I Fatti.
L’episodio di Nanterre che è stata l’occasione per scatenare le terribili violenze di questi giorni è grave e va chiarito fino in fondo. Il poliziotto, che ha ucciso Nahel il giovane ladro di diciassette anni che, a bordo di un Suv di grossa cilindrata, non si è fermato ad un posto di blocco della polizia, ha perso il suo lavoro, è stato arrestato per omicidio volontario e rischia per questo l’ergastolo. Mi sembra che in un paese civile di più non fosse possibile fare.
L’attacco alla repubblica e alla democrazia.
Eppure, malgrado la risolutezza della magistratura e della stessa polizia nell’agire contro il collega reo (in attesa di giudizio) e malgrado che i fatti accaduti non siano del tutto chiari occorrendo dunque un processo per chiarirli definitivamente, ancora una volta dalle banlieue, e non solo di Parigi come nel 2005, è partita una guerriglia che difficilmente si può spiegare solo con la drammatica uccisione del giovane ladro francese di origine magrebina.
Ci sono stati 12.000 incendi appiccati. L’attacco è stato rivolto contro i municipi di diversi comuni ma anche semplici immobili per abitazione, si sono assaltate banche, 38 commissariati di polizia, diverse biblioteche e mediateche (simbolo della civiltà occidentale), distrutti centinaia di trasporti pubblici, incendiate 7000 automobili, saccheggiati numerosi negozi, non certo panetterie, perché i “poveri” ragazzi delle periferie non saccheggiavano per fame come i loro antenati del tardo Settecento, ma per procurarsi gratis cellulari, occhiali e vestiti di marca, gioielli, prodotti largamente di consumo e di un consumo borghese, anch’essi simbolo della società occidentale. Non hanno saccheggiato e derubato le casse di piccoli commerci e tabaccherie perché contro il consumismo, come i loro genitori del ‘68, hanno saccheggiato perché erano e sono favorevoli al consumismo.
Naturalmente, come al solito la sinistra francese non ha perso tempo a giustificare i violenti e a criminalizzare le forze dell’ordine, non capendo che quelle, incluso il povero giovane pompiere morto nel cercare di frenare la furia degli incendi scatenati dagli aggressori, erano schierate in difesa di quei simboli della repubblica laica e democratica che sono patrimonio comune di tutti i francesi, di qualunque orientamento politico e origine.
La sistematicità degli attacchi lascia pochi dubbi sul fatto che al di là della possibile spontaneità di alcuni, molti altri hanno operato secondo un piano preciso e preordinato.
Personalmente temo che il fondamentalismo islamico cerchi ancora una volta come in passato di trarre occasione per portare il suo attacco alla civilizzazione occidentale che trova nella Francia il suo anello debole.
Non è un mistero, essendo stato dichiarato da loro in tanti proclami, che l’Isis e il fondamentalismo musulmano in genere, ritengano possibile, se non probabile, l’islamizzazione della Francia e i numerosi attentati degli anni scorsi come le precedenti rivolte nelle banlieue sono stati passi importanti per la crescita e il reclutamento di forze fresche da mettere in campo in Iraq e Siria come nella stessa Francia. Non è un caso che nei giorni scorsi tra gli assalti ve ne sia stato anche uno tentato ad un carcere di massima sicurezza per liberare con altri delinquenti comuni anche alcuni pericolosi terroristi e fiancheggiatori dell’Isis.
Il perché la Francia sia l’anello debole dell’occidente, secondo molti analisti, è dovuto ad un gap di identità culturale. La Francia oggi è un insieme di etnie, con influenze religiose e culturali diverse che in questo marasma non comunica, dove ogni gruppo è chiuso nella propria realtà ed identità, è evidente che divengano prevalenti quei gruppi sociali ed etnici più coesi, in primis la comunità musulmana che ha un’identità fortissima. L’identità laica, illuminista francese non appare più coltivata, i francesi hanno via via perso il loro senso di appartenenza, finanche perni come il laicismo sono stati messi in crisi da una buona parte della sinistra francese, che sempre più, anche per convenienze elettorali, ha abbracciato un fenomeno tutto francese che è “l’islamo-gauchismo”, finendo per rafforzare l’identità dei musulmani e quindi delle frange più fondamentaliste a scapito dei valori dell’occidente e della Francia.
A tutto questo concorre la crisi della politica in Francia. Non c’è più nella società e nelle comunità più disagiate la presenza anche educativa di partiti politici. La destra soffia sul fuoco del disagio alimentando divisioni e diffidenze in ogni quartiere, in ogni luogo di aggregazione, e la sinistra, sempre più snob, è diventata un’area politica per quartieri borghesi un po’ come anche da noi in Italia. Priva di una strategia e di una visione politica complessiva, la sinistra si limita a tatticismi elettorali che favoriscono lo smarrimento di identità francese.
E così, mentre irresponsabilmente la sinistra di Mélenchon giustificava i “casseurs” e chiedeva la testa del ministro degli interni Darmanin accusato di essere troppo duro, la realtà era che ancora una volta la reazione del governo alla guerriglia urbana scatenata era troppo debole. Ad esempio: 38 commissariati attaccati e dati alle fiamme senza neanche un ferito tra gli aggressori sono la riprova che la polizia non ha provato, pur avendone diritto, neanche a difendersi.
Interi Palazzi Comunali, che in occidente sono veri e propri templi della democrazia ed espressione del popolo, sono stati messi a ferro e fuoco senza nessuna reazione efficace da parte delle forze dell’ordine. Fino ad arrivare al terribile episodio dell’attacco da commandos alla casa dell’ignaro sindaco di L’Hay Les Roses che oltre all’incendio della sua residenza ha comportato il ferimento grave della moglie e del figlio dello stesso.
I pochi delinquenti arrestati, che tanto terrore e dolore hanno causato alla comunità democratica francese, sono stati giudicati spesso per direttissima con condanne irrisorie e sono già in libertà pronti a nuovi assalti. È evidente che la magistratura politicizzata fa danni non solo in Italia.
E le famiglie?
Macron prova pure a fare leva sull’aiuto dei familiari di questi giovani, per fermare queste violenze, ma la realtà è che questi genitori, che spesso hanno fatto anche grandi sacrifici per tirare su questi figli, sono quasi sempre visti come dei traditori da questi i quali ne detestano il modello sognando invece scorciatoie per arrivare al successo economico, nella migliore delle ipotesi attraverso il calcio o il mondo della canzone, nella peggiore attraverso la criminalità e lo spaccio di droga e comunque in una violenza spesso dal sapore puramente nichilista.
Nessuna giustificazione politica, sociologica o culturale può essere accettabile. Il tema delle violenze poliziesche in Francia è una fandonia e dimostra che chi lo agita non conosce la realtà di ben altre polizie della nostra Europa e tanto meno il livello repressivo che esiste in democrazie illiberali come la Russia di Putin che pure non poche simpatie ancora suscita in tanti settori della sinistra.
È fuori di ogni dubbio che rimangono enormi e irrisolti i problemi delle periferie, che lo Stato francese debba avviare delle serie politiche di integrazione. Occorre ritornare a quelle politiche di immigrazione, quando chi veniva in Francia sognava di essere francese magari più dei francesi, occorre riappacificare la società che sembra ormai da diversi anni vittima di una strisciante guerra civile con l’iniquo risultato di favorire o la destra di Le Pen o la sinistra di Melenchon e comunque in ogni caso di favorire delle forme di populismo illiberale con grave rischio per gli autentici valori laici e democratici del paese. Alla Francia manca un Ciampi che si faccia baluardo dell’identità francese, che susciti un giusto senso di patriottismo nella comunità e che alimenti l’incontro tra queste comunità che fra loro non comunicano.
Al contempo, come ha sottolineato proprio il sindaco di L’Hay les Roses, francamente non è più tollerabile il giochino buonista del subire il tiro al bersaglio contro le istituzioni e i loro rappresentanti (democraticamente eletti dal popolo sovrano), dell’attacco sfrontato contro i tutori dell’ordine, il saccheggio sistematico di attività di commercio, non sono più sopportabili nemmeno scioperi, politicamente ingiustificabili con cui si fermano i servizi pubblici, i trasporti pubblici a danno specie delle fasce più deboli della popolazione. Non si può più sopportare oltre che con la scusa del disagio giovanile venga consentito, senza opporre alcuna credibile resistenza, l’assalto non solo di attività commerciali ma finanche di domicili di comuni cittadini, dati alle fiamme solo per il gusto di distruggere, il tutto recando anche offesa ai simboli storici della Francia, ai simboli della civiltà francese ed occidentale, uno sfregio nei confronti di una civilizzazione che si vorrebbe cancellare e c’è da chiedersi a favore di quale alternativa.
In Italia abbiamo riconquistato la libertà e la democrazia a prezzo del sangue di tanti patrioti e partigiani che restano esempio per tutti noi di una eredità che non va dissipata e che all’occorrenza va difesa ancora una volta anche con il sangue.
È sacro dovere delle democrazie garantire la sicurezza e la libertà dei cittadini di godere della propria casa, di potersi muovere liberamente senza rischiare la propria vita. Del resto, una democrazia debole, incapace di difendere i propri valori oltre che i propri cittadini, che permetta ad una minoranza di facinorosi di fare quello che vuole, inevitabilmente rischia di cadere a vantaggio di dittature che ben sapranno utilizzare quella stessa forza ma non più in difesa delle conquiste democratiche ma semplicemente in difesa del proprio potere e dei propri privilegi.
Mi consento un’ultima nota sulla disinformazione e su una certa retorica populista che è andata in scena nell’informazione della sinistra italiana. Dispiace sentire il direttore dell’Unità Sansonetti (L’Unità è un giornale che ha una storia seria ed io mi fregio di aver iniziato lì la mia esperienza giornalistica) fornire informazioni del tutto errate sui fatti francesi, purtroppo anche RAI 3 ha contribuito a questa disinformazione. Si è detto che gli aggressori sono tutti ragazzini minorenni, addirittura di tredici o quattordici anni. Sansonetti ha affermato che: “Un paese che arresta settemila minorenni non è democratico”. Ebbene i dati ufficiali parlano di 3655 fermati (altro che 7000) di cui solo 1224 sono minorenni, ma non bambini di tredici anni. Del resto, visti i 12.000 incendi scatenati in Francia e le immagini che credo ancora tutti abbiamo negli occhi, domando a Sansonetti che cosa occorreva fare per essere dei bravi democratici? Davvero la sinistra italiana dovrebbe abbandonare certe retoriche e guardare con più serietà alla realtà dei territori.
Nicola Guarino
Ringrazio Nicola Guarino per il suo resoconto dei recenti fatti successi in Francia.
Ringrazio Claudio Antonelli e Patrice Gueniffrey per le loro analisi equilibrate.
Non concordo con la parola « carnefice » usata da Massimo Gramellini, che apprezzo di più come scrittore che come giornalista.
Ringrazio i miei genitori che hanno saputo educarmi.
Firmato da una di quelli che venivano in Francia molti anni fa sognando » di essere francese magari più dei Francesi » e che è stata esaudita.
Il violento caos sociale che è esploso in Francia si presta a due diagnosi contrapposte. La diagnosi-sentenza dei buonisti, ossia della sinistra, è di assoluzione per i rivoltosi, visti come dei reietti che sono spinti alla sommossa da una sacrosanta collera contro la violenza poliziesca, e dalla povertà in cui versano. La diagnosi-sentenza di destra è invece di condanna per queste masse che assaltano, saccheggiano, incendiano, distruggono, mosse dall’odio per la Francia, paese dalle generose misure sociali, ma che esse considerano nemico.
È stata la colletta fatta per la famiglia del poliziotto uccisore a far scendere in campo il giornalista del C. della S. Massimo Gramellini, il quale ha definito i sottoscrittori della colletta a favore del poliziotto: “amici del carnefice”.
Ed ecco alcuni passi del suo giudizio: “C’è una Francia arrabbiata e spaventata che scende in piazza perché non ha più niente da perdere. E ce n’è un’altra, altrettanto arrabbiata e spaventata, che da perdere ha ancora parecchio, o almeno qualcosa, e allora si appoggia ai suoi difensori armati nell’illusione che la forza basti a rimettere ordine.”
La diagnosi dello storico francese Patrice Gueniffey è all’opposto: “Oggi una parte importante della popolazione che per ragioni etniche religiose o forse sociali non si sente di appartenere al paese in cui vive, detesta la Francia, la cultura, la tradizione, la storia e il modo di vivere francese. […] Quarant’anni di politiche di immigrazione permissive hanno importato in Francia, nel cuore dell’Europa, un’altra cultura e un’altra civiltà. […] Esiste una popolazione arrivata coi suoi costumi, i suoi valori, che detesta la Francia, anche se ne approfitta grazie alle prestazioni sociali, agli assegni di disoccupazione, alle allocazioni familiari. Ma resta una popolazione che non si sente francese. […] In più la Francia, in balia del pentimento permanente per le sue colpe storiche, incoraggia coloro che la detestano e vogliono distruggerla”.
Cosa dire su questi due giudizi antitetici? Invito gli immigrati italiani del Canada a giudicare la cosa. Voi che avete conosciuto l’integrazione in un paese multiculturale. A noi italiani, non poi tanto tempo fa, l’opinione pubblica era smaccatamente ostile. Pensate solo a ciò che ci sarebbe successo se avessimo fatto ricorso all’arma delle manifestazioni, non dico violente ma rumorose, in difesa della nostra dignità. E la nostra dignità, in Québec, è stata, in un passato non proprio remoto, calpestata in numerose occasioni da giornalisti, autori, esponenti del potere politico, e dal popolino.
In Italia, la rabbia e la collera sono presenti finora solo negli attacchi che singoli individui di origine straniera, fuori di sé forse perché in preda all’alcol, compiono periodicamente contro suppellettili e persone, poliziotti inclusi, sfasciando tutto.
Sul tema dei pericoli futuri dell’attuale caos immigratorio italiano ho scritto tempo addietro quanto segue: “Immaginiamo i problemi che sorgeranno in Italia nel campo della coesione sociale – in quello dell’ordine pubblico essi sono già evidenti – in seguito a questa immissione incontrollata, caotica di ‘nuovi italiani’ in un Paese che ha avuto in Africa una fase colonialista molto limitata, breve e anche tardiva, e che non ha quindi gravi responsabilità morali, a questo riguardo, nei confronti d’intere aree del Terzo Mondo.
“In Canada, il rispetto delle regole apporta alla società multietnica un vincolo, un sigillo unificante. Il cittadino canadese, qualunque sia la sua origine, si trova inquadrato in una cornice rigorosa e severa di diritti-doveri. Per molti versi in Italia, invece, il rispetto delle regole è di là da venire. E non saranno di certo i nuovi arrivati, tra cui numerosi sono i clandestini, ad insegnare il senso civico e le virtù della coesione sociale a un popolo che da quasi un secolo coltiva settarismo, esterofilia, individualismo anarchico, e odi civili.”