L’Appunto mensile di Alberto Toscano – dicembre 2020

Cari amici,
vi scrivo così mi distraggo un po’.
Un maledetto anno vecchio è finito, ormai, ma qualcosa ancora qui non va.
C’è il coprifuoco la sera, compreso quando è festa.
Non sappiamo che ci aspetta domani e l’atmosfera non potrebbe essere più mesta.
Si guarda la tv per intere settimane, e quelli che hanno niente da dire sparano a raffica parole vane.
Noi speriamo che il nuovo anno porterà una trasformazione e tutti quanti stiamo già aspettando:
ci sarà un’esenzione fiscale e una montagna di finanziamenti europei, un vaccino di efficacia spaziale e la cacciata di tutti i farisei ;
ci sarà da ballare e da bere tutto l’anno,
anche i poveracci potranno mangiare, mentre gli altri già lo fanno.
E purtroppo qualcuno sparirà : se ne sono andati in tanti, quest’anno, e la strage continuerà in quello che verrà.
A morire non sono solo i troppo furbi e i cretini d’ogni età, ma tantissime persone comuni, figlie di una triste normalità.
È a loro che dobbiamo tutti quanti dedicare
la speranza per l’anno che verrà.
 
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Chiedo scusa a Lucio Dalla per essermi permesso di parafrasare i suoi versi più celebri, ben impressi nella memoria di noi italiani : quelli appunto della canzone L’anno che verrà, da riascoltare senza moderazione. Ormai basta un clic sullo smart per avere l’youtube del grande Lucio. ♥♥ Cliccate gente, cliccate !
Le rime più profondamente scolpite nella nostra memoria collettiva sono quelle delle poesie imparate a scuola e delle canzoni che ascoltavamo appena usciti da scuola. Nel caso di noi italiani, una delle poesie che non possiamo dimenticare – sadicamente inflittaci da generazioni di programmi ministeriali – ha un nesso sia con la Francia sia col 2021, l’anno che verrà.
Ascoltando le parole « Cinque Maggio », i francesi pensano al calendario e noi italiani pensiamo al Manzoni, che alla morte di Napoleone scrisse: « Ei fu. Siccome immobile / dato il mortal sospiro / stette la spoglia immemore / orba di tanto spiro ». Con Napoleone Bonaparte, spirato il 5 maggio 1821, gli italiani hanno sempre avuto un rapporto molto particolare. Quasi schizofrenico. Piaccia o non piaccia, quel signore ha cambiato i destini della nostra penisola. In Italia è stato al tempo stesso liberatore e conquistatore, portando da un lato nuove speranze e trafugando dall’altro tutto quanto è riuscito ad arraffare (comprese le Nozze di Cana di Veronese, mai tornate nel luogo di Venezia per cui erano state concepite e dipinte).
Scommetto che la prossima primavera, col duecentesimo anniversario della morte della star còrsa, riesploderà lo « scandalo » sul fatto che nella tomba di Napoleone agli Invalides non ci sarebbe il corpo dell’imperatore (nascosto a Londra dagli inglesi), ma quello di un oscuro e curioso personaggio di nome Cipriani. Speriamo che quell’inconcludente dibattito ci faccia almeno sorridere, alleviando il peso di una polemica di ben maggiore spessore storico : quella sui vaccini, destinata a caratterizzare davvero l’anno che verrà.

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Insieme al pomposo Cinque Maggio di Alessandro, noi abbiamo imparato a memoria l’auspicio agrodolce di Lorenzo : « Chi vuol esser lieto sia, del doman non v’è certezza ! ». Per adesso è chiara la seconda parte di questa frase: di certezze per l’anno che verrà ne abbiamo davvero pochine. Speriamo di riuscire almeno a concretizzare il programma di Lorenzo de’ Medici : tanti auguri a « chi vuol esser lieto » di conoscere finalmente un momento felice, godendosi un po’ di gioia in quello che la magnifica (magnifica quasi come Lorenzo) Jeanne Moreau chiamerebbe le tourbillon de la vie.
Che bello sentirla cantare « On s’est connu, on s’est reconnu / On s’est perdu de vue, on s’est r’perdu d’vue / On s’est retrouvé, on s’est réchauffé / Puis on s’est séparé / Chacun pour soi est reparti / Dans l’tourbillon de la vie ». Bello e istruttivo: sembra la storia delle relazioni franco-italiane nel paio di millenni compresi tra Giulio Cesare e Giulio Andreotti.

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Tra le scene che mi hanno colpito nel 2020 c’è quella di una cerimonia protocollare (la consegna di alcuni premi) avvenuta in febbraio al salone delle feste dell’Assemblea nazionale, cortesemente prestato per l’occasione. Nel suo saporito discorso, un giornalista parigino dalla sciarpa rossa ha esaltato (cosa sacrosanta) l’amicizia franco-tedesca, ma ha cercato applausi aggiungendo la citazione di De Gaulle, secondo cui « L’Europe c’est la France et l’Allemagne, les autres c’est les légumes ». A parte il fatto che De Gaulle ha parlato (e agito) nel contesto di un’Europa ben diversa da quella attuale, citare oggi – anche se con ironia – quella frase del 1960 non è un buon auspicio per l’avvenire della costruzione comunitaria. C’è poco da scherzare con le difficoltà e i traguardi che attendono nel 2021 noi Ventisette dell’Unione e soprattutto noi Diciannove dell’Eurozona.

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Nell’anno che verrà, comincia una fondamentale stagione elettorale europea, destinata a vedere tra l’altro (subito dopo le vacanze estive) il rinnovo del Bundestag, con la prevista partenza di Angela Merkel (« Santa subito ! ») e la scelta di un nuovo cancelliere tedesco. Poco dopo, sarà il turno della Francia : presidenziali e legislative nella primavera 2022, con una campagna elettorale che partirà di fatto già la prossima estate. Per l’Italia non è mai facile esprimere previsioni sulla data delle urne, visto che il Parlamento può sempre essere sciolto. Sempre, fino a un certo punto : non può esserlo nel semestre precedente la fine del mandato presidenziale. In pratica, considerando che il mandato di Sergio Mattarella al Quirinale termina nel febbraio 2022, in Italia sarà praticamente impossibile andare al voto dopo la primavera prossima. Ma, siccome c’è il Covid, pure nella prima metà del 2021 sarà difficilissimo andare alle urne. Fatti quattro conti e data un’occhiata al calendario, è dunque plausibile che l’attuale Parlamento, eletto nel marzo 2018, arrivi al 2022 o addirittura alla fine naturale del proprio mandato nel 2023. La sera delle elezioni, molti ebbero la sensazione di trovarsi davanti a un Parlamento ingovernabile. Invece di maggioranze ne sono spuntate addirittura due, una dopo l’altra. E magari ne spunterà una terza. In Italia capita che le cose apparentemente effimere e provvisorie si rivelino più durature di quelle che sembravano a prima vista solide e « definitive ». Se esistesse un Nobel per l’alchimia, i viaggi a Stoccolma diventerebbero un’abitudine per i nostri politici.

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In Europa, l’anno che verrà è davvero un momento fondamentale. Il 2021 comincia con la Brexit, concetto che mi innervosisce fin dalla sua denominazione : chissà perché quella parola dev’essere femminile in italiano e maschile in francese. Ma il punto non sta certo lì. Il punto, ed è questo a contare, smette di essere interrogativo (Brexit sì o no ? Brexit quando ?) per diventare finalmente esclamativo : Brexit ha da essere e Brexit sia ! I sudditi di Elisabetta, che mezzo secolo fa tanti sforzi hanno compiuto per entrare in Europa, adesso ne fanno ancor di più per andarsene. Nel mondo intero, gli Stati cercano alleanze per emergere in un contesto globalizzato. L’isola sembra invece felice del suo isolamento. Contenta lei …
Un grande interrogativo dell’anno che verrà sta nella realizzazione del piano per la ripresa economica post-Covid. Per noi dell’Unione europea è una straordinaria  opportunità per uscire « dall’alto » dalla crisi innescata dalla pandemia. Il rischio è pari alla posta in gioco: se l’occasione verrà sprecata, non solo ci resteranno i debiti da pagare, ma si innescherà una pericolosa spirale di polemiche tra i Ventisette. Non ci vuole la sfera di cristallo per capire una cosa evidente : se da questa crisi usciremo « dall’alto », avremo un’Europa più integrata e più forte ; se usciremo « dal basso », rischieremo di vanificare decenni di sforzi dei nostri popoli e persino l’impalcatura della moneta unica potrebbe vacillare.
Nessuno può dunque sottovalutare la sfida europea del 2021. Si tratta di finanziare insieme un progetto gigantesco, mettendo al tempo stesso le basi per un lungo periodo collaborazione e di sviluppo. Se un paese qualsiasi (non dico a quale mi viene spontaneo pensare) spenderà male quella montagna di quattrini, frutto dell’impegno comune, la sua perdita di credibilità sarà scolpita nella memoria collettiva di tutti quanti gli europei.
L’economia europea cresce poco e – se osserviamo il panorama degli ultimi decenni – questa considerazione vale soprattutto per l’Italia. Se l’enorme programma d’investimenti coinciderà con scelte sagge ed efficaci, l’inevitabile aumento del debito sarà gestibile in modo relativamente facile. Se però l’occasione sarà sprecata, ci resterà il debito con l’aggiunta della disoccupazione.
Mi viene in mente l’epoca in cui scrivevo i miei articoli da uno Stato che non c’è più. Si chiamava Jugoslavia. Un giorno di trentasei anni fa, a Belgrado, mi hanno raccontato la storia di un investimento, finanziato con prestiti occidentali, per la realizzazione di un complesso siderurgico in una zona mineraria. Quando il gigantesco impianto è stato pronto a entrare in funzione, ci si è accorti che le risorse del sottosuolo non erano adeguate al suo fabbisogno, per cui tutto è andato a monte. Tutto tranne il debito in dollari, che è rimasto da pagare. Proprio il debito estero ha aggravato la crisi economica jugoslava, che ha a sua volta contribuito alla drammatica disgregazione di quello Stato. L’esperienza jugoslava è finita come sappiamo. Meditate, gente, meditate !

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Eccoci dunque alla fine di un anno che credo (e spero) non rimpiangeremo. San Silvestro è un santo particolare perché convertì al cristianesimo l’imperatore Costantino e soprattutto perché, morendo il 31 dicembre e incarnando questa data, viene venerato con particolare devozione dai produttori di ogni sorta di champagne, prosecco e spumanti vari. È un santo simpatico perché spumeggiante. Insieme a San Pellegrino, è il protettore delle bollicine.
Tra francesi e italiani c’è però una « fondamentale » differenza : nell’Esagono si fanno gli auguri di buon anno rigorosamente in gennaio, mentre nella Penisola si comincia già in dicembre. Auguro dunque buone feste a tutti quanti, rinviando al prossimo numero della mia rubrichina “altritaliana” gli specifici auguri di Bonne année ai lettori francesi. Scaramanzie a parte, permettetemi di dirvi un sincero : « Felice anno nuovo ! ». A me ne basterebbe uno usato, ma lo sceglierei con molta cura.

Alberto Toscano


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Alberto Toscano
Alberto Toscano est docteur en Sciences politiques à l’Université de Milan, journaliste depuis 1975 et correspondant de la presse italienne à Paris depuis 1986. Ex-président de la Presse étrangère, il est l’un des journalistes étrangers les plus présents sur les chaînes radio-télé françaises. A partir de 1999, il anime à Paris le Club de la presse européenne. Parmi ses livres, ‘Sacrés Italiens’ (Armand Colin, 2014), ‘Gino Bartali, un vélo contre la barbarie nazie', 2018), 'Ti amo Francia : De Léonard de Vinci à Pierre Cardin, ces Italiens qui ont fait la France' (Paris, Armand Colin, 2019), Gli italiani che hanno fatto la Francia (Baldini-Castoldi, Milan, 2020), Mussolini, "Un homme à nous" : La France et la marche sur Rome, Paris (Armand Colin, 2022), Camarade Balabanoff. Vie et luttes de la grand-mère du socialisme (Armand Colin, 2024)

3 Commentaires

  1. Caro Alberto
    Alle tue riflessioni sul 2020 vorrei aggiungerne una – da semplice osservatore dall’esterno – che riguarda la Francia, dove da ottobre si e’ svolto il processo dei corresponsabili alle stragi nella redazione di Charlie Hebdo e nel Hyper Cacher. Ho seguito da vicino quel processo, nella sensazione che avesse grande rilevanza non solo per la Francia ma per chiunque creda nella liberta’ di pensiero.
    Sono state settimane drammatiche. Con l’attentato a Charlie Hebdo il terrorismo di matrice islamica ha cercato di minare alla base la liberta’ di espressione. Ho notato che molti mass media hanno adesso riferito delle udienze con grande circospezione e che in genere si sono astenuti dal ripubblicare le vignette di Charlie Hebdo. Poi c’e’ stata l’orrenda uccisione del professor Samuel Paty. Un gesto isolato, ma forse c’e’ egualmente chi vorrebbe far serpeggiare la preoccupazione anche nelle istituzioni educative. Quindi la terribile incursione nella Cattedrale di Nizza: un monito crudele ai fedeli cristiani, che segue ripetuti attacchi ad istituzioni ebraiche negli anni passati.
    La Francia, Paese laico per eccellenza, si e’ trovata in prima linea. E la sua reazione – almeno intravista dal mio angolino – e’ stata onorevole. Non solo per le condanne impartite ai fiancheggiatori dei terroristi ma anche per la reazione netta del presidente Macron.
    L’umorismo ha un’importanza fondamentale nell’incrinare i dogmi, nello stuzzicare il conformismo, nel disorientare i ‘benpensanti’. Il Covid ci ha ricordato che e’ opportuno tenere sempre le finestre aperte e ventilare di continuo l’ambiente, altrimenti si puo’ soffocare. Dove l’umorismo viene imbavagliato, non c’e’ vera liberta’.
    Di fronte a chi vorrebbe imporre una visione oscurantista della societa’ (nell’ informazione, nell’educazione, nella liberta’ di culto o di ateismo) dalla Francia e’ giunto alla fine del 2020 un esempio di civilta’.
    Aldo Baquis
    Tel Aviv

  2. Bonjour à vous,
    J’ai découvert depuis peu « Altritaliani.net », qui représente un cadeau de fin d’année « molto speciale ». Quelle qualité de la part de vous tous…
    Merci pour cet article et ses analyses sur notre temps, ainsi que sur la nécessité (plus que jamais) d’une Europe unie par delà « le fameux couple » (Brexit à part).
    Grazie anche per questa stupenda rivisitazione de « L’anno che verrà ». Il nostro Lucio, oggi, l’avrebbe riscritta proprio così 🙂
    Auguri di buon anno « malgré tout », finché ci resta un pizzico di voglia di cantare « autrement et tout court ».
    Eli (nuova e già assidua lettrice)

  3. Caro Alberto
    Il tuo inizio in musica mi ha fatto sorridere e ha scoperchiato milioni di ricordi…..dall’Ei fu….(insopportabile e sempre presente) a uno scoglio di Quarto (sempre un 5 maggio di poche decine di anni dopo) con una partenza per la Sicilia dopo uno sbarco a Talamone.
    Per queste prossime feste solitarie avevo pensato che, senza figli e nipoti in arrivo, avremmo potuto concederci un viaggetto.
    Destinazione Sant’Elena( non sono però più certa che sia COVID FREE) per celebrare prima dell’arrivo del “turismo di massa”il 200 esimo della morte di questo Corso-“Quasi Toscano”.
    (Le altre destinazioni insulari mi dicono siano già al completo…..)

    A me inutile dirlo il Corso e’ sempre piaciuto.
    Aveva iniziato a “dépoussiérer” il sistema della penisola molto ingarbugliato tra pesi, misure e quant’altro…..
    Un francese che ha fatto l’Italia?
    O un Toscano che ha fatto la Francia?
    Buon Anno Alberto

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