La natura vince sull’umanità malata di Coronavirus e si riappropria dello spazio, della luce e dei colori naturali. Gli animali approfittano del confinamento umano e avvertono un vento di libertà.
Se non ci fosse stato questo estraniamento dell’umanità malata e insidiata dal virus mortale, allontanata dai luoghi consueti per necessità di salute, privata dalla frequentazione abituale dei luoghi delle città e dei dintorni, lontano dai parchi e dalle oasi verdi, ma non solo, non avremmo mai assistito allo spettacolo che ci offre la natura in questi giorni di solitudine e d’isolamento, come se si fosse posta in alternativa a noi.
Si son visti segnali che ci dicono la libertà, oserei dire la gioia, di creature selvatiche che si sono riappropriate degli spazi che prima erano occupati dagli uomini: fenicotteri rosa sulla vasta superficie di laghi in India, pinguini bicolori impettiti come fanciulle a passeggio, in alcune località dell’Australia, daini e lepri, variamente assortiti, nei parchi di New York, papere e paperette in lunga coda negli stagni abbandonati.
Cosa sta succedendo? Si direbbe che gli animali abbiano avvertito un vento di libertà mai prima d’ora loro concesso, se non nei primi giorni della creazione. Si saranno chiesti, ammesso che avessero il pensiero: “ma gli uomini finalmente sono scomparsi ? Che fine hanno fatto ? Sono tutti morti ?”.
Questa considerazione mi richiama in mente una delle Operette morali del Leopardi, una delle più belle: “Dialogo di uno gnomo ed un folletto”, intrisa di grande ironia, egli che sulla natura la sapeva lunga, sugli infiniti silenzi di essa, sulle piante rare, sugli immensi spazi che offriva, sulle creature misteriose pascolanti, sulle siepi visibili ed invisibili e così via. S’avverte a fior di pelle il suo pessimismo cosmico: ‘quei monelli’, così li chiama, non esistono più, in parte si sono estinti facendo guerre, in parte per altri mali che sono andati a cercarsi (non era ancora arrivato il Covid-19, ma al poeta stesso toccherà morire di peste), la verità è che i due convengono che a torto gli uomini s’erano illusi d’essere i padroni dell’universo, mentre, dopo la loro scomparsa, tutto è rimasto come prima, la terra, il sole e gli altri pianeti, segno che la vita degli uomini non era necessaria nel complesso dell’universo.
Non so se gli animali si son dati una risposta simile nel loro gergo, ma evidentemente hanno avvertito, con l’istinto, la mancata ed ingombrante presenza degli uomini e senza più la paura della loro superbia e prepotenza, hanno ripreso a godere di quello che loro mancava: l’aria pura, l’acqua pulita, il verde dei prati, la vasta area delle piazze vuote, tutto finalmente a loro disposizione e si sono dati appuntamento per visitare i posti dov’era loro proibito prima andare.
Che bello essere liberi nei luoghi più ricercati e sentire l’ebbrezza d’una sosta magari davanti alle vetrine o ai negozi o alle spiagge stranamente deserte ! Si sono illusi anche loro di possedere tutto? Non hanno potuto sapere che al contrario, gli uomini soffrivano o morivano chiusi negli ospedali al colmo della disperazione o nelle abitazioni in preda ad incubi indicibili per avere perso il loro tanto amato tempo di vita. Si direbbe che noi uomini abbiamo perso il nostro privilegio di esseri pensanti necessari ed indispensabili. Siamo tornati indietro nell’evo dei tempi quando eravamo ospiti dell’Eden in tutto il creato e non presumevamo di dominarlo. Questo è stato l’inizio del nostro male.
Ora sono splendidi pure i colori brillanti delle superfici che noi abbiamo rese grigie e fumose, con il nostro strafare. I laghi, i fiumi, le pianure hanno riacquistato la brillantezza perduta, l’aria è più tersa e disinquinata come se festeggiasse la nostra assenza. I veleni sono stati filtrati.
Se ci sarà concesso di tornare a vivere, abitando il pianeta e vincendo il nostro male, riflettiamo su questo stato di cose ed evitiamo dì essere nemici della natura e dell’ambiente per essere grati a tutte le creature sulla terra, secondo lo spirito francescano.
Gae Sicari Ruffo
Dialogo di un folletto e di uno gnomo di Giacomo Leopardi:
Videolezione scolastica del prof. Luigi Gaudio
oppure testo del Dialogo dal sito Leopardi.it