Sgorlon e quegli emigranti friulani protagonisti dell’epopea russa del “Far East”

Uscito di recente in traduzione francese il libro di Carlo Sgorlon « Le coquillage d’Anataï » (La conchiglia di Anataj), tra realtà e leggenda: l’incredibile epopea dei friulani partiti per costruire la Transiberiana a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo.

Iniziamo dall’autore: chi è Carlo Sgorlon?

Una sua fedele biografia cura il sito www.sgorlon.it: “Carlo Sgorlon nato il 26 luglio 1930 a Cassacco. Un paese a tredici chilometri da Udine capitale del Friuli. A Udine morto il 25 dicembre 2009. I suoi genitori, di modeste condizioni, abitavano già in città. Carlo, secondo di cinque figli, nato nella casa della nonna, come di uso nelle civiltà rurali di un tempo, visse per lunghi periodi in campagna, con i nonni, in assoluta libertà, a contatto con i ragazzi dei contadini, in una società agricola intessuta di favole, miti e superstizioni.

Elvira
Elvira Kamenshchikova

Alla fine di ogni anno scolastico veniva condotto in città per sostenere gli esami di idoneità alla classe successiva. Poi tornava a tuffarsi nei giochi e nella cultura elementare dei contadini. Gli anni in cui un bambino realizza le sue conoscenze fondamentali del mondo, ricavandone impressioni e sottofondi inconsci che poi durano per sempre, Sgorlon li visse quasi per intero nel Friuli contadino. In Udine frequentò le prime classi della scuola media, poi vinse un concorso per frequentare le scuole in un collegio cittadino, non certo per necessità di studio, ma soltanto per alleggerire il carico della sua numerosa famiglia. Suo destino diventò quello di vivere lontano dai genitori e dai fratelli. La famiglia tuttavia era sempre la meta delle sue nostalgie. Questo fatto accentuò il suo carattere fortemente sentimentale, affettuoso, solitario, tranquillo e introverso. A diciotto anni vinse il concorso per entrare nella Scuola Normale Superiore di Pisa, tra gli studenti di lettere. Quando pensava all’avvenire esso si legava sempre al sogno di fare il narratore. Poi cominciò l’attività di insegnate di lettere nelle scuole superiori.

Questa introduzione lascia già trasparire qualche tema, personale, che Sgorlon trasmette al lettore attraverso « Le coquillage d’Anataï« .

Tre parole mi paiono fondamentali per capire la sua produzione e in particolare questo libro: vivere lontano, nostalgia e destino.

Nella Russia zarista ormai al tramonto, un gruppo di artigiani friulani in cerca di fortuna combatte il duro clima siberiano per realizzare il grande sogno russo : la transiberiana. Quello che molti hanno definito come « epopea del Far East » ci viene raccontata da Sgorlon attraverso le voci, le orecchie e gli occhi di giovani (e non) emigranti italiani.
Una storia vera, documentata da una ricercatrice di Irkutsk, Elvira Kamenshchikova. Ospitata e aiutata dall’Ente Friuli nel Mondo, nel 2008 ha rilasciato un’intervista a Repubblica sulla vera storia dei trecento friulani che costruirono la Krugobaikalskaja.

Cosa nasconde questo nome, difficilmente pronunciabile, “Krugobaikalskaja”? Si tratta di quel tratto della ferrovia Transiberiana che segue i contorni meridionali del lago Baikal. Qui, un gruppo di friulani fu impegnato nella costruzione di gallerie, ponti, viadotti, massicciate. E poi, della maggior parte di loro, si persero le tracce. Secondo la ricercatrice, i friulani « erano i migliori a lavorare la pietra. La Russia è un’immensa steppa pianeggiante: i veri problemi da superare per il tracciato della Transiberiana stavano proprio nella zona montuosa del lago Baikal e le maestranze russe non ne avevano le competenze ». La grande curva del Baikal fu terminata nel 1905. Ma già nel 1904 si perdono le tracce di molti stranieri a causa dello scoppio del conflitto russo-giapponese. Si dispersero. «Molti dei lavoratori della Transiberiana portarono con sé le mogli e i figli oppure sposarono donne russe. Con loro vissero per oltre trent’anni a Irkutsk, a Cita e nelle altre città. Lavorando, aprendo attività commerciali, integrandosi con la vita della comunità», come ha raccontato la Kamenshchikova.

Ma torniamo a questo libro. Il tema predominante è la nostalgia, che ingigantita dal freddo, attanaglia il cuore e le menti dei protagonisti. Il dolce ricordo del focolare di casa, la tenerezza delle mamme e l’adolescenza che a tratti ritorna in mente nei pochi momenti di pausa. Nella lontananza e nel ricordo la vita continua, con la sensazione che presto o tardi tutto potrà ricominciare da dove era stato interrotto. Alla fine ci sarà l’agognato ritorno per alcuni ma, inevitabilmente, la Siberia avrà segnato ciascuno di loro, anche in modo traumatico, come avverrà a Marco, uno dei protagonisti.

Il libro affronta anche altri temi, molto attuali in un mondo globalizzato come quello attuale, sconvolto da crisi migratorie senza precedenti. La storia di Valeriano è l’esempio di chi, dopo anni di lotte con la nostalgia, è ormai pronto ad accettare il proprio destino di “senza patria”. Attraverso la ragnatela di relazioni umane sane e sincere, che solo la taiga o la steppa siberiana possono offrire, ritrova il proprio senso e la propria dimensione. Villaggi dove il contatto umano è fraterno, dove le relazioni umane sono senza frontiere e anche chi è preda della solitudine e nostalgico puo’ ricevere un affetto rincuorante. Una natura dura ma talmente bella che riesce a dare forza anche a chi vorrebbe mollare.

AnatajUn racconto reale che diventa leggenda ogni qual volta si incontrano questi personaggi russi d’altri tempi: Anataj, il cacciatore leggendario oppure Aïdym, giovane dea Kirghisa. Un racconto di solidarietà, che in qualche modo anticipa, nella lotta industriale contro l’ostilità siberiana, l’imminente scoppio della rivoluzione. Un lavoro duro ma che allo stesso tempo diventa obiettivo, speranza, lotta per la sopravvivenza. La realizzazione di questa grande opera, la transiberiana, come riscatto di una vita di sacrifici e il sentimento di avere contribuito a fare la storia, colmando altri vuoti della vita.

Un libro pieno di umanità e di solidarietà, da consigliare caldamente a tutti, siano essi di origini italiane oppure semplicemente appassionati di favole siberiane. Una storia che ci fa riflettere sui vantaggi moderni della comunicazione, dove con un semplice messaggio si rincuorano i nostri cari dall’altra parte del mondo o si cena con skype davanti agli occhi della fidanzata a 10 000 chilometri di distanza.

Sgorlon descrive anche molto poeticamente la fatica e le energie che necessitano la “relazione” con la famiglia, lo sforzo degli scambi epistolari, che con il tempo si affievoliscono fino a sparire.

Fabrizio Botta

Il libro è disponibile in italiano o in francese:

Carlo Sgorlon – La conchiglia di Anataj (Mondadori) da gustare questa estate, su una spiaggia molto calda oppure questo inverno, davanti al camino.

Carlo Sgorlon – Le coquillage d’Anataï, paru aux éditions du Rocher, le 01/02/2018, dans une excellente traduction française de Jacqueline Malherbe-Galy et Jean Luc Nardone. 312 pages à savourer cet été sur une plage très chaude ou devant la cheminée en hiver (22,90€)

Présentation : Dans la Russie du tsarisme finissant, au coeur d’une Sibérie dangereuse et grandiose, une diaspora de Frioulans, composée de tailleurs de pierres, de menuisiers, de terrassiers et de forgerons, participe à la construction de la ligne transsibérienne. Ponctuée d’épisodes tragiques, leur lutte est épuisante, aggravée par des conditions de vie extrême. Avec les Tartares et les Mongols, ils forment une communauté villageoise chaleureuse et contrastée, même si le sentiment d’être en terre étrangère est toujours vif en eux. Ensemble, ils poursuivent cette tâche titanesque, artisans acharnés de la modernité, dans une nature vierge, sauvage et glacée où vivent les forces primitives. Une lutte forcenée où ils prennent la stature de héros. Le vieil Anataï, chasseur légendaire, attaché à son grand coquillage de mer, est la mémoire de cette terre mythique et Aïdym, la jeune Kirghize, la déesse tutélaire du foyer. Sgorlon signe un roman riche d’humanité, traversé par le souffle puissant de la tragédie et de l’épopée. Une oeuvre envoûtante.

Carlo Sgorlon (Cassacco 1930 – Udine 2009) a étudié à l’École normale de Pise et à Munich. Il a mené une carrière de professeur parallèlement à celle d’écrivain toujours attentif à la vie de son petit peuple frioulan, à la croisée des frontières de l’Italie du Nord. Auteur d’une vingtaine de romans, il obtenu en 1973 le prix Super Campiello pour son roman Il Trono di legno (Le trône de bois) et en 1983 pour La Conchiglia di Anataj (Le Coquillage d’Anataï). Il s’est aussi vu décerner le prix Strega en 1985 puis les prix Napoli et Nonino en 1989. Il fait aujourd’hui l’objet d’un hommage unanime et de récentes études critiques saluent son oeuvre singulière.
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Fabrizio Botta
Fabrizio Botta, Piemontese d'origine e Francese d'adozione, si e' stabilito nella "Ville Lumière" dopo aver ottenuto un Dottorato all'Université Pierre et Marie Curie. Dopo aver lavorato per 10 anni come ricercatore nel campo ambientale, da qualche anno si occupa di valutazione del rischio all'Istituto Superiore di Sanità Francese. Appassionato di viaggi, di geopolitica e di fotografia (https://www.instagram.com/_fabrizio_botta_photographer/), dal 2015 collabora con Altritaliani per la sezione cinema.

1 COMMENTAIRE

  1. Scrive alla redazione un nostro lettore e inseriamo il suo post:
    Gentile Redazione,
    desidero esprimere la mia gioia nell’apprendere della traduzione in francese del bel romanzo di Carlo Sgorlon “La conchiglia di Anataj”. Ai romanzi di Carlo Sgorlon dedicai nel 2015 questo mio libro “Omaggio a Carlo Sgorlon. I romanzi”:
    https://www.ibs.it/omaggio-a-carlo-sgorlon-libro-bartolomeo-di-monaco/e/9788875474195?inventoryId=46897793
    In questo volume sono stati presi in considerazione in un’opera unica, nella forma di recensione-invito alla lettura, tutti i romanzi di Carlo Sgorlon, uno dei più grandi narratori italiani del Novecento.
    Bartolomeo Di Monaco

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