Roma raccontata da Gianni Rodari ne ‘Il filobus numero 75’ è città che continuamente si inventa e si racconta: ogni angolo, ogni finestra è una storia da raccontare. All’improvviso il filobus si sbaglia e il tempo si perde, ma qui, e solo in questa città, è possibile rubare il tempo, ingannare la vita, trovare l’infinito in ogni suo vicolo.
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E te la racconto Roma bella, come si fa con i bambini, in rima e in strofe per celebrare la sua poesia.
Certo, ci vuole una buona dose di allegria e fantasia per vederla vestita di colori e profumi, ma i maestri ci soccorrono e ce la riconsegnano confezionata a modino tra spruzzi e merletti.
Bella Roma che si ingegna, attraverso le sue strade e le sue piazze, sempre affollate e aperte come se fosse eternamente in festa.
Ogni suo angolo, un racconto. Ogni finestra, una storia da ricordare.
Ti emoziona quando la vedi spuntare, tra un pensiero e l’altro, all’improvviso e grandiosa. E mi sento baciata dalla fortuna, quando la vista si perde sulle mura maestose del Colosseo o sul quel miracolo dell’isola Tiberina osservata dai ponti al calar della luce.
Rimane il rumore, di sottofondo e, non disturba, i passanti, le auto, la fatica dei suoi giorni, quanta bellezza ha regalato questa città?
Ma si racconta di una giornata qualunque, in un tram troppo affollato, i romani annoiati, i furbi del quartiere con un occhio all’orologio e l’altro sul corriere dello sport del vicino: “Sti due euro l’avemo svoltati, famme vedè che ha fatto la Roma? Scusi Lei non giri pagina per favore!”.
Si rincorre il tempo, perchè il tempo non fa sconti. Il filobus è collegato, il percorso è quello.
Si parte da lì, da quel quartiere, Monteverde vecchio, e se si ascolta con attenzione, ritorna la voce del suo poeta, il più saggio e sfortunato, che li visse e li fu consacrato, Pier Paolo Pasolini, con i “Ricciotti” delle storiacce amare dei suoi “Ragazzi di vita”.
E poi si fugge via, villa Pamphili a due passi, verde e antica, bugiarda e bellissima con la sua illusione di un verde regalato e incontaminato.
Ma il percorso non è più segnato, il filobus si sbaglia e il tempo si perde. L’Aurelia antica verso la campagna a raccogliere fiori, a riprendere i colori.
Che tutto poi torna, perchè il filobus riparte e il Ministero incombe, ma qui, e solo in questa città, è possibile rubare il tempo, ingannare la vita, trovare l’infinito in ogni suo vicolo.
E te la racconto questa favola di Roma bella, come la si racconta ai bambini, a tutti i bambini, con i disegni e con le parole.
La filastrocca che segue, di Gianni Rodari è stata raccontata ai bambini in trattamento riabilitativo presso la neuro psichiatria infantile del CEM, Croce Rossa di Roma, utilizzando il metodo della Comunicazione Aumentativa Alternativa (C.A.A) e immagini visive.
Ringrazio la dottoressa Luisa Mango (responsabile del reparto) e i colleghi della N.P.I che l’hanno realizzata e mi permettono di utilizzarla.
Di seguito una descrizione di questo approccio da parte del mio amico e collega logopedista Alessio Infurna.
« Ritengo importante condividere la necessità, da parte di ogni persona, dell’acquisizione del diritto di piena cittadinanza: Quest’ultima non può prescindere dall’inclusione sociale dei cittadini che passa anche attraverso la lettura e la comprensione di testi scritti fin dalle prime fasi di vita. Tuttavia diverse condizioni, come disabilità intellettiva, disabilita motoria, deficit sensoriale, condizioni di svantaggio socio-economico e culturale rappresentano degli ostacoli per l’acquisizione della lettura e delle competenze ad essa correlate (comprensione di testi, competenze narrative, competenze conversazioni etc). Sulla scia del paradigma sviluppato da Tullio De Mauro e da Due Parole, mensile di facile lettura rispetto ai “lettori dimenticati”, attraverso la Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA), un approccio abilitativo/riabilitativo centrato sul modello della partecipazione, si rende possibile la semplificazione dei testi scritti e l’accesso attraverso vari canali simbolici e di supporto a quello alfabetico, al fine di eludere le barriere della lettura e di fornire strumenti e strategie per la partecipazione ».
Marina Mancini
Il filobus numero 75
Una mattina il filobus numero 75, in partenza da Monteverde Vecchio per Piazza Fiume, invece di scendere verso Trastevere, prese per il Gianicolo, svoltò giù per l’Aurelia Antica e dopo pochi minuti correva tra i prati fuori Roma come una lepre in vacanza.
I viaggiatori, a quell’ora, erano quasi tutti impiegati e leggevano il giornale, anche quelli che non lo avevano comperato, perché lo leggevano sulla spalla del vicino. Un signore, nel voltar pagina, alzò gli occhi un momento, guardò fuori e si mise a gridare: “Fattorino, che succede? Tradimento, tradimento!” Anche gli altri viaggiatori alzarono gli occhi dal giornale, e le proteste diventarono un coro tempestoso: “Ma di qui si va a Civitavecchia!” “Che fa il conducente?” “E’ impazzito, legatelo!” “Che razza di servizio!” “Sono le nove meno dieci e alle nove in punto debbo essere in Tribunale, – gridò un avvocato, – se perdo il processo faccio causa all’azienda.”
Il fattorino e il conducente tentavano di respingere l’assalto, dichiarando che non ne sapevano nulla, che il filobus non ubbidiva più ai comandi e faceva di testa sua. Difatti in quel momento il filobus uscì addirittura di strada e andò a fermarsi sulle soglie di un boschetto fresco e profumato.
“Uh, i ciclamini” – esclamò una signora, tutta giuliva. “E’ proprio il momento di pensare ai ciclamini” – ribatté l’avvocato. “Non importa, – dichiarò la signora, – arriverò tardi al ministero, avrò una lavata di capo, ma tanto è lo stesso e giacché ci sono mi voglio levare la voglia dei ciclamini. Saranno dieci anni che non ne colgo.” Scese dal filobus, respirando a bocca spalancata l’aria di quello strano mattino e si mise a fare un mazzetto di ciclamini.
Visto che il filobus non voleva saperne di ripartire, uno dopo l’altro i viaggiatori scesero a sgranchirsi le gambe o a fumare una sigaretta e intanto il loro malumore scompariva come la nebbia al sole. Uno coglieva una margherita e se la infilava all’occhiello, l’altro scopriva una fragola acerba e gridava:
“L’ho trovata io. Ora ci metto il mio biglietto, e quando è matura la vengo a cogliere, e guai se non la trovo.”
Difatti levò dal portafogli un biglietto da visita, lo infilò in uno stecchino e piantò lo stecchino accanto alla fragola. Sul biglietto c’era scritto: – Dottor Giulio Bollati.
Due impiegati del ministero dell’Istruzione appallottolarono i loro giornali e cominciarono una partita di calcio. E ogni volta che davano un calcio alla palla gridavano: “Al diavolo!” Insomma, non parevano più gli stessi impiegati che un momento prima volevano linciare i tranvieri. Questi, poi, si erano divisi una pagnottella col ripieno di frittata e facevano un picnic sull’erba. “Attenzione!” – gridò ad un tratto l’avvocato.
Il filobus, con uno scossone, stava ripartendo tutto solo, al piccolo trotto. Fecero appena in tempo a saltar su e l’ultima fu la signora dei ciclamini che protestava: – Eh, ma allora non vale. Avevo appena cominciato a divertirmi.
“Che ora abbiamo fatto?” – domandò qualcuno. “Uh, chissà che tardi.” E tutti si guardarono il polso. Sorpresa: gli orologi segnavano ancora le nove meno dieci. Si vede che per tutto il tempo della piccola scampagnata le lancette non avevano camminato. Era stato tempo regalato, un piccolo extra, come quando si compra una scatola di sapone in polvere e dentro c’è un giocattolo.
“Ma non può essere!” – si meravigliava la signora dei ciclamini, mentre il filobus rientrava nel suo percorso e si gettava giù per via Dandolo.
Si meravigliavano tutti. E sì che avevano il giornale sotto gli occhi, e in cima al giornale la data era scritta ben chiara: 21 marzo. Il primo giorno di primavera tutto è possibile.
Gianni Rodari
« Un gioco da bambini » – Se desiderate giocare con i vostri bambini, al link qui indicato, trovate in pdf la filastrocca ‘Il filobus numero 75‘ con i disegni e le parole: Il filobus numero 75. Gianni Rodari