Caporetto, una storia di tutti

Per molte persone, forse, è una memoria confusa, un ricordo scolastico scrostato, addirittura un modo di dire. Eppure quel 24 ottobre 1917 Caporetto, oggi villaggio sloveno, fu teatro di una tragedia collettiva di proporzioni inimmaginabili.

Dopo due anni di fango, trincee, sofferenze terribili, ordini insensati, le armate tedesche, alleate degli austroungarici, sfondarono il fronte servendosi di gas che sterminarono in pochi minuti decine di migliaia di soldati poco più che adolescenti, « con la divisa di un altro colore ». Una volta aperta la breccia, le armate degli imperi centrali dilagarono in tutto il nordest italiano, occupando intere fasce di territorio e spingendo la popolazione civile ad un esodo al di là del Piave.

I profughi, dimenticati fra i dimenticati, furono ospitati in vari centri a Milano, Torino e in tante altre città, mentre i soldati, stanchi e trattati come macchine, fecero la loro rivolta, « la rivolta dei santi maledetti », come ebbe allora a scrivere Curzio Malaparte, il quale paragonò quell’episodio di umanissima insubordinazione di massa addirittura alla rivoluzione russa che pochi giorni dopo sarebbe esplosa, anch’essa figlia del medesimo conflitto e delle medesime sofferenze. Quei « santi maledetti » erano semplicemente persone stanche di ammazzare e di farsi ammazzare, stanche di una morte quotidianamente vissuta nei suoi aspetti più osceni e tragici, sovente sotto forma di un commilitone col quale sino ad un minuto prima si condivideva la vita e improvvisamente trasformatosi in un cadavere sfigurato e freddo, come raccontano tante pagine da tutti i fronti e come ricorda Giuseppe Ungaretti, che scrisse lettere d’ amore per rispondere da umano alla disumanità.

Dopo Caporetto saranno « i ragazzi del Novantanove » a resistere sulla linea del Piave, e a contrattaccare l’anno dopo nella cosiddetta « battaglia del solstizio », liberando le terre occupate (perché la guerra imperialista si sovrappose a quel punto a guerra di liberazione, a prova di come la storia sia sempre una contraddizione). I ragazzi del Novantanove, dunque, ma non solo: c’erano anche quelli del Novantotto e persino, alla fine, quelli del Millenovecento, passato « il fosco fin del secolo morente » di una famosa canzone anarchica allora in voga senza che fosse giunto il sol dell’avvenire. E c’erano i riservisti, i quarantenni e oltre figli dell’Italia orribile di Crispi e memori delle repressioni di Bava Beccaris. E c’era, infine, un intero Paese che, separato dagli affetti più cari, imparò davvero a scrivere sotto forma di lettere al fronte e dal fronte, un archivio immenso di storia popolare non ancora del tutto studiato, se mai lo sarà un giorno.

Tutto questo, dunque, è quel lontano 24 ottobre 1917 che racconta tante cose di noi, del nostro inconscio collettivo, delle nostre strutture profonde. Un « noi » forse rimosso, perché la povertà è un ricordo che fa paura ed è meglio cancellare, e che, proprio per questo, va invece ricordato, come vanno ricordati tutti quei giovani, con le loro aspirazioni, i loro sogni, le loro quotidianità, figli di una generazione che, come disse Apollinaire, ha avuto solo il tempo di morire.

Troviamo oggi o in questi giorni anche un minuto solo per dare a quella generazione, seppure nella dimensione altra del ricordo, il tempo di vivere.

Ennio Cirnigliaro



LINK INTERNO a firma di Carmelina Sicari, un articolo pubblicato nel 2017

Centenario di Caporetto e ricordo de “La rivolta dei santi maledetti” di Malaparte

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Bref résumé du désastre italien à Caporetto pour nos lecteurs de langue française

Pendant les deux années qui ont suivi l’entrée en guerre de l’Italie aux côtés des Alliés, le front des Alpes est resté relativement calme, Austro-Hongrois et Italiens se faisant face sans tenter d’offensive. Tout change brutalement quand intervient aux côtés des Austro-Hongrois la XIVe armée allemande du général Otto von Below. Le 24 octobre 1917, fort de son expérience sur le front de l’Est, face aux Russes et des techniques d’attaque de tranchées désormais maîtrisées, von Below lance ses hommes contre les lignes italiennes adossées à l’Isonzo, un cours d’eau alpin, au niveau de la ville de Caporetto. Accablés par un déluge d’obus et de gaz de combat, les Italiens reculent dès le premier jour de 25 kilomètres puis refluent en désordre d’une centaine de kilomètres, jusqu’aux portes de Venise, abandonnant à l’ennemi la plus grande partie de la Vénétie. Le front ne se stabilisera sur la Piave que grâce à l’intervention en urgence de six divisions britanniques aux côtés des Italiens. Au terme de la bataille, ceux-ci comptabiliseront 300 000 tués, blessés ou disparus contre 5 000 seulement pour leurs adversaires.

(Source HERODOTE.NET)

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Ennio Cirnigliaro
Ennio Cirnigliaro è nato a Genova nel 1974. Archeologo per professione e vocazione, militante politico di lunga data, indaga il presente con quella particolare chiave di lettura “stratigrafica” propria di chi ha l’abitudine di inserire i fenomeni singoli in un più ampio contesto. Ha pubblicato su riviste varie articoli specialistici nel suo ambito, oltre che testi politici e sociali aventi come denominatore comune l’antifascismo, l’antisessismo, l’anticapitalismo, l’antirazzismo e l’ecologia sociale. Ha pubblicato per Prospero editore “Medioevo digitale. La storia contemporanea attraverso i social network”, 2021.

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