Alla Fenice di Venezia: Traviata! Breve storia dell’opera.

Per il Carnevale a Venezia è tornata la Traviata di Verdi. Breve storia di un fiasco che negli anni è diventato una delle opere più acclamate del melodramma italiano.

Salgo i gradini dell’ingresso al teatro: stasera qui alla Fenice c’è Traviata!

Mi sono ripromesso di ascoltarla con una intenzione diversa. Già con la mente provo a riandare al tempo in cui qui venne eseguita per la prima volta. Era il 6 marzo del 1853, 163 anni fa... Verdi già da un anno stava lavorandoci su.

Dopo aver visto « La signora delle Camelie » Verdi si sentì come folgorato tanto che pensò di poterne fare un’opera. Finiti gli ardori risorgimentali, a molti appassionati di musica sembrò essere finita pure l’allegria musicale di Rossini e molti guardarono al maestro di Busseto. Nel 1948 la morte di Donizetti ridiede a Verdi il primato operistico che, senza alcuna sollecitazione, seppe riportarlo verso la sicura tradizione del melodramma, così come aveva sempre pensato, l’unico che sentiva ancora vivo, ma soprattutto ancora italiano.

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Il furore patriottico del « Nabucco », così come quello dell’ « Ernani », era già alle spalle e Verdi, già due anni prima, aveva inaugurato con « Rigoletto » un nuovo filone che si concluderà con « Il Trovatore » e « La Traviata ». Ma il 6 Marzo…e prima durante le prove non convincenti del mese precedente, Verdi ebbe da ridire su Fanny Salvini Donadelli la prima « Violetta ». Per lui non era l’interprete più adatta, così come il resto della compagnia « indegna (a suo dire n.d.r.) del Gran Teatro La Fenice« . “Tutto andò nel verso sbagliato,” scrive all’amico Emanuele Fazio: « La Traviata ieri sera, fiasco. La colpa è mia o dei cantanti? Il tempo giudicherà ». Scrive pure al direttore d’orchesta Angelo Mariani: « La Traviata ha fatto un fiascone e, peggio, hanno riso. Eppure che vuoi? Non ne sono turbato. Ho torto io o hanno torto loro? Per me credo che l’ultima parola sulla Traviata non sia quella di ieri sera ».

Troppo insufficiente, allora, la voce della Donadelli, incapace ad affrontare tutti quei fraseggi così arditi (e nuovi) che le chiedevano cambi di espressione continui a cui forse non era abituata. Centrale rispetto a tutti gli altri, il ruolo di Violetta richiede una maggiore duttilità vocale e a lei toccano tutti i registri « emotivi » più forti: passa da quello brillante e virtuosistico del primo atto (« Libiam…, Sempre libera« ) per proseguire con quelli drammatici e di agilità del secondo e terzo atto (« Amami Alfredo… ecc).

Così, seduto sulla mia comoda poltroncina rosa, cerco di capire quali potessero esser stati gli elementi che impedirono all’opera il successo che si meritava. Ma faccio fatica a trovarli. Sono tante le volte che ho ascoltato “Traviata” ed anche ad un primissimo ascolto (fossi vissuto in quell’epoca) ne sarei rimasto entusiasta. Tutta colpa di quella compagnia così sghangherata oppure c’era dell’altro?

Concezione nuova questa della Traviata a cominciare dalle ambientazioni. Tutta la vicenda si svolge dentro a galanti salotti. Violetta riceve uomini e da loro ne ricava denaro, ma è generosa un po’con tutti. Nella sua casa, durante il carnevale, organizza feste. Ed è in una di queste che ha inizio la sua vicenda sentimentale che racchiude caratteristiche inusuali. Violetta, che vive nel lusso sfrenato, si fa attorniare da gente a cui piace divertirsi. L’elemento passionale che entra anche in lei quasi casualmente le ridà una nuova gioia.

Ad una festa conoscerà Alfredo Germont, che da tempo è innamorato di lei. Tra quel turbinio di incontri e relazioni dove la sua vita si stava consumando inesorabilmente, Violetta riconosce il valore del sentimento di Alfredo e lo ricambia. La storia è nota. Tra loro interverrà, quasi all’improviso, il padre di Alfredo che a Violetta dirà che tra poco dovrà accompagnare all’altare l’altra sua figlia e che non sopporta l’idea che suo figlio Alfredo sia caduto nelle mani di Violetta, una donna di cattiva reputazione. Violetta Valery s’accorgerà che le parole del padre di Alfredo hanno valore. Farà del suo meglio allontanando dalla sua vità Alfredo.

Ma lui ritorna e tra i due l’amore ricomincia. Il finale, drammatico e quasi inaspettato, vedrà la morte di Violetta per l’aggravarsi della tisi di cui soffriva da tempo.

Si dirà: è una storia come tante altre. No, Traviata porta in se il valore aggiunto di una musica straordinaria, di livello altissimo. Quanto il tempo abbia consacrato quest’opera lo dicono le innumerevoli volte in cui, da allora, è stata rappresentata. Solo nel 2013 sono 630 le rappresentazioni eseguite in tutti i teatri del mondo!

Giuseppe Verdi

Con Traviata a Verdi sono stati riconosciuti i valori più alti della sua arte. Nella sua « Breve storia della musica » Massimo Mil mette in rilievo come « … Violetta… i cui folli gorgheggi di cortigiana devota unicamente al piacere hanno qualcosa di meccanico, di astratto, di simbolicamente ghiacciato: ma nell’amore e nel sacrificio quanta verità di umane lacrime troverà il suo canto! » La musica di Verdi ha qui il potere straordinario di ridarle una nuova verginità: par quasi una rinascita del suo essere donna.

Nel mentre faccio queste riflessioni, l’opera volge al suo termine. Un applauso lungo e avvolgente si spande su tutto il teatro. Dalla platea e dai palchi vedo persone nei loro bei vestiti carnevaleschi (oggi è martedi grasso) visibilmente soddisfatte. Violetta viene chiamata fuori più volte. La sua è stata una buona recita. Il teatro ha ridato lustro a Verdi. Peccato per quel 6 marzo 1853.

Massimo Rosin

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Massimo Rosin
Massimo Rosin nato a Venezia nel 1957. Appassionato di cinema, musica, letteratura, cucina, sport (nuoto in particolare). Vive e lavora nella Serenissima.

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