Si torma a parlare d’amore nell’ultimo romanzo di Gerardo Pontecorvo: “L’amore scritto sul mare”, edito dalla Città del Sole e sponsorizzato dalla Feltrinelli, secondo una vicenda drammatica che intreccia saga familiare e fantasia, tra Calabria e Malta.
Non che sia mai tramontato dall’epoca di Saffo che descriveva in maniera immortale i suoi sintomi, fino a Proust che né La strada di Swann lo esaltava come inscritto nelle note d’una sinfonia.
Si parla d’amore, curiosamente oggi più insistentemente che mai, come antidoto alla violenza, al bullismo, alla guerra, ai mille mali che rischiano di trasformarsi nei fatidici cavalieri dell’Apocalisse, capaci di annientare l’umanità.
Anche il filosofo francese Alain Badiou in Elogio dell’amore parla della carica rivoluzionaria di questo alto sentimento e della sua capacità di rinnovamento profondo dell’essere.
Si inserisce dunque bene, in questo contesto, il terzo romanzo dello scrittore reggino Gerardo Pontecorvo (dopo “I diari del silenzio” e “Non si uccide il passato”) che non è solo una conoscenza standard dell’amore o il suo inserimento convenzionale in una cornice individuale e psicologica. L’amore invece fa da specchio alla seconda guerra mondiale ed alla tragedia di famiglie che naufragano letteralmente nella pena e nell’angoscia del grande conflitto.
Il concetto originale dell’opera riguarda un duplice amore, quello materno di Aldòra verso il protagonista Ugo e l’altro di Eros, proprio quello platonico.
C’è una certezza che nel romanzo viene espressa a chiare lettere: l’amore, quello configurato nel gruppo marmoreo di Canova con Psiche dormiente e Eros alato che le sfugge mentre le si rivela solo nel sonno, esiste davvero, non è una favola.
La novità del romanzo ruota intorno alla struttura binaria ed a un fatto di stile suggestivo. Il romanzo inizia quando sembra finire. L’amore materno, condotto attraverso mille traversie, sembra affondare nel naufragio in mare di una nave, e quindi manca del lieto fine, del ricongiungimento tra madre e figlio.
Aldòra crede che il figlio Ugo sia morto in mare e si vota ad un nuovo amore. Il mancato lieto fine propone una verità profonda: due tipi di amore si contrappongono e uno è espressione di totale ricominciamento, è riscatto della storia altrimenti perduta.
Duplice dunque appare la narrazione condotta tra memoria storica e individualità, duplice l’essenza del sentimento che si collega alla storia come per risarcirla.
Nel dibattito attuale, lo scrittore americano Donald Antrim ha sostenuto che l’amore non esiste, che è irraggiungibile. Il romanzo di Pontecorvo invece, con una profonda certezza, viene ad affermare il contrario e si legge tutto d’un fiato.
Il leitmotiv dell’amore filiale che corre esplicitamente per tutto il romanzo è come sottilmente condotto a fianco dell’altro amore sommesso, ma non sommerso, che esplode alla fine come un vero momento di laus vitae.
L’epifania di questo tipo di amore decreta la fine della storia intesa come potere e dunque costruita sulla violenza e sull’odio. L’amore predilige le forze dell’evoluzione e il futuro. La storia, alla maniera di Manzoni, viene vista nella sua globalità come fine dei mondi, condannata a ruere in peius.
L’amore soltanto puo’ offrirne il riscatto.
Carmelina Sicari
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Gerardo Pontecorvo Romanzo Ambientato tra Reggio Calabria e Malta, “L’amore scritto sul mare” esplora i sentimenti relazionali di una madre, di un figlio e di una ragazza separati dalle tragiche vicende della seconda guerra mondiale.
L’amore scritto sul mare
ANNO 2016, 256 PAGINE, ISBN 978-88-7351-916-4
COLLANA: LA VITA NARRATA
ED CITTÀ DEL SOLE
L’amore, come un fil rouge, tiene comunque uniti i protagonisti di questo romanzo nonostante la follia e la crudeltà di chi li vuole dividere: la sua forza supera il tempo, le distanze, le convenzioni sociali e sconfigge anche le tenebre della ragione.