Mentre ritornano in auge le scienze agrarie, diventa importante ricordare la figura di Azimonti il meridionalista del nord. Lo fa con un libro Terenzio Bove. Fu suo allievo Manlio Rossi Doria che con lui darà vita a quel centro di specializzazione agraria che fu un laboratorio ed un esempio, di come si poteva uscire dai luoghi comuni dell’arretratezza del sud Italia.
Tanti e diversi gli scritti di Giustino Fortunato della sua immensa biblioteca: in uno colpisce di leggere un ricordo di Eugenio Azimonti, agronomo e ricercatore, giunto in Basilicata agli inizi del secolo scorso per contribuire ai metodi di miglioramento dell’agricoltura meridionale. In una lettera inviata a Gaetano Salvemini, il 24 marzo del 1911, così scriveva di lui Giustino Fortunato: “Tu è bene che lo conosca l’Azimonti. Ne sarai innamoratissimo. Non so se alcun altro meridionale abbia mai saputo che cosa sia l’Italia Meridionale…”
Eugenio Azimonti era lombardo di Cerro Maggiore (Milano) dove era nato nel 1878. Si stabilì quindi nella Valle del fiume Agri, verde e rigogliosa, nel cuore della regione, laddove oggi spuntano alte e fiammanti le torri delle estrazioni petrolifere. Un tempo era campo sperimentale per una economia di sviluppo, quella agricola, in grado di coinvolgere un territorio, una regione, una più vasta area meridionale. Ne parla in un suo recente libro Terenzio Bove, anch’egli ricercatore ed agronomo, dal titolo “Eugenio Azimonti. L’agronomo meridionalista venuto dal Nord”, (Ed. Il giardino di Azimonti, pagg.200) definito dall’autore uno dei massimi conoscitori delle realtà rurali del Mezzogiorno.
Azimonti collaborò con una folta schiera di tecnici attivi nel Mezzogiorno, impegnati su diversi fronti della ricerca in agricoltura. Dell’Azimonti fu allievo Manlio Rossi-Doria, e fu proprio l’agronomo milanese ad introdurre il suo discepolo nella casa di Giustino Fortunato, (sia a Rionero in Vulture che a Napoli), autorevole luogo di incontri e confronti di elevato pensiero meridionalista, imperniato sia sulle dinamiche politiche che su quelle culturali di più ampio respiro.
E da Fortunato, dagli scambi intellettuali, partirono con Rossi-Doria radicali revisioni dei metodi di analisi sulla agricoltura e le relative sperimentazioni. A questi, si legano gli annessi atavici problemi meridionali, fino ad approdare, più tardi, alla costituzione del Centro di specializzazione e ricerche economico-agrarie per il Mezzogiorno con sede a Portici. Anni dopo, lo stesso Rossi-Doria avrà modo di scrivere di Azimonti come di un maestro, anzi: “So di avere in lui più che un maestro, e di avere maturato proprio nella Val d’Agri quell’apertura necessaria a comprendere gente diversa da me”.
Azimonti visse stabilmente per alcuni decenni proprio in quell’area, in località Pedali, l’odierna Villa d’Agri: fu direttore di Cattedra a Potenza, operatore tecnico e ricercatore in agricoltura, ma anche instancabile politico e meridionalista. In Val d’Agri realizzerà la propria azienda agraria e, nel contempo, collaborerà con il giornale “l’Unità” di Gaetano Salvemini, e con il quindicinale napoletano “L’Agricoltore del Mezzogiorno”.
Attività queste complementari ad un obiettivo ben più ampio, quello di “sdoganare l’agricoltura del Mezzogiorno da quei luoghi comuni di immobilità ed inefficienza. Un libro, quello di Bove, che approfondisce e rimette in discussione con elementi concreti l’atavica questione, quella Meridionale.