Ci ha lasciato Gianni Mura, il giornalista cantore del ciclismo e del duro lavoro

La scomparsa di Gianni Mura, la celebre firma di Repubblica. Di Bartali scrisse « da uomo onesto, Gino non sopportava i prepotenti, quindi era umanamente incompatibile col fascismo« . Un articolo di Alberto Toscano.

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In questo sabato grigio, con l’odore della tragedia che entra nelle ossa insieme alle notizie in arrivo da tutta Italia, ci piove in testa anche l’informazione della morte di un grande del giornalismo. Perché Gianni Mura, scomparso all’età di 74 anni, è stato uno dei maestri del giornalismo di qualità. Quello che parte dai fatti e conosce gli uomini. Usare in senso riduttivo, per Gianni Mura, l’espressione « giornalista sportivo » significa capire ben poco sia di lui sia del giornalismo. Da intellettuale autentico, Gianni Mura sapeva leggere la società. Quella vera; con i suoi pregi, i suoi difetti, i suoi eroi e le sue vittime. Quella che lo sport lo vive e lo comprende per una ragione semplice: lo sport è figlio suo, perché fa parte dei suoi orizzonti e delle sue abitudini.

Gianni Mura amava e interpretava in particolare il ciclismo. Che cos’è il ciclismo se non l’espressione dello sforzo quotidiano, compiuto per decenni da milioni di contadini e di operai italiani, andando in bicicletta al proprio lavoro nei campi e nelle fabbriche? Ricordare oggi questa verità sembra parlare di vicende superate dal tempo e dal progresso. Ma è dimenticando il nostro passato che perdiamo la nostra bussola. Frequentando e comprendendo i grandi campioni del pedale, da Bartali a Pantani, questo giornalista e scrittore ha dato un senso allo sport legandolo alla nostra vita. Lo ha fatto con semplicità perché per lui la semplicità, la sincerità e la schiettezza erano l’unico modo di esprimersi.

Quando due anni fa l’ho chiamato per dirgli che gli avrei spedito il mio libro su Bartali, uscito in edizione originale in francese, non avevo ancora la fortuna di conoscerlo personalmente. Ho lasciato un messaggio alla sua segreteria e mi ha immediatamente richiamato. Poi abbiamo preso a telefonarci per parlare della Francia, dell’Italia e anche dei personaggi che ci lasciavano; come Vittorio Seghezzi, l’ultimo arrivato al mitico Tour vinto da Bartali nel 1948, scomparso lo scorso dicembre.

Quando gli ho chiesto di scrivere la prefazione all’edizione italiana del mio libro su Bartali, Mura ha accettato di slancio, con generosità. Non c’è stato bisogno di dirgli che non avrebbe ricevuto neanche un centesimo. Lo sapeva benissimo e non avrebbe potuto importargli di meno. Appena letto quel testo, mi sono precipitato al telefono per ringraziarlo con una certa emozione. In poche pagine aveva dato se stesso con passione, con entusiasmo. Era un uomo così. Disinteressato e straordinario, di una onestà talmente naturale da sembrare ovvia. Come Bartali, Gianni Mura detestava ogni forma di arroganza. Del campione toscano diceva questa frase: « Da uomo onesto, Gino non sopportava i prepotenti, quindi era umanamente incompatibile col fascismo ». Penso che Gianni Mura considerasse Bartali « un antifascista esemplare » proprio perché quel campione preferiva la coerenza dei comportamenti a certe proclamazioni verbali, che rischiano di cadere nella retorica (e dunque nel vuoto) se non sono accompagnate dalla determinazione quotidiana delle persone.

Ogni anno Gianni Mura varcava le Alpi per seguire il Tour de France a beneficio dei lettori di Repubblica, quotidiano di cui era una delle firme più prestigiose. Nei suoi innumerevoli articoli, nei sui libri, nei suoi commenti televisivi e in tutte le occasioni della vita, Gianni Mura ha sempre saputo spiegare lo sport e i suoi protagonisti perché era capace di capire la gente. Bartali, Coppi, Pantani erano figli di varie stagioni di un’Italia in continua trasformazione. Quell’idea del legame tra sport e società e quella semplicità nel mettersi nella pelle degli eroi dei nostri stadi e delle nostre strade – in aggiunta a una straordinaria sensibilità umana e a un grande bagaglio culturale – hanno fatto di Gianni Mura uno dei grandi intellettuali dell’Italia contemporanea. Lui sorriderebbe di fronte a questa definizione e mi prenderebbe in giro perché la sto usando. Questo è l’unico vantaggio del fatto che non sia più tra noi. Posso scrivere senza problemi quelle parole sacrosante.

©Alberto Toscano

LINK INTERNO: Un libro di A. Toscano: Una bicicletta contro la barbarie nazista per ricordare Bartali. Articolo a firma di Nicola Guarino.

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Alberto Toscano
Alberto Toscano est docteur en Sciences politiques à l’Université de Milan, journaliste depuis 1975 et correspondant de la presse italienne à Paris depuis 1986. Ex-président de la Presse étrangère, il est l’un des journalistes étrangers les plus présents sur les chaînes radio-télé françaises. A partir de 1999, il anime à Paris le Club de la presse européenne. Parmi ses livres, ‘Sacrés Italiens’ (Armand Colin, 2014), ‘Gino Bartali, un vélo contre la barbarie nazie', 2018), 'Ti amo Francia : De Léonard de Vinci à Pierre Cardin, ces Italiens qui ont fait la France' (Paris, Armand Colin, 2019), Gli italiani che hanno fatto la Francia (Baldini-Castoldi, Milan, 2020), Mussolini, "Un homme à nous" : La France et la marche sur Rome, Paris (Armand Colin, 2022), Camarade Balabanoff. Vie et luttes de la grand-mère du socialisme (Armand Colin, 2024)

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