Trent’anni fa si spegneva Sciascia, lasciandoci un’eredità letteraria cospicua e variegata che lo fa vivere ancora nel cuore dei suoi lettori più affezionati.
Trent’anni sono un lasso di tempo significativo che porta spesso ad interrogarsi sull’attualità della scrittura di un autore e a guardare alle sue opere con un distacco che aiuta a capire meglio il contesto passato in cui sono state create.
Ad una prima lettura le opere sciasciane sembrano radicate in un passato ben lontano dal presente iperconnesso di oggi e una domanda che mi sono dovuta porre più volte nella mia veste d’insegnante è stata: come introdurre Sciascia a degli adolescenti del ventunesimo secolo? Quale opera consigliare a un giovane di oggi che vuole iniziare a leggere Sciascia?
Ebbene, la lezione più grande che Sciascia ci ha lasciato è sicuramente la ricerca delle verità in senso lato. Quale migliore maestro in un’epoca in cui internet, democratizzando la libertà di parola e la diffusione del pensiero, ha al contempo annientato il labile confine fra verità e menzogna?
L’opera che più di tutte riesce dialogare immediatamente con un pubblico giovane, credo possa essere Il teatro della memoria, pubblicato per la prima volta nel 1981. La trama, di semplice approccio, permette ai più giovani di entrare in medias res nel vivo della questione.
Vi si narra la storia dello “smemorato di Collegno”, un uomo che sorpreso a rubare a Torino dice di aver perso la memoria e per questo viene rinchiuso nel manicomio di Collegno. Nella fotografia e nella persona, i familiari del veronese professor Canella credono di riconoscere il loro congiunto disperso in guerra. Riconoscimento che diventa una certezza per la moglie del Cannella che riprende una vita coniugale a fianco dello smemorato. Ma una serie di prove attestano che il preteso smemorato non è il pio e doto professore di filosofia, ma Mario Bruneri, un tipografo torinese autodidatta ricercato per furti e truffe.
Nasce quindi una caccia alla verità che contrappone la borghesia veneta cattolica della famiglia Cannella e il mondo ai margini della malavita dei Bruneri. Le due famiglie, e le due mogli in particolare, si affrontano in tribunale con vari test per stabilire l’identità dello smemorato. Tutti sembrano avere ragione e tutti sembrano avere torto. La situazione diventa sempre più complessa seguendo il filo delle meditazioni pirandelliane sull’identità, cui nemmeno l’analisi delle impronte digitali potrà dare una soluzione.
“Ogni società genera il tipo d’impostura che, per così dire le si addice. E la nostra società, che è di per sé impostura, impostura, giuridica, letteraria, umana… Umana, sì: addirittura dell’esistenza direi”, le parole dell’avvocato Di Blasi del Consiglio d’Egitto, altra opera cardine della ricerca sciasciana della verità, sembrano fare eco alla storia dello smemorato di Collegno.
Leggendo Il teatro della memoria, ambientato nel primo dopo guerra, ci si sente rassicurati dalle conoscenze scientifiche del nostro tempo che ci permettono di avere delle prove irrefutabili su cosa sia vero e cosa non lo sia. Ma nella nostra società odierna dominata dai social network, oggi ancora più di ieri è difficile dipanarsi fra l’essere e l’apparire, tra una notizia vera e una “fake news”. Perché le credenze collettive, come ci insegna il caso dello smemorato di Collegno, a volte sono più forti delle scienze esatte.
Per barcamenarsi in questo mare magnum d’informazioni camaleontiche ad accesso illimitato e gratuito che è internet, l’unica bussola resta la lettura dei classici e della letteratura impegnata. A che serve altrimenti la letteratura se non a creare un vissuto, fatto di errori, di vittorie, di esperienze indirette che aiutano a interpretare meglio la realtà che ci circonda?
Ecco che trent’anni dopo la sua morte, Sciascia rimane un maestro di un’attualità indiscutibile nel guidare le nuove generazioni nel distinguere la verità dall’impostura.
Nadia Matranga
Link ai diversi altri contributi del nostro dossier tematico «Leonardo Sciascia 30 anni dopo».
Riassunto Sellerio del libro :
Il 6 febbraio 1927 la « Domenica del Corriere » pubblica la foto di un uomo ricoverato nel manicomio di Torino e senz’altra identità che il numero di matricola. Inaspettatamente, di identità ne affiorano due. Chi è lo sconosciuto? Guido Canella, provvisto di una moglie piacente, un rispettabile « milieu » e una cospicua agiatezza? O il miserabile Mario Bruneri ricercato per truffa e provvisto solo di un’interminabile sequela di guai? Il « caso dello smemorato di Collegno » non poteva non attirare l’attenzione di Sciascia che lo ripercorre con l’accanimento del detective e l’urgenza di verità del filosofo. L’enigma della memoria e dell’identità animano anche il secondo racconto, ispirato all’affaire Martin Guerre sullo sfondo della Francia del XVI secolo.