‘L’Età fragile’, di Donatella Di Pietrantonio, Premio Strega 2024 – Recensione

“L’età fragile” di Donatella Di Pietrantonio (Giulio Einaudi editore) è il libro vincitore della LXVIII edizione del Premio Strega. Con toni di grande affetto e riconoscenza Ilaria Paluzzi, a firma di quest’articolo, ci racconta di quanto la Di Pietrantonio sia stata capace di dare voce all’Abruzzo, “pezzo di Italia centrale, dimenticato e sommerso dalla dimenticanza”, restituendo agli abruzzesi la loro voce, le loro storie, la loro versione di quelle storie.

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Ai piedi del Monte Morrone, in Abruzzo, nei pressi di Mandra Castrata, si erge un piccolo cippo. Dei fiori si aprono su una croce di ferro. Appoggiata sui sassi, una vecchia foto ritrae due ragazze sorridenti. Si tratta di Diana Olivetti e Tamara Gobbo, le due ragazze che nel 1997, durante un’escursione, furono aggredite e poi uccise da Alì, pastore macedone. Insieme a loro Silvia Olivetti, che sopravvisse fingendosi morta e poté raccontare ai poliziotti l’intera vicenda. Il pastore, dicevano quelli che lo conoscevano da sempre, pare vivesse in uno stato di quasi completa solitudine.

È a questa storia che si ispira L’età fragile, il nuovo romanzo con il quale l’autrice abruzzese Donatella Di Pietroantonio ha vinto il Premio Strega. “Eravamo giovani, ma non invincibili”, racconta Lucia, protagonista e voce narrante di questa storia che si ispira alle vicende atroci che colpirono le tre ragazze provenienti dal padovano. “Eravamo fragili. Scoprivo che da un momento all’altro potevamo cadere”. A cadere per prime nella vita della donna sono tuttavia le sue piccole illusioni di ragazza, le stesse che la inducevano a cercare nella montagna le sue certezze. Ma la tragedia la trascina, quando è ancora fanciulla, tra i chiaroscuri dell’età adulta. “In una notte siamo diventati grandi”, racconta.

La scrittura della Di Pietrantonio si dispiega tra le pagine di questa storia con una calma che ha il sapore dolciastro della rassegnazione. Rassegnata come chi si trova ad assistere alla tragedia umana senza saperla comprendere. La violenza che si annida nelle zone dove la parola non arriva si trascina nel tempo connotandolo della sua freddezza. Quel tempo che ci espone con violenza al pericolo, che ci trascina via a forza da quelle montagne, lì dove il ritmo della vita si fa a tratti feroce, avido, cieco. Come accadrà alla figlia di Lucia, Amanda, che va a studiare a Milano, nella città grande e piena di luci. Ma le luci della città non basteranno a proteggerla e presto sulle sue debolezze si apriranno le macchie di una colpa inspiegabile che ancora si fa fatica a dire.

“Era un ragazzo di ventun anni”, si dice a proposito del pastore che ha aggredito e poi ucciso le ragazze. “Lasciato solo; nessun legame con la famiglia di origine, e qui nemmeno un amico. Giorno e notte a contatto con gli animali, fino all’abbrutimento”. Come se a rendere bestiale un uomo fosse la sua solitudine. O come se fosse la sua intima bestialità ad emergere inesorabilmente nel momento in cui si trova ad essere solo con sé stesso, lasciato alle sue bestie, a quegli spazi troppo grandi da riempire, troppo piccoli e insidiosi da gestire. E se fosse proprio questo a rendere fragili i protagonisti, questa loro antica credenza?

D’altra parte le antiche credenze sembrano animare le piane delle montagne come lucciole d’estate. E se c’è una cosa per la quale l’autrice del L’Arminuta va annoverata, è proprio questo: aver saputo tramandare con quella sua voce sottile, che arriva da un presente lontano, sommerso in un tempo discreto e silente, il sapore di quelle antiche credenze. La Di Pietrantonio infatti è stata la prima che ha raccontato questo pezzo di Italia centrale, dimenticato e sommerso dalla dimenticanza, regalando ai suoi personaggi tratti di drammatica solennità. Lei, infatti, è riuscita, con eleganza e raffinatezza, a cucire le trame di una memoria nascosta, taciuta, coperta dalla vergogna. Nessuno aveva scritto di rituali come l’uccisione del porco a dicembre con i toni epici di rara e antica memoria virgiliana. Nessuno era riuscito a portare l’Abruzzo, con tutti i suoi raddoppiamenti fonosintattici e il suo fonosimbolismo, accentuato da litri di Centerba e Genziana, alle altezze olimpiche di pagine che rimarranno sicuramente nella storia. Nessuno ha saputo farlo, soprattutto, con una tale delicatezza.

Donatella Di Pietroantonio

E di questo gli abruzzesi le sono grati: per aver portato l’intima amarezza della loro terra nella dolcezza delle sue pagine migliori, raccontandone le usanze, gli ambienti, riportando in vita alcune vicende fino a qualche tempo fa inenarrabili. E poi per essere andata nelle piazze a confrontarsi con la gente, ad ascoltare anche la loro versione di quelle storie, a dimostrare loro che i libri non sono solo per la “gente shtudiata”, perché raccontano cose semplici come la vita, perché portano fuori le loro vicende peggiori da secoli di silenzio. Soprattutto, dunque, la ringraziano di questo: per aver avuto il coraggio di aprire le stanze che si tengono ben chiuse quando arrivano gli ospiti.

Ecco, la Di Pietrantonio ha aperto quelle stanze e di questo, almeno io personalmente, la ringrazio. Verrà un tempo in cui la parola cafone non sarà più un offesa, inneggiava Silone. E quel tempo noi, chi da vicino, chi da lontano, lo stiamo costruendo insieme, piane a piane.

Ilaria Paluzzi

Presentazione e riassunto del libro sul sito dell’editore. Prezzo 17€.

Link interno in francese per approfondimenti :
Donatella Di Pietrantonio à l’Institut culturel italien de Paris en février 2023 pour présenter, en compagnie de sa traductrice Laura Brignon, ses livres « L’Arminuta » et « Borgo Sud » (vidéo).

PRO MEMORIA – Laureati del Premio Strega 2024
È Donatella Di Pietrantonio la vincitrice del Premio Strega 2024 con 189 voti per il suo romanzo « L’età fragile » edito da Einaudi. Al secondo posto Dario Voltolini con « Invernale » (La nave di Teseo), 143 voti e al terzo Chiara Valerio con « Chi dice e chi tace » (Sellerio), 138 voti. Al quarto posto Raffaella Romagnolo con « Aggiustare l’universo » (Mondadori), 83 voti, al quinto Paolo Di Paolo con « Romanzo senza umani » (Feltrinelli), 66 voti e al sesto Tommaso Giartosio con « Autobiogrammatica » (minimum fax), 25 voti. A presiedere il seggio Stefano Petrocchi, direttore della Fondazione Bellonci al posto di Ada d’Adamo, vincitrice nel 2023, morta l’1 aprile dello scorso anno a cui sarebbe spettato come da consuetudine. Hanno votato in 644 su 700 aventi diritto, pari al 92%

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Ilaria Paluzzi
Ilaria Paluzzi è nata in un piccolo paese vicino al mare, in Abruzzo. Verso i 18 anni si trasferisce a Roma dove consegue la laurea in studi umanistici. Attualmente vive tra l'Abruzzo e il Lazio, tra ilmare e la città. Per diverso tempo ha collaborato con varie testate giornalistiche. Attualmente ha deciso di dedicarsi unicamente alla narrativa. Recentemente è uscito il suo primo romanzo, 'Riva', edizioni Bookabook. Collabora come autrice per la collana Dafni&Cloe, mentre lavora ai prossimi progetti. Nel 2016 ha ideato e curato 'Gente di mare', progetto editoriale itinerante. Oggi il mare continua a scorrere in tutte le sue storie, in un modo o nell'altro, come l'estate che mantiene vivo col suo profumo il più lungo inverno.

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