Quirinale 2022. Perché era improponibile la candidatura di Berlusconi.

Dall’autorevolezza alla pagliacciata.

L’Ordinamento Istituzionale Italiano prevede una serie di organi dotati di specifiche funzioni, articolati in modo tale da preservare l’assetto istituzionale e la coesione sociale, a dispetto dei cambiamenti di orientamento politico inevitabilmente prodotti dalle competizioni elettorali. All’interno di tale modello organizzativo – istituzionale, il Presidente della Repubblica assume il ruolo di arbitro delle contese politiche, e la funzione di garante dell’assetto istituzionale dello Stato e della coesione sociale della popolazione in esso vivente. Egli, inoltre, rappresenta tale ruolo e tali funzioni anche nei rapporti con gli Stati Esteri, quindi all’interno di relazioni istituzionali indipendenti dagli orientamenti politici incarnati contestualmente nei singoli stati. Vale a dire che il Presidente della Repubblica Italiana rappresenta la continuità e la permanenza sia dell’assetto organizzativo – istituzionale statale della Nazione, che dei diritti, bisogni ed aspirazioni della popolazione in essa vivente, a dispetto degli orientamenti politici, che, in democrazia, sono temporanei e soggetti a cambiamenti di direzione. Questo secondo aspetto della rappresentanza istituzionale del Presidente della Repubblica Italiano, benché consenta solo azioni di “moral persuasion”, ha reso particolarmente famosi ed amati alcuni presidenti, quali Pertini, Ciampi e Mattarella, nonostante l’instabilità e la turbolenza degli assetti politici dominanti durante i loro mandati.

Silvio Berlusconi

All’interno di tale assetto, l’Ordinamento Giuridico Italiano prevede differenti forme e modalità di elezione, a seconda che si tratti del Presidente della Repubblica, dei Parlamentari, e del Presidente del Consiglio ed associati Ministri. Pertanto, all’interno di tale equilibrio di Organi e Funzioni articolati su differenti livelli logici, un leader politico che si autocandidi ad essere eletto come Presidente della Repubblica rappresenta sia una contraddizione in termini, in quanto appiattisce e confonde due differenti livelli logici, che una strategia immorale, in quanto sposta la negoziazione politica, basata sul peso politico relativo dei vari rappresentanti eletti e finalizzata al raggiungimento di obiettivi peculiari all’orientamento di chi li ha definiti, sulla tutela dell’assetto istituzionale che il Presidente della Repubblica invece dovrebbe garantire, come arbitro e come garante, quindi indipendentemente dagli orientamenti politici dei vari schieramenti in campo: il Presidente della Repubblica Italiana non può essere né assumere il ruolo di leader politico.

La contraddizione in termini e l’immoralità della strategia si accentuano nel contesto politico italiano attuale, che non riesce a formulare progettualità politiche ed organigrammi esecutivi efficaci e duraturi ormai da qualche decennio. In situazioni analoghe, i Presidenti della Repubblica Italiana hanno, a volte, nominato come Presidente del Consiglio personaggi di indubbia caratura morale e competenza tecnica, conferendogli il mandato di assolvere a funzioni, raggiungere obiettivi, e risolvere problemi, sui quali gli schieramenti politici democraticamente eletti erano inadempienti. I casi più recenti sono rappresentati dalla nomina a Presidente del Consiglio di Mario Monti, e, più recentemente, di Mario Draghi, i quali si sono caratterizzati per essere stati nominati per fare scelte impopolari, ed assolvere a compiti di particolare difficoltà e complessità tecnica, di fronte alle quali le forze politiche in campo avevano dimostrato di non essere all’altezza, per debolezze politiche e/o incompetenze tecniche.

Per questo, l’autocandidatura di Berlusconi alla carica di Presidente della Repubblica si presentava come apertamente improponibile, sia perché identificato come leader di una parte, se pur consistente, dell’orientamento politico degli Italiani, che per la qualità ed orientamento dei suoi ideali e visione del mondo, che sembrano non essere in grado di rappresentare bisogni, diritti ed aspirazione della maggioranza degli italiani, anche in ragione dei suoi trascorsi che ne hanno compromesso l’immagine in Italia e specialmente all’estero, con le sue controverse vicende personali e giudiziarie e le pendenze penali su cui ancora non si è arrivati alla parola fine.

Il Quirinale

D’altra parte, è veramente difficile immaginare che Grandi Elettori sinceramente e coerentemente identificati nei valori della libertà di pensiero, democrazia e fede nell’Ordinamento Giuridico e Democratico posti loro a tutela, così come previsto dalla Costituzione italiana, possano coerentemente eleggere a Presidente della Repubblica un personaggio che si autocandida con le strategie e le premesse prima descritte: non avrebbero libertà di mandato e di pensiero. Eppure, un ampio schieramento di forze politiche sosteneva tale autocandidatura. Oppure, fingeva di farlo, rendendo la situazione ancora più grottesca.

Non cambia molto la posizione che pretende, in cambio dell’elezione a Presidente della Repubblica di una personalità condivisa ed al disopra delle parti (quindi coerente con le funzioni istituzionali di tale figura), e della stesura di un “patto di legislatura” (che tuteli la Nazione da elezioni anticipate, da scongiurare, in clima di difficile gestione della pandemia da covid-19 e di progettazione e gestione delle nuove ed innovative Politiche Comunitarie, fondate su fonti di finanziamento originate da una grande scommessa Comunitaria), qualche forma di contropartita politica, come sta accadendo in questi giorni: la confusione tra i livelli permarrebbe. Specialmente quella contenuta nell’annuncio dato da Berlusconi di rinunziare alla sua candidatura, a condizione che neanche Draghi fosse eletto: tale annuncio è stato presentato come un atto di grande generosità, fatto nel nome del superiore interesse del Paese, trasformando la scena politica in una pericolosa pantomima. Infatti, Berlusconi non aveva i numeri per essere eletto; non aveva le condizioni di salute necessarie a sostenere il ruolo da Presidente della Repubblica; e, in prospettiva, non poteva sostenere tale ruolo perché spesso impacciato da pendenze penali che gli avrebbero impedito di assolvere alle funzioni presidenziali, o, viceversa, impacciato da funzioni presidenziali che gli avrebbero impedito di presenziare alle udienze processuali. Vale a dire che, più che una nobile e generosa uscita di scena, la rinunzia di Berlusconi alla candidatura a Presidente della repubblica sembra il suo mesto funerale politico.

In definitiva, sembra che, ancora una volta, la politica italiana stia cedendo alla tentazione di abbandonarsi alla sua malattia, avvitandosi sulle debolezze e sulle incapacità dei suoi leader, fino a perdere del tutto di vista le grandi responsabilità che il governo di una Nazione Industriale,  perlopiù dotata di un enorme patrimonio culturale e di eccellenze scientifiche, tecnologiche ed artistiche, richiede: l’irresponsabile teatrino della politica a cui si assiste in queste ore mette a rischio il portato di credibilità ed autorevolezza che faticosamente i Presidenti Mattarella, da un lato, e Draghi, dall’altro, hanno costruito negli anni.

Diversa sarebbe stata la lettura dei fatti se la Repubblica Italiana fosse stata una Repubblica Presidenziale, al pari della Francia o degli Stati Uniti: in tal caso, le funzioni del Presidente della Repubblica e quelle del Presidente del Consiglio confluirebbero in una direzione unificata, ed ogni forza politica che partecipi alla competizione elettorale avrebbe dovuto presentare un proprio candidato alla Presidenza, oltre che un proprio programma.

Ma così non è, e, a dispetto di ogni evidenza, la scena politica italiana è ancora dominata da chi continua a perseguire i dettami di una Costituzione immaginaria, esistente solo nelle proprie fantasie, piuttosto che quella reale, che ancora tiene insieme le parti frastagliate e sofferenti della Nazione. Nonostante le pressioni derivanti da una pandemia ancora in atto e dalla necessità di trovare un modo efficace di investire i fondi che la Comunità Europea metterà a disposizione dell’Italia.

“Investire”, e non “spendere”, come eufemisticamente affermato da più parti.

Lino Scarnera

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Lino Scarnera
Pasquale (Lino) Scarnera è uno Psicologo Clinico/Psicoterapeuta con esperienza trentennale nel settore della riabilitazione psichiatrica. Ha pubblicato lavori sul burn-out, sulla psicoanalisi di alcuni Miti e Riti dell'Antica Grecia, e sull'innovazione dei Servizi Sociali e Sanitari. Interviene nel dibattito politico quando proprio non ne può fare a meno.

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