Giulia Cecchettin e il mistero del male

Non so bene come faccia tanta gente a sparar sentenze così lapidarie e piene di certezze sul caso di Giulia Cecchettin, uccisa a ventidue anni, e del suo ex Filippo Turetta, accusato del delitto. Certo, che ci sia un problema culturale e sociale nella relazione tra uomini e donne è vero, ed è evidente. Particolarmente nella società italiana in cui (tanto per dire) il “delitto d’onore”, con annesse attenuanti, è stato abolito solo all’inizio degli anni Ottanta. Ma, al di là di questo dato sociologico generale, nessuno di noi sa nulla di quel che è davvero accaduto nello specifico tra quei due giovani, di come si sia potuti passare da una situazione di affetto, di apparente normalità, o di normale litigio, a un delitto così atroce. Non sappiamo niente di quel rinnovarsi di un mistero insondabile e antico come il mondo: l’epifania del male e della violenza.

Giulia Cecchetin

Eppure l’opinione pubblica (ormai un enfant roi : ogni suo pulsione diventa un ordine per il sistema mediatico) diffonde ed esige solo certezze. I commenti sui siti di informazione più frequentati sono roba così (fior da fiore, e non ho modificato niente): al patibolo, Dio ti castigherà; carcere a vita così gli altri ci pensano prima; tra attenuanti varie e buona condotta sarà fuori pure con una bella laurea!! Sbattuto senza se e senza ma in una cella dove deve marcire!!!  Non deve esserci neanche un processo e una difesa! Il mostro ha premeditato e agito con malvagità; ergastolo a vita (sic. Si vede che l’ergastolo in sé non bastava, ndr). Non meriterebbe neppure i soldi per il processo. Datelo in pasto ai piranha. Questo scrivono le persone come si deve. Tanto «come si deve» che muoiono dalla voglia di vedere l’accusato bruciare vivo sul rogo. Intanto non era “un bravo ragazzo” (scrivono) ma un mostro. E basta.

Sarebbe così semplice, fosse vero. Ma non lo è: la banalità del male consiste proprio nel suo annidarsi anche in persone apparentemente “normali”, nel fare parte della nostra «umanità», nel non esserle estranea. Così come Mr Hyde è in tutto e per tutto una parte del Dottor Jekyll, non un suo antagonista o un suo opposto. (E quando si priva un uomo, qualunque sia il delitto che ha commesso, della sua umanità, si percorre la strada che ha portato ai peggiori orrori della storia). E non basta: una volta stabilito che l’accusato è un “mostro”, si cercano compulsivamente i responsabili della sua apparizione. I mandanti.

Gli uomini, invitati a “farsi un esame di coscienza”, poiché, in quanto tali, intrinsecamente impresari della società patriarcale: una colpevolizzazione questa di stampo puramente moralistico, un invito all’afflizione di impronta più religiosa (e non della migliore cultura religiosa) che politica. Oppure la scuola, colpevole di  non insegnare “educazione affettiva” (ma non bisogna delegare alla scuola il compito di rimuovere il male dal mondo,  non ha questo dovere, non su questo va misurata; è fatta per fornire gli elementi culturali perché ognuno possa fare le sue scelte ed esercitare il suo libero arbitrio con più consapevolezza possibile).

L’opinione pubblica, sia essa “conservatrice” o “progressista” è insomma assetata di rimedi istantanei

L’opinione pubblica, sia essa “conservatrice” o “progressista” è insomma assetata di rimedi istantanei, capri espiatori, schemi che spieghino tutto. Cose queste che non servono certo ad affrontare i veri nodi della condizione femminile, del rapporto tra uomini e donne, della violenza dei rapporti affettivi e sociali. Servono invece, e molto, a far regredire il dibattito pubblico a un livello elementare, nel senso deteriore del termine, moralistico, pre-politico. A fare scomparire dall’orizzonte della discussione lo stato di diritto, la consapevolezza della complessità inestricabile dell’animo umano, la pietà per le vittime ma anche il nostro obbligo di rispettare l’umanità di chiunque, persino di chi ha commesso un delitto.

Un tempo, forse, il sistema mediatico (almeno nelle sue parti più evolute) temperava le pulsioni elementari dell’opinione pubblica, a destra come a sinistra. Invitava alla riflessione, a diffidare delle soluzioni semplici e universali, a non prendere ogni propria pulsione per una verità da affermare categoricamente.  Adesso mi sembra invece che gran parte del sistema mediatico sia diventato specchio e amplificatore di quelle pulsioni, o meglio: un’industria che si occupa solo di proporre quel che il mercato richiede con insistenza. C’è chi liscia il pelo a destra, invocando punizioni esemplari e sbrigative, e sistemi educativi direttivi e severi; chi a sinistra, invocando o sessioni pedagogiche di educazione sentimentale, un po’ da stato etico, e agitando il feticcio del patriarcato e dell’essere nati uomini come origine del male. In tutto questo, per fortuna, c’è anche una frase del padre della ragazza uccisa:  “Sono vicino ai genitori di Filippo. Anche loro vivono un dramma”. Ecco.

Maurizio Puppo

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Maurizio Puppo
Maurizio Puppo, nato a Genova nel 1965, dal 2001 vive a Parigi, dove ha due figlie. Laureato in Lettere, lavora come dirigente d’azienda e dal 2016 è stato presidente del Circolo del Partito Democratico e dell'Associazione Democratici Parigi. Ha pubblicato libri di narrativa ("Un poeta in fabbrica"), storia dello sport ("Bandiere blucerchiate", "Il grande Torino" con altri autori, etc.) e curato libri di poesia per Newton Compton, Fratelli Frilli Editori, Absolutely Free, Liberodiscrivere Edizioni. E' editorialista di questo portale dal 2013 (Le pillole di Puppo).

6 Commentaires

  1. Che incredibile delusione l’articolo su Giulia Cecchettin, con tanto di foto idilliaca.
    Che incredibile riduzione del senso profondo di quanto avvenuto (e delle reazioni più estreme e meno interessanti! Alla forca, mostro ecc. ecc;) per una filosofica (grandissima!!) idea: il male è connaturato e misterioso. Siate più « maturi » e prendetene atto!

    Si, si, c’è un problemino di cultura maschiilsta e patriarcale (attenti però a non nominare questi termini, potreste urtare molte sensibilità!!!)

    Davvero incredibile questa superficialità.
    Spero sia un errore!
    Saluti

    • Cortese Paola, grazie del commento, ma mi pare che ci sia un’incomprensione. Come ho scritto, un problema nel rapporto tra uomini e donne esiste eccome, così come un problema di condizione femminile. Ma, a mio giudizio, i fatti di cronaca non sempre vanno letti come conseguenza automatica e integrale di tale problema. Poiché hanno spesso dinamiche che sono loro proprie, legate alle esperienze individuali dei loro protagonisti, di cui né io né lei sappiamo nulla. Di fatti di cronaca ce ne sono tanti e spesso di segno diverso tra loro. Ognuno può trovare quello che più conforta le sue tesi. E quindi la tempesta mediatica di diagnosi prefabbricate (è la scuola, sono i genitori, il patriarcato, le richieste di punizioni esemplari, etc etc) è un esercizio molto sterile. Anzi a mio parere dannoso. Vedrà che se, anzi purtroppo quando, accadrà un fatto di cronaca di stampo opposto (una donna che uccide un uomo. Caso meno frequente ma non assente ) ci sarà una levata in senso opposto di gente che dirà: avete visto? Avete visto che il patriarcato non c’entra niente? (Accetto scommesse). E sarà ovviamente un’obiezione assurda. Frutto della stessa tendenza all’isteria mediatica e alla polarizzazione, che fa di ogni tragedia una prova provata delle proprie tesi.
      Per questo, credo, occorre evitare di legare problemi veri (come il rapporto tra uomo e donna nella cultura maschilista italiana) all’emotività legata a eventi di grande impatto mediatico. Questo, più o meno, volevo dire. Un cordiale saluto, Maurizio

  2. In Italia, in un clima di crescente allarmismo – e ormai di quasi isteria – si denunciano i femminicidi. I dati statistici ci dimostrano invece che il triste fenomeno è in calo (visto il calo degli omicidi in genere a causa dell’invecchiamento della popolazione) e non è piu’ diffuso in Italia che in altri paesi europei. Anzi l’italia – oso dire – almeno in questo campo è tra i paesi piu’ virtuosi. Nessuno poi osa denunciare, per tema di una scomunica da parte del Papa (che inneggia al diverso, povero e disperato, e colpevolizza, tutti noi, ingiustamente bianchi e ricchi) il forte contributo (piu’ del 20%) fornito a questo odioso crimine dagli stranieri che vivono nella penisola. Occorrerebbe verificare le statistiche europee e mondiali prima di scatenare queste campagne d’odio contro il maschio italiano.
    Stranamente è la Lettonia, Paese acclamato per il suo modernismo tecnologico e il suo progressismo, a far registrar in Europa il piu’ alto numero di femminicidi. Mentre la Grecia, ancora patria del maschio tradizionale, è forse all’ultimo posto. Nel virtuoso Canada, e in particolare nel virtuosissimo Québec dove io vivo, il numero dei femminicidi è molto piu’ alto che in Italia. Nel Belpaese sono aumentati invece gli stupri, grazie anche all’apporto fornito da etnie giunte negli ultimi anni in Italia da lidi dove tra gli uomini e le donne prevalgono nettamente i rapporti di forza, e dove la donna, li’ si’, è tenuta al guinzaglio.
    Per spiegare questo presunto boom di femminicidi, Dacia Maraini avanza la seguente teoria: “È la reazione contro l’indipendenza della donne. Più si rendono autonome, più la violenza contro di loro aumenta”. Il maschio, insomma, reagirebbe con la violenza alla sua perdita di potere e di prestigio. Tutti lo dicono: è il patriarcato il mostro da abbattere. Peccato che il patriarcato non esista piu’… Anzi nella penisola – a volerla dire tutta – è la Lombardia, e non la Sicilia o la Calabria o la Campania, a detenere il primato, per regione, dei femminicidi. Si’, la Lombardia emancipata…
    Consapevole di trattare un tema assai delicato dirò tuttavia ciò che penso. L’uomo di ieri, “padre padrone”, si è reso responsabile senz’altro di molte prepotenze nell’ambito familiare e in genere nei confronti delle donne. Ma oggi si tende a dare una rappresentazione caricaturale e grottesca dell’“uomo tradizionale”, che noi abbiamo conosciuto dal vivo grazie ai nostri padri e ai nostri nonni, mentre si dimentica di menzionare il pesante fardello che gli imponevano le responsabilità familiari e sociali, in tempi che erano molto piu’ difficili di quelli di oggi.
    Le femministe hanno voluto spogliare l’uomo dei suoi privilegi, veri e presunti, con il risultato però che nella sua nuova versione sociale di “uomo-donna” l’ex “uomo tutto d’un pezzo” si è trovato alleggerito di una serie di obblighi e di responsabilità nei confronti del gentil sesso. Ciò è soprattutto evidente nei rapporti tra i giovani.
    L’amore, quando è basato sull’attrattiva sessuale, può condurre ad eccessi anche fatali. Inoltre, l’esaltazione dei sentimenti, la libertà anarchica, il piacere, il rifiuto dei ruoli tradizionali e delle loro regole, non possono che spingere certi giovani, ormai pienamente liberati dal giogo della tradizione e dei suoi interdetti, a comportarsi da predatori. E così questi nuovi maschi liberati vogliono accoppiarsi, senza troppo aspettare, con questa “donna-uomo” molto più debole fisicamente di loro, e che, moderna e liberata, tende ad abbandonarsi al piacere dei comportamenti svincolati da ogni tabù attraverso promiscuità, alcol, droga, e grande disinvoltura sessuale; facendo come i maschi insomma. Non c’è che dire: molte donne occidentali, grazie al femminismo, sono scese al livello dell’uomo. Presso le nuove generazioni, questa “parificazione” ha posto la donna in una posizione di vulnerabilità poiché essa possiede quel prezioso bene che è il suo apparato sessuale, potentissima calamita. E così si diffonde
    sempre di piu’ il fenomeno di giovani che nel corso di un party o dopo una serata in discoteca usano violenza sessuale nei confronti dell’“amichetta”, che sarebbe lecito ormai chiamare l’“amico” con la f…a, dato che la “political correctness” non ammette che esistano differenze tra i “generi”. Questi comportamenti da giungla sono, almeno in parte, i frutti tossici della “liberazione” dai condizionamenti culturali che imponevano obblighi e tabù al maschio tradizionale, depositario di privilegi ma anche di una lunga serie di obblighi nei confronti della donna; di cui l’immagine virtuosa era allora quella di “madre”,
    “sorella”, “figlia”, “moglie”, o addirittura nei paesi piu’retrogradi « madonna ». Immagini fatte bersaglio di incessanti, fragorose pernacchie da parte delle nostre femministe.

    • Caro Claudio, grazie per avere commentato; lei però fa il processo al contrario. In quella società “virtuosa”, che lei (mi pare di capire) rimpiange, all’uomo venivano date le attenuanti per il “delitto d’onore”, alla donna no: una cosa orrenda, vergognosa. Per dirne una tra tante. E guardi che le violenze sulle donne erano frequentissime; anche, se non soprattutto, tra le mura domestiche. Ma spesso non erano denunciate, per paura, per condizione di dipendenza economica, per vergogna perché era cultura comune considerare le donne colpevoli anche delle violenze che subivano. La sua posizione che vede nella “modernità” la radice delle violenze verso le donne o di altri problemi mi trova quindi proprio in radicale disaccordo. Un cordiale saluto, Maurizio

      • Caro Maurizio,
        lei non ha torto: vi sono stati abusi, causati dalla non parità di genere. Tra gli uomini, quelli egoisti e i padri-padrone e i duri hanno trovato facile approfittare di questa disuguaglianza. Altri esemplari d’uomo, buoni e onesti – eh, si’, anche tradizionalisti – si sono invece assunti nel corso della vita un carico di doveri e di responsabilità quasi sempre nettamente superiore a quello delle donne che sono entrate nella loro vita. Questi uomini – forse una minoranza – si sono sentiti in dovere di dare di piu’, in omaggio proprio a questa disuguaglianza, e all’idea tradizionale della donna sesso gentile: sposa, madre, sorella… E oggi qualcuno di loro, che si è sempre comportato da gentiluomo e con generosità, mai considerando la donna una piacevole preda, ma che ha finito col pagare un duro prezzo per queste sensibilità, ingenuità e mitezza e per la propria adesione a un severo codice morale nei confronti dell’altro sesso (quasi sempre piu’ opportunistico e calcolatore), oggi, se fosse per lui possibile tornare indietro, adotterebbe con gioia questa parità che renderebbe la sua vita un po’ piu’ leggera, varia e piacevole. Adotterebbe finalmente il motto « Ogni lasciata è perduta ».
        Ma vedo che devo parlare piu’ chiaramente. Lo faro’ attraverso una nota personale che alcuni giudicheranno inopportuna, ma io stimo che la coerenza sia una virtù imprescindibile quando si esprimono giudizi di merito sugli esseri umani. Devo quindi confessare: nei confronti della donna sono stato sempre un perdente, proprio perché, in opposizione a quest’idea del cacciatore, del sopraffattore o del violento, sono prevalsi sempre in me sentimenti improntati a gentilezza, a rispetto, e a un gran senso di responsabilità. So che non spetterebbe a me dirlo… Sentimenti, diciamo pure, ingenui, che mi sono costati un alto prezzo, che sto ancora pagando. E sono sentimenti che se potessi ricominciare, ossia se potessi tornare all’inizio della vita, cercherei di mettere da parte. Ringraziando di cuore queste femministe che mi hanno aperto finalmente gli occhi… Femministe piene d’aggressività, che scagliano accuse contro gli uomini facendo di loro un unico fascio ossia considerandoli tutti dei violenti in atto o in potenza. Cosi’ simili queste donne, in definitiva, a degli uomini. E non è un complimento il mio…

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