Firenze 10+10. Unire le forze per un’altra Europa.

Un sistema economico che produce troppo di tutto, che pratica una dissipazione energetica etc. e che pensa ad uno sviluppo impetuoso in un mondo con risorse scarse. Chi sostiene questo o è pazzo o è un economista! C’è fermento, e riflessione, voglia di progetto. Ritorna la politica al Forum sociale di Firenze. Dagli Occupy Wall Street agli indignados, passando per le riflessioni dello scomparso Marcello Cini, si costruiscono in teoria e in pratica delle risposte ad una crisi voluta e causata dal fallimento del liberismo.


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Oltre tremila partecipanti, quattro giorni di lavoro, la stessa cornice di dieci anni fa, la Fortezza da Basso, ma un contesto politico tutto diverso. Si perché quando, nel 2002, i movimenti e le reti europee si diedero appuntamento a Firenze per dar vita al primo Forum sociale europeo, la crisi era solo una conseguenza annunciata delle analisi dei movimenti sull’impatto prossimo della globalizzazione economico-finanziaria. Oggi, invece, è una realtà nella quale siamo tutti immersi.

E’ per questo che l’incontro europeo “Firenze 10+10/Unire le forze per un’altra Europa” non vuole essere una commemorazione, ma un appuntamento che ha due obiettivi: rispondere con un fronte comune di forze sociali a livello europeo alla crisi e alle politiche imposte dalle istituzioni dell’Ue e della Bce; creare alleanze per una strategia a lungo termine capace di costruire un’Europa sociale e dei cittadini. La presenza di tante realtà quali reti, movimenti, sindacati, associazioni, ONG, di varia provenienza e composizione, va intesa come una ricerca di convergenze e di lavoro comune verso una forte e diffusa mobilitazione antiliberista che si ponga in alternativa all’Europa dei banchieri, alla supremazia del mercato, alle speculazioni finanziarie, al fiscal compact.

E’ un grande impegno che ci aspetta ma anche una sfida attraente: ricostruire uno spazio di discussione e azione in una fase in cui sui territori si manifestano gli effetti dei tanti volti della crisi, ma dove si attivano anche numerose forme di conflitto sociale e di proposta alternativa, capaci di assumere anche dimensioni di massa; lo dimostrano, ad esempio, l’affermazione al referendum del 2011 sull’acqua, la rete di opposizione alle grandi opere inutili, il diffuso contrasto alla privatizzazione dei servizi pubblici locali.

Globalizzazione: un po’ di storia

Siamo il 99%, affermano gli “occupy Wall Street“: decisamente una frase astratta, infatti gli individui “uti singuli“ non esistono ma ognuno è inserito, piaccia o no, nelle organizzazioni sociali, culturali, religiose e politiche del proprio tempo.

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Dal popolo viola agli arancioni agli “indignados“ etc…, pur rispettando la specificità storica e politica di ognuno si tratta tuttavia di movimenti non durevoli; per non parlare delle associazioni o comitati che hanno uno scopo delimitato, magari di grande valore civile e politico ma spesso settoriale; anche se va detto che la concretezza di una battaglia dovrebbe essere anche la concretezza stessa della politica.

No tav e no Dal molin ad esempio chiamano in causa aspetti di fondo della nostra società, dell’economia, del diritto, della legalità, della solidarietà, ma la domanda resta: perché non nasce un movimento politico unificante che abbia al suo centro beni comuni, diritti, solidarietà, e che si mobiliti per le battaglie necessarie?

Dal primo Social Forum di Porto Alegre, confessava Marcello Cini lo scienziato ambientalista recentemente scomparso (polemizzando con i concetti ”no-global”, “new global”), mi sono perso nello sterminato mare di documenti, testimonianze e commenti.. niente di simile alle strutture decisionali dell’alta finanza e del WTO etc..

Genova G8 è stata importante perché ha espresso una grande volontà di confronto di opinioni e di coesione sociale e politica, di confronto ideale e insieme una volontà di manifestare, di riprendersi la città: un diritto intangibile violato da un assedio provocatorio, la città storica circondata da cancelli alti dieci metri, con migliaia di poliziotti e militari, trasporti bloccati, tombini saldati; batterie antimissili all’aeroporto: una prova di forza dei potenti della terra per dimostrare che nulla e nessuno può contrastare il loro potere in un delirio di gerarchia assoluta che considera la guerra un mezzo di soluzione delle controversie internazionali e l’uso della violenza sistematico, cancellando ogni opposizione sociale e politica. Repressione poliziesca e guerra si sono rivelate interfacce dello stesso potere.

Dopo di allora il confronto è continuato dopo l’aggressione all’Iraq con milioni di manifestanti in tutto il mondo ma il sistema di comando ha prevalso tragicamente con le guerre infinite dal Vietnam, all’Afganistan, alla Libia, alla Siria, per non parlare della prossima guerra all’Iran; per citarne solo alcune ma la pressione militare riguarda da tempo tutto il globo, ben oltre la contrapposizione che abbiamo conosciuto tra USA e URSS.

Movimenti di liberazione e di resistenza come si sono conosciuti nel secolo scorso contro il fascismo e il colonialismo probabilmente sono improponibili nel presente per il carattere distruttivo delle nuove armi di distruzione di massa- dai droni senza pilota ai missili intercontinentali -e anche per le armi di distrazione di massa con il controllo mediatico pressoché totale pur con le opportunità e i limiti noti della rete internet.

La storia dei forum mondiali ed europei e dei movimenti pacifisti dimostra purtroppo il carattere, se non marginale, certo complessivamente perdente; non solo per la diffusa mancanza di senso critico tra i cittadini e la cancellazione della memoria storica così generalizzata ma per la impotenza degli oppressi a contrastare efficacemente non solo i governi ma anche gli opinion maker’s e i loro messaggi unidirezionali.

Corrado Cini riflettendo sulla economia della conoscenza e riprendendo Carlo Marx e Piero Sraffa afferma che, con la smaterializzazione dell’universo delle merci, il capitale ha trovato il modo di appropriarsi non solo degli oggetti- merce prodotti dal lavoro ma della scienza, della tecnologia e della informazione che avrebbero potuto- dovuto essere un bene sociale condiviso proprio perché frutto della mente collettiva e della creatività di molti –forse di tutti –anche dei genitori ad esempio, che hanno fatto studiare magari svolgendo un lavoro umile, il figlio scienziato.Come diceva Newton soltando salendo sulle spalle dei giganti del pensiero che lo avevano preceduto era riuscito a vedere più lontano!

Ma il 70% dei brevetti biotecnologici è made in Usa; clamorosa la storia degli OGM che colpisce la variabilità genetica e distrugge l’agricoltura di sussistenza .

Il capitalismo con la appropriazione privata comprime lo sviluppo ..fino alla brevettazione della materia vivente, impedendo uno sviluppo libero della ricerca. Il genoma umano appartiene a tutti noi perché letteralmente è l’eredità comune dell’umanità e non dovrebbe essere proprietà di qualcuno.

Tutta la ricchezza è il prodotto del sapere e del lavoro “il capitale – osservava Cini – non solo deve ridurre a merce gli infiniti prodotti dell’intelligenza e della creatività degli esseri umani ma anche le manifestazioni più intime della loro vita come i sentimenti e le emozioni, le gioie e i dolori, la bellezza e la sacralità.”

Il capitale ha gradualmente trasformato in merce tutti i messaggi di qualunque natura che gli individui si scambiano tra loro! La pubblicità, il design, il look hanno un effetto pervasivo e di controllo totale dei media : giornalismo,radio,tv etc…

Per questo occorre anche una riflessione sui sistemi elettorali e le modalità di esercizio del potere: chi decide un investimento decide anche una guerra. La partecipazione quando avviene riguarda aspetti spesso irrilevanti mentre sulle scelte strategiche, quelle sulle grandi opere, sui finanziamenti spropositati agli armamenti e alle guerre o per il salvataggio di banche troppo grandi per fallire etc……è affare di pochi gruppi dominanti che hanno il potere di decidere senza consultare nessuno o pochissimi, come afferma documentatamente la teoria delle elite’s.

Come si forma un’opinione consapevole? Quale è il meccanismo di formazione della volontà politica generale nelle nostre società politiche? Gli eletti hanno bisogno del sostegno economico privato..la politica è stata dunque distrutta dall’economia, prevale l’ideologia del pensiero unico con tanti saluti alla democrazia.

Ad esempio i bambini americani vedono in media 30.000 spot all’anno ..bombardare i bambini di pubblicità di cibo spazzatura è una delle tecniche più adottate dal marketing.

Molte cose che erano ritenute proprietà comune e comunque non mercificabili vengono coperti da nuovi ed estesi diritti di proprietà …

A ben vedere anche quella che i liberisti chiamano la tragedia dei common’s in Inghilterra. Il giudizio cambia se nel bilancio mettiamo le popolazioni contadine sradicate, come scrive Carl Polanyi “riducendo le persone in una folla di mendicanti e di ladri”.

Anche oggi l’arricchimento di strati alti della società avviene tramite l’impoverimento delle classi popolari e del terzo mondo. Lo abbiamo capito, non esiste responsabilità sociale delle imprese, anche la beneficenza è occasione di pubblicità e di business, una rapacità corsara che non si arresta davanti a nulla.

Rete web e open source

La condivisione dell’informazione è un dovere etico praticato con l’open source – da non confondere con il free software – anche dagli hacker’s. Occorre affermare la natura di bene pubblico della conoscenza; perfino lo scambio di informazioni nelle riviste scientifiche è sostanzialmente precluso dagli alti costi, cresciuti vertiginosamente, con il passaggio dall’editor Università pubblica ai privati. La ricerca non è libera, si cerca solo quello che ha una ricaduta economica e che viene finanziato dall’impresa privata, la ricerca pura è quasi impossibile. Per contro il finanziamento miliardario delle spese militari prosegue inarrestabile.

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Il sistema sanitario pubblico paga oggi costi altissimi per i brevetti biomedici e nel terzo mondo non si accede proprio ai nuovi farmaci. E’ questa la vera crisi del sistema basato sul principio dell’ “homo homini lupus” per la tendenza del capitale a ridurre ogni bisogno dell’uomo, ogni momento della sua vita allo scambio di merci.

Meglio la cooperazione della competizione: non è pensabile una società equa solidale e pacifica senza rivalutare la teoria e la pratica della cooperazione; infatti se cedo soldi ad un altro mi impoverisco ma se cedo idee ad un altro o a molti arricchisco tutti.

Lo scienziato Marcello Cini avanza un paragone suggestivo con la fisica: siamo al bordo del caos, al confine tra il regime ordinato dei cristalli e quello caotico delle nuvole e delle tempeste!

La disuguaglianza e la disperazione non sono una patologia ma una caratteristica basilare del sistema, scrive Lester Thurow. Occorre dunque la de- mercificazione dei processi economici: in altri termini ritrovare il valore della uguaglianza e della solidarietà. E non basta la politica, occorre anche la cultura per capire il mondo e salvarlo prima ancora che trasformarlo. Servono anche musicisti, scrittori, artisti ; solo un profondo sentire, che conosce il passato e non lo cancella, può progettare un futuro possibile.

Anche il diritto non può limitarsi a regolare i rapporti tra gli uomini e ad affermare il diritto assoluto sulla cosa. Occorre riconoscere il diritto di un paesaggio a non essere sfregiato, e rispettare anche il vivente non umano : non esercitare crudeltà verso gli animali, e considerare anche gli alberi e le montagne, le sorgenti, i fiumi e il mare non come strumenti di produzione e di appropriazione da inquinare se necessario!

Partiti e movimenti

Nel documento presentato da molte associazioni europee che partecipano al forum di Firenze (le adesioni sul sito), si fa riferimento alla pluralità associativa ma non si parla di movimenti politici e, non ovviamente, è cancellata la parola partiti. E’ pur vero che i partiti europei, non solo italiani, attraversano una profonda crisi di rappresentanza e di partecipazione e anche di analisi e progetto politico, e molti considerano quindi suggestivo unificare partiti e politica per liberarsi in un sol colpo di un sostantivo ingombrante.

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Tutto ciò anche se nella costituzione italiana i partiti sono il fondamento della repubblica e anche se gli avversari della forma partito non sanno contrapporre null’altro che il partito elettorale made in USA o partiti persona o formazioni politiche che sono sostanzialmente dei partiti, magari privi di vita democratica interna.

La risposta sta nel problema della rappresentanza come delega ineliminabile nelle democrazie rappresentative ma già Max Weber osservava che per partiti si debbono intendere le associazioni costituite al fine di attribuire ai propri capi una posizione di potenza all’interno di un gruppo sociale e ai propri militanti attivi possibilità per il perseguimento di fini oggettivi e/o per il perseguimento di vantaggi personali. In altri termini l’elettore si aspetta un vantaggio individuale o anche collettivo a livello di gruppo e o di territorio

Anche se non esiste vincolo di mandato nella nostra costituzione (infatti il parlamentare dovrebbe rappresentare l’intera nazione), anche se prevale piuttosto la rappresentanza di interesse e di classe sociale. Le aspettative dei cittadini sono ovviamente diverse: tra il detentore di capitale che chiede libertà e incentivi per l’ investimento e il lavoratore precario o disoccupato che ha un problema non per il futuro ma per il presente. Le istanze che provengono dai gruppi sociali sono preferibili rispetto al voto di scambio a livello individuale anche se gruppi di pressione, lobbies palesi o segrete e clandestine- meglio le prime ovviamente –cercano di influenzare il legislatore e soprattutto il governo, come è noto, con la corruzione e la concussione.

I riflettori vanno messi dunque sui sistemi di selezione dei candidati e sui sistemi elettorali.

In USA, dove esiste un bipartitismo quasi perfetto che non cambia nome e programmi ed è omologato al sistema di potere delle multinazionali non esiste alternativa politica, forse non esiste neppure la politica nel senso europeo e in particolare della tradizione socialista e comunista e i partiti non sono partiti politici ma partiti elettorali dove la scelta dei candidati tramite le primarie al di la’ degli aspetti spettacolari e mediatici dipende sostanzialmente dal sostegno economico raccolto con un vincolo di mandato dei finanziatori privati; quindi uno strapotere delle multinazionali e la cancellazione di ogni diversità politica sostanziale. L’omologazione è plasticamente evidente nei “caucus” dove, con uno stanco rituale, simulacro di democrazia pochi parlano – con decisioni assunte altrove – e molti applaudono!

Ma resta la domanda di fondo: un nuovo modello economico esiste? Per rispondere occorre una discussione non pregiudiziale, aperta, anche al pessimismo della ragione non disgiunto dall’ottimismo della volontà, come diceva Antonio Gramsci.

E se scoprissimo che è impossibile un rinnovamento profondo, a partire dal contrasto alla guerra – che è qualche cosa di più e meglio di una generica aspirazione pacifista. Se scoprissimo che i rapporti di forza sono a noi sfavorevoli, che il capitalismo non è una tigre di carta, che i cittadini non irretiti nelle clientele e nelle mafie non sono maggioranza e che solo una minoranza persegue in politica una valutazione critica e informata sui fatti. Se scoprissimo infine che non basta definire un armistizio tra uomini senza affrontare il rapporto uomo natura e in particolare uomo- animale (con, ad esempio, allevamenti intensivi e xenotrapianti ) con una inedita prospettiva di un rapporto anomalo tra agricoltura- medicina- farmacologia?

Usa e getta

C’è infine una ambiguità lessicale e non solo; ad esempio quando ci si oppone giustamente al taglio della spesa sociale e allo smantellamento dei diritti conquistati con durissime lotte non va dimenticato che il consumismo e lo spreco sono connaturati al capitalismo: si pensi ad esempio alla facilitazione del credito in Usa per spingere i consumi e la conseguente diffusione di titoli tossici.

Un sistema economico che produce troppo di tutto, che pratica una dissipazione energetica etc.. e che pensa ad uno sviluppo impetuoso in un mondo con risorse scarse..; chi sostiene questo o è pazzo o è un economista!

Rino Vaccaro

Il sito del Forum : http://www.firenze1010.eu/it/


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Rino Vaccaro
RINO VACCARO è nato a Chiavari nel 1938. Laureato in Scienze politiche all’Università di Genova con una tesi su “Marx e lo Stato moderno”, giornalista freelance e autore di pubblicazioni, è figura di spicco del mondo ambientalista. Iscritto all’albo dei direttori di Ente parco del ministero dell’Ambiente, è stato consigliere comunale a Rapallo, capogruppo Pci, consigliere provinciale, componente dell’Ente parco delle Cinque Terre e vicepresidente ligure di Italia Nostra. Ha creato il sito Ambiente e Politica (www.ambienteepolitica.it).