazza Pap Ndiaye alla testa del dicastero chiave dell’Educazione nazionale. Non si può certo dire che il test di Ndiaye, proiettato nelle alte sfere del potere come esponente di una Francia pronta ad aprirsi e a trasformarsi, abbia dato grandi risultati.

Fatto il rimpasto, restano i problemi e gli oroscopi allarmanti per la politica francese (non certo solo francese) nel prossimo autunno. Francia, Germania, Spagna (una Spagna che va al voto domenica in un contesto molto incerto) e Italia rischiano di avere di fronte a sé una stagione molto difficile nella politica interna, nell’economia e nelle relazioni internazionali.

Nel caso della Francia vale la pena di riflettere sulle ultime vicende che ne hanno scosso la società.
Da un lato Macron è riuscito ad approfittare della settimana della festa nazionale per migliorare la propria immagine interna e internazionale. Dall’altro è chiaro che il (relativamente) tranquillo 14 luglio non basta certo a cancellare il ricordo della “settimana di fuoco” delle banlieues (a cavallo tra giugno e luglio). Il 14 luglio francese ha avuto anche un aspetto di politica internazionale. Mentre settantamila persone brindavano dalle parti della Tour Eiffel nella “notte della Bastiglia”, il leader indiano Narendra Modi banchettava al Louvre con Macron dopo essere stato (in mattinata) l’ospite d’onore alla tradizionale parata militare lungo i Champs-Elysées.
Come dire che la Francia cerca di rappacificarsi al proprio interno e di mostrarsi al tempo stesso un grande protagonista delle dinamiche internazionali. L’intreccio tra questi due elementi è molto concreto. La stabilità interna passa per l’economia e in questo momento l’industria francese è molto efficace in quattro campi: agroalimentare, moda, aerospaziale, armamenti. Dimenticando le divergenze con Parigi a proposito dell’Ucraina, Modi ha portato con sé il libretto degli assegni. C’è ormai un accordo di principio per l’acquisto da parte dell’India di 26 caccia francesi Rafale (il gioiello di Dassault) e di tre sottomarini. Un vero business miliardario, che fa seguito alle commesse indiane ad Airbus.

Passate senza danno (e persino con qualche beneficio) le notti di metà luglio, Macron deve ancora sanare le piaghe di altre notti – davvero terribili – seguite alla morte del diciassettenne Nahel (ucciso da un poliziotto a Nanterre per aver tentato di fuggire da un posto di blocco). Se vuol rilanciare il suo secondo mandato all’Eliseo, il presidente deve dare l’impressione di voltar pagina dopo la lunga crisi della riforma pensionistica e la violentissima fiammata di protesta. Deve convincere i connazionali che la “République française” rispetta e protegge tutti i suoi figli: da chi protesta perché si considera abbandonato dalle istituzioni a chi impreca perché pensa di vivere nell’insicurezza; da chi inveisce contro la polizia a chi chiede più polizia. Dopo anni di gilets gialli, di Covid, di inflazione, di manifestazioni anti-riforma delle pensioni, di violenze e di polemiche, il presidente non può che concepire questo periodo di mezza estate come vera opportunità per rilanciare la coesione nazionale. La sua Bastiglia 2023 si riassume in due parole: unire e rassicurare.

Il bilancio di violenze dei giorni a cavallo tra giugno e luglio, dopo la morte di Nahel a Nanterre, è impressionante. I fermati sono stati 3.693 e 1.122 di loro sono stati deferiti all’autorità giudiziaria. Si tratta soprattutto di giovanissimi, provenienti da quelle stesse banlieues in cui era esplosa la rivolta (tre settimane) del dicembre 1995 dopo la morte di due giovani intenti a sfuggire alla polizia. Fin dagli anni Novanta, gli investimenti pubblici nelle banlieues sono aumentati in modo rilevante. Eppure una parte delle devastazioni dei giorni scorsi ha riguardato proprio quegli edifici (biblioteche, scuole e centri ricreativi) che mostravano la presenza dello Stato nelle periferie urbane. Lo stesso si può dire degli attacchi ai municipi e ai sindaci, talvolta aggrediti con particolare violenza.

Se la scintilla della rivolta è chiara (la morte di Nahel a seguito del colpo sparato da un agente di polizia), il cocktail esplosivo che l’ha resa tanto devastante è complesso e rifugge le spiegazioni semplicistiche. La ricerca delle “identità” e delle origini, praticata da famiglie che potrebbero sentirsi unite dalla comune nazionalità francese, anima le polemiche e talvolta le violenze. Una generazione di giovanissimi sbandiera i discorsi “identitari” contrapponendosi ad altri discori identitari, fatti in primo luogo dall’estrema destra di Zemmour. Ci sono poi le ragioni economiche della protesta. Lo sviluppo non è lo stesso in ogni regione e all’interno di ogni area urbana. La rivolta dei gilets gialli prima e quelle delle “banlieues” adesso sono anche un rivelatore dei problemi di chi vive in zone oggettivamente disagiate. Il malcontento cerca bandiere e ne trova d’ogni colore. La rivolta dei gilets gialli ha favorito elettoralmente Marine Le Pen. A sua volta, Jean-Luc Mélenchon sta cercando di cavalcare la tigre delle banlieues, ma la reazione dell’opinione pubblica alle violenze potrebbe portare (una volta di più) acqua al mulino lepenista.

Resta il fatto che l’estrema violenza dell’ultima rivolta può difficilmente spiegarsi solo con elementi identitari, economici e sociali. Ha probabilmente pesato anche l’atmosfera di malcontento e di frustrazione dell’opinione pubblica per il modo in cui il presidente Macron ha fatto passare una riforma importante come quella delle pensioni, il cui testo non è mai stato votato dall’Assemblea nazionale.

L’Appunto di A Toscano

Macron e il governo della prima ministra Elisabeth Borne hanno ottenuto risultati di rilievo in campo economico. Ma nell’opinione pubblica è il senso di preoccupazione a prevalere, col risultato che il paese sembra prigioniero di un paradosso: da un lato tutti sembrano aver voglia di “cambiamento” e dall’altro tutti sembrano diffidare delle riforme. In questo contesto si inseriscono le difficoltà oggettive del presidente Macron, che nel suo primo mandato (2017-2022) poteva contare sulla maggioranza assoluta dei deputati, mentre adesso ha solo la maggioranza relativa. In un altro paese i partiti a lui fedeli avrebbero negoziato un accordo di governo con un’altra formazione politica (in questo caso  il centrodestra neogollista dei Républicains). L’Eliseo ha invece scommesso sulle prerogative derivanti dalla Costituzione “presidenzialista alla francese”. Ma questo non basta, se alla fine la società si sente disorientata dai suoi stessi rappresentanti. La rendita di posizione dell’Eliseo sta nel fatto che (a destra come a sinistra) le opposizioni più forti sono oggi le più estreme, per cui difficilmente potranno accedere al potere. È vero, ma non è rassicurante.

Alberto Toscano

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Alberto Toscano
Alberto Toscano est docteur en Sciences politiques à l’Université de Milan, journaliste depuis 1975 et correspondant de la presse italienne à Paris depuis 1986. Ex-président de la Presse étrangère, il est l’un des journalistes étrangers les plus présents sur les chaînes radio-télé françaises. A partir de 1999, il anime à Paris le Club de la presse européenne. Parmi ses livres, ‘Sacrés Italiens’ (Armand Colin, 2014), ‘Gino Bartali, un vélo contre la barbarie nazie', 2018), 'Ti amo Francia : De Léonard de Vinci à Pierre Cardin, ces Italiens qui ont fait la France' (Paris, Armand Colin, 2019), Gli italiani che hanno fatto la Francia (Baldini-Castoldi, Milan, 2020), Mussolini, "Un homme à nous" : La France et la marche sur Rome, Paris (Armand Colin, 2022)

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