“Italia e Francia nei nuovi contesti europei” è stato il titolo dei “Dialoghi italo-francesi” fra la LUISS e Sciences Po, diretti il 9 giugno scorso nella sede di quest’ultima da Marc Lazar, che li aveva promossi nel 2018 in alternanza tra Italia e Francia quando, con altri principali protagonisti quali: la Vice Presidente della LUISS Paola Severino, l’allora “Dean” di Sciences Po Enrico Letta, gli Ambasciatori d’Italia in Francia Teresa Castaldo e di Francia in Italia Christian Masset e il CEO di “Ambrosetti”, organizzatore degli incontri, Valerio De Molli, li avevano considerati essenziali indipendentemente dalle contingenze politiche del momento.
Contingenze politiche ed economiche simboleggiati dalla partecipazione tra l’altro di BNP Paribas, TIM ed ENEL, che hanno infine portato al trattato del Quirinale del 26 novembre scorso, con cui sono stati ratificate in sostanza non solo le meritate soddisfazioni del lavoro di Castaldo e Masset, ma pure le interdipendenze ulteriori tra tutti i fattori che fanno sì che il contributo dei due Paesi allo sviluppo dell’UE sia rilevante al pari di quello fra Francia e Germania (com’è stato dettagliatamente dimostrato dalle statistiche del 2021 che De Molli ha esposto: Italia+Francia/UE: PIL: ~29%, occupati: ~26%, consumi: ~38%, popolazione: ~28%, investimenti: ~30%, spesa in ricerca e sviluppo: ~25%).
Opportuno il plurale dei “contesti europei” in cui ci si trova attualmente, per la velocità con cui sono cambiati anche dai tempi del primo “dialogo”: dopo quello del Covid, e dopo quello post Covid, quello attuale del conflitto in Ucraina ha almeno in comune con il precedente (come ha ricordato Severino) i rafforzamenti della solidarietà nell’ambito UE, sia nelle iniziative che nelle dimensioni di queste inconcepibili fino a prima: i PNRR dei singoli Stati finanziati in comune dall’UE, l’assistenza comune ai rifugiati dalla guerra, il consolidamento della difesa in ambito NATO e UE, le comuni reazioni commerciali alla Russia, e l’ulteriore coordinamento delle politiche energetiche sia davanti alla parte di dipendenza finora avutasi da questo Paese, sia nelle transizioni ecologiche. In questi contesti diventano allora ancora più evidenti anche gli ulteriori partenariati di collaborazione italo-francesi, compresi quelli tra le rispettive Amministrazioni (come ha confermato a suo tempo Brunetta) e quelli tra le loro rispettive Scuole Nazionali (Severino è Presidente di quella italiana); e compresi i rapporti vis-à-vis i Paesi dirimpettai del Mediterraneo, tanto per quanto riguarda l’approvvigionamento energetico da parte loro che il futuro con l’ulteriore emigrazione da quel Continente se l’Europa non vi si adopera in tempo (ancor più a seguito della riduzione o dell’interruzione dell’arrivo lì delle materie alimentari essenziali dell’Ucraina).
“Contesti europei” in cui è apparso opportuno anche il ricordo che i principali oratori (a partire da Pierre de Gasquet di “Les Échos”) hanno fatto di Jean-Paul Fitoussi (che, scomparso il 15 aprile scorso, aveva quale accademico di Sciences Po e della LUISS parimenti contribuito ai “dialoghi”), poiché è nel loro scenario che si manifesta ora l’inflazione che ricorda il keynesianismo in cui Fitoussi credeva come sostegno della domanda, della produttività e perciò dell’occupazione.
Ma anche qui è necessario distinguere tra il contesto post-Covid e quello bellico attuale: mentre nel primo la dimensione dell’inflazione era sufficiente per mantenere il “whatever it takes” di Draghi del 2012 come espansione della liquidità (tramite i tassi d’interesse bassi o nulli o meno che nulli e l’acquisto dei titoli da parte della Banca Centrale per evitare le crisi degli investimenti e della domanda e, così, la paralisi del sistema), nel secondo questo spirito ereditato da Christine Lagarde è stato da lei dichiarato non più applicabile proprio nello stesso giorno dei “dialoghi”, e proprio (come già anticipato dal suo collega Jerome Powell per il dollaro) a causa dell’espansione dell’inflazione.
Così i “dialoghi” sono stati utili anche per le considerazioni che ne sono conseguite: quella di Philippe Martin (di Sciences Po) sulla necessità di valutare diversamente (e nonostante il loro stesso ordine grandezza) l’inflazione dell’euro e quella del dollaro e le conseguenti misure di contenimento, poiché la prima è più condizionata della seconda dal rincaro energetico proveniente dall’estero, il quale implica dunque una reazione ancora più solida in ambito UE; quella di Marcello Messori (della LUISS) secondo cui l’inflazione in Europa, non essendo dovuta, come quella negli USA, prevalentemente (per ora) alla rincorsa prezzi/salari (e alla liquidità per stimolare le opere pubbliche), ma essendo dovuta anche alle diverse politiche economiche e di bilancio nazionali, necessita tra i rimedî un coordinamento ancora maggiore sia di ulteriori aiuti tipo “next generation”, sia delle politiche fiscali; quella di Franco Bassanini (attualmente Presidente della Fondazione Astrid), che ha ricordato le Considerazioni Finali del 31 maggio del Governatore della Banca d’Italia Visco nelle quali è previsto il contenimento nel 2023 dell’aumento dell’inflazione, ma in un contesto dominato dalle incertezze della guerra in corso, che ha intanto fatto rinviare i contenimenti dei deficit annuali e debiti pubblici nei limiti che erano stati previsti per il dopo covid; intanto conviene inoltre non illudersi né sui tempi di realizzazione dei progetti alternativi d’approvvigionamento energetico (anche dall’Africa o dal Medio Oriente), né dunque sul suo costo, né in ambito di politica internazionale sui rapporti con gli USA poiché anche le “midterm elections” possono diversamente condizionare la Casa Bianca (Arancha González Laya, Dean di Sciences Po ed ex Ministra degli Esteri in Spagna, ha poi ricordato come le oscillazioni dei rapporti con gli USA rendono ancora più necessari gli investimenti dell’UE nelle proprie autonomie strategiche).
Le incertezze in corso non schiacciano tuttavia le certezze che gli operatori economici devono mantenere, ad esempio quelle di: Giorgio Modica (Chief Financial Officer di Euronext), secondo cui maggiori investimenti, maggiori imprese e maggiori lavoratori in queste significano maggiore competitività e dunque maggiore regolamentazione di questa; Eugenio Santagata (Chief Public Affairs & Security Office di TIM), per il quale anche le partecipazioni azionarie nelle diverse dimensioni (ad esempio quelle di Vivendi in TIM, e indipendentemente dai settori in cui quelle di un Paese prevalgono sull’altro) devono avere il fine d’uno sviluppo ulteriore delle rispettive attività anche laddove le reti sono ancora deboli; Gian Luca Erbacci (Presidente Europa di Alstom), che ha esposto lo sviluppo delle future linee ferroviarie nel rispetto dell’antinquinamento e per quanto possibile con minori costi energetici, tenendo conto delle fonti alternative all’idrogeno alle quali anche Erkki Maillard (Senior Vice President di EDF) ha fatto cenno; Simone Mori (Direttore Europa di ENEL), per il quale il gap tra la Francia e l’Italia nelle fonti energetiche e i rispettivi inquinamenti (da riconsiderare anche secondo Marc Semo, di “Le Monde”, e Francesco Saraceno, di Sciences Po e della LUISS, nell’ambito delle rispettive politiche industriali) non può che costituire un ulteriore stimolo per l’Italia, anche accrescendo ulteriormente la collaborazione con la Francia.
Nel contesto caratterizzato dall’applicazione del “next generation” appare doveroso considerare anche l’ulteriore sviluppo delle Pari Opportunità per cui la titolare del rispettivo Ministero, Elena Bonetti, è intervenuta affinché ciò avvenga anche tramite l’ulteriore collaborazione tra la Francia e l’Italia in questa materia.
Infine, nel contesto dei “dialoghi”, Mathias Vicherat, Direttore di Sciences Po, ha ricordato come già prima di questi i rapporti tra la facoltà e l’Italia erano di rilievo, non solo per il numero di studenti italiani ma anche per gli interventi lì di personalità come Romano Prodi (nel 2016) e Mario Monti (che ha avuto il Doctorat “honoris causa” nel 2006, come Sergio Romano nel 1989 e Arnaldo Bagnasco nel 2014).
“Dialoghi” italo-francesi che dunque, anche con le considerazioni (come gli ultimi) sulla congiuntura internazionale, non possono che essere di ulteriore stimolo per Vicherat, Severino, Lazar, De Molli e gli altri organizzatori e sponsorizzatori, per il riconoscimento che ne traggono da tutti coloro che vi partecipano e assistono.
Lodovico Luciolli
LINK INTERNI COLLEGATI ai dialoghi italo-francesi fra LUISS e Sciences Po su Altritaliani:
–Il futuro dell’Europa nel V Dialogo italo-francese della LUISS e di Sciences Po
–Italia, Francia, Europa: Il valore del Trattato del Quirinale prezioso lascito del 2021
–Politica e cultura. Dialoghi italo-francesi: il webinar di Sciences Po e della Luiss.
–Dialoghi italo-francesi per l’Europa di Science Po e della LUISS ricordando Guido Carli
–L’indagine: I giovani e il loro avvenire nei Dialoghi italo-francesi della LUISS e di Sciences Po.
–A Sciences Po Parigi, di scena il rapporto Italia-Francia.