Bilancio della 80. Mostra del Cinema di Venezia. I nostri commenti ai film premiati.

Calato il sipario sulla 80. Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, è tempo di bilanci; e sono abbastanza positivi perché una volta tanto la Giuria del Concorso presieduta dal regista Damien Chazelle con i suoi componenti (Saleh Bakri, Jane Campion, Mia Hansen-Løve, Gabriele Mainetti, Martin McDonagh, Santiago Mitre, Laura Poitras e Shu Qi) è andata quasi in sintonia sul verdetto emesso per i film premiati con quelli graditi dai critici. Da Venezia, con Andrea Curcione, critico cinematografico, per Altritaliani.

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LEONE D’ORO per il miglior film a:
POOR THINGS  
di Yorgos Lanthimos (Regno Unito)

 Il film del regista greco Yorgos Lanthimos “Poor Things” (Povere cose) vincitore quest’anno del Leone d’Oro, tratto dal romanzo di Alasdair Gray “Vita e misteri della prima donna medico d’Inghilterra” e adattato dal suo sceneggiatore di fiducia Tony McNamara (“La Favorita”), aveva da subito colpito pubblico e critica per la sua visionarietà e il modo in cui è stato girato: da un iniziale bianco e nero si passa gradatamente al colore, e poi grandangoli sparati, fish-eye; e ancora locations inventate e ricreate in studio (la Londra di fine Ottocento, e ancora Parigi, Lisbona) che avranno sicuramente fatto salire il budget del lavoro. Soprattutto ha colpito la storia eccentrica di un chirurgo sperimentatore, una specie di dottor Frankenstein (Williem Dafoe) dal volto deturpato da innumerevoli cicatrici che riporta in vita una suicida, Bella (l’attrice Emma Stone) alla quale trapianta il cervello del proprio feto. Ecco che la ragazza dovrà re-imparare a vivere da adulta-bambina fino alla sua completa trasformazione in donna emancipata e padrona del proprio corpo. Il regista Lanthimos gioca sempre con storie un po’ disturbanti, ma riesce sempre a colpire al cuore lo spettatore, e i suoi film lasciano sempre un segno.

LEONE D’ARGENTO – PREMIO PER LA MIGLIORE REGIA a:
Matteo Garrone
per il film IO CAPITANO (Italia, Belgio)
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PREMIO MARCELLO MASTROIANNI
a un giovane attore o attrice emergente a: Seydou Sarr

Su sei film italiani in concorso l’unico che porta a casa due premi, il Leone d’Argento per la miglior regia e il Premio Mastroianni per un attore emergente (andato al giovane senegalese Seydou Sarr) è stato il film di Matteo Garrone “Io capitano” (❤ vedi anche il logo dell’articolo). Gli altri film nella competizione ufficiale erano:“Comandante” di Edoardo de Angelis, “Finalmente l’alba” di Saverio Costanzo, “Adagio” di Sergio Sollima, “Enea” di Pietro Castellitto e “Lubo” di Giorgio Diritti. La quantità di film (mai vista in una rassegna italiana) non sempre è sinonimo di qualità.

Il lavoro di Garrone è molto attuale perché racconta le peripezie di due giovani cugini senegalesi, Seydou (Seydou Sarr) e Moussa (Moustapha Fall) che decidono di partire per l’Europa in cerca di fortuna, ma per fare questo dovranno affrontare tra mille sofferenze un lungo viaggio che da Dakar li porterà ad attraversare il deserto, subire le violenze in un duro carcere libico ed effettuare una traversata in una “carretta del mare” con altri 250 migranti in condizioni disperate per poi raggiungere finalmente le coste italiane. Garrone fa un film solido, attuale, duro, dalla parte di chi vuole emigrare nelle condizioni più disperate, senza però abbandonare in alcune scene quel tono da fiaba che permette ai due giovani sofferenti di immaginare la casa che hanno lasciato e le loro famiglie. Visibilmente commosso, il giovane senegalese Saydou Sarr ha ritirato il premio ringraziando con un filo di voce, mentre Garrone ha voluto esprimere il proprio pensiero anche al popolo del Marocco colpito dal recente terremoto, e dove il film in parte è stato girato.

LEONE D’ARGENTO – GRAN PREMIO DELLA GIURIA a:
AKU WA SONZAI SHINAI (EVIL DOES NOT EXIST)
di Ryusuke Hamaguchi (Giappone)

Altro Leone d’Argento, Gran Premio della Giuria, è andato al film “Aku wa sonzai shinai” (Il male non esiste) del regista giapponese Ryusuke Hamaguchi, che si sta facendo notare internazionalmente (Orso d’argento alla Berlinale del 2021 con “Il gioco del destino e della fantasia” e nello stesso anno Prix du scénario a Cannes con “Drive My Car”) e che ha portato a Venezia questa sua parabola ecologista. In un villaggio vicino a Tokyo i suoi abitanti, che vivono in simbiosi con la natura, rischiano di vedere il loro equilibrio sconvolto quando un importante costruttore intende edificare un campeggio di lusso sulle loro terre andando anche a modificare la rete idrica locale. Dialoghi ridotti al minimo, contemplazione della natura e soprattutto fondamentale la musica (di Eiko Ishibashi) sulla quale è stato ispirato il film, rendono quest’opera affascinante, dal respiro mistico, con un finale enigmatico.

PREMIO SPECIALE DELLA GIURIA a:
ZIELONA GRANICA (GREEN BORDER)
di Agnieszka Holland (Polonia, Francia, Repubblica Ceca, Belgio)

Il premio Speciale della Giuria invece è andato meritatamente al film “Zielona Granica” (Green Border) della regista polacca Agnieszka Holland. Il confine verde è quello boscoso che separa l’Ungheria dalla Polonia con 186 chilometri di muri e filo spinato dove migranti africani e mediorientali che fuggono da guerra e miseria cercano di attraversare per raggiungere la parte polacca e quindi l’Europa. Se scoperti da militari e polizia che presidiano il confine, vengono brutalmente respinti sul lato ungherese con il rischio di venire rimpatriati. La settantacinquenne regista racconta attraverso tre punti di vista (una famiglia di siriani e una signora pakistana, un militare polacco che pattuglia il confine, un gruppo di volontari che cercano di aiutare le persone in fuga dalla parte polacca) quello che quotidianamente accade con questa povera gente quando vengono scoperti dalle forze di polizia che si comportano a volte da veri aguzzini. Il film, girato in bianco e nero, nonostante i suoi 147 minuti, è denso di momenti drammatici; un vero un pugno allo stomaco per lo spettatore che lo porta a pensare con la testa e con il cuore.

COPPA VOLPI
per la migliore interpretazione femminile a:
Cailee Spaeny
nel film PRISCILLA di Sofia Coppola (USA, Italia)

La coppa Volpi come miglior attrice è andata alla giovane attrice e cantante statunitense Cailee Spaeny che ha interpretato Priscilla Presley da giovane nel film “Priscilla” di Sofia Coppola. La Spaeny dal volto da bambina (aveva già lavorato in “Omicidio a Eastown”, “7 sconosciuti a El Royale”) viene descritta – ispirandosi al libro biografico della Presley “Elvis and Me” – come la liceale bambolina ma più matura dei suoi anni che fece coppia con il cantante rock idolo delle donne che la venerava e la rispettava. I due furono sposati dal 1967 al 1973 e dalla loro unione nacque una figlia, Lisa Marie, recentemente scomparsa. Sofia Coppola gira un film classico, di buon gradimento, con ambientazione e musiche d’epoca per raccontare la storia di questa ragazzina molto educata, figlia di un ufficiale di stanza in Germania, con i suoi timori e incertezze, che d’improvviso si ritrova al centro di una storia d’amore più grande di lei, quasi segregata nella prigione dorata di Graceland a Memphis.

COPPA VOLPI
per la migliore interpretazione maschile a:
Peter Sarsgaard
nel film MEMORY di Michel Franco (Messico, USA)

La coppa Volpi per la miglior interpretazione maschile è andata all’attore statunitense Peter Sarsgaard per il suo ruolo nel film “Memory” di Michel Franco. Sarsgaard è Saul un uomo affetto da demenza senile che un giorno a New York pedina senza motivo Sylvia (l’attrice Jessica Chastain) ex alcolista impiegata presso una struttura per adulti con problemi di salute mentale. Questo incontro sarà per Sylvia anche un ritorno a dolorosi ricordi del passato. Tra echi di violenze in famiglia e scolastiche subite, la donna troverà in Saul un’anima persa e sofferente come lei, con il quale condividere il futuro. Una storia particolare dove il regista messicano ha abbandonato i temi duri di “Nuevo Orden” (Leone d’argento Gran Premio della Giuria nel 2020) ed enigmatici di “Sundown” (sempre a Venezia nel 2021) per raccontare un rapporto particolare originale che mette in luce come la violenza alle donne possa lasciare delle cicatrici profonde.

PREMIO PER LA MIGLIORE SCENEGGIATURA a:
Guillermo Calderón e Pablo Larraín
per il film EL CONDE di Pablo Larraín (Cile)

Per ultimo, il premio per la migliore sceneggiatura è andato a Guillermo Guillermo Calderón e Pablo Larraín per il film “El Conde” dello stesso regista cileno Larraìn. Il film dal tema surreale, racconta il Cile che non ha fatto ancora i conti con il suo passato, rappresentando generale Pinochet come un immaginario personaggio immortale che ha attraversato i secoli grazie al suo “elisir”: il cuore umano frullato che lo ha condotto fino al colpo di stato cileno. Ormai ultra-anziano, vive isolato in una vecchia dimora con la propria moglie e seguito da un fedele maggiordomo. Un giorno andranno a trovarlo i suoi figli (persone viziate che hanno dilapidato tutte le loro ricchezze avute per mano del loro padre) che ambiscono a spartirsi la sua eredità fatta di fortune seminate in vari conti stranieri, ma dei quali l’anziano dittatore finge di non ricordare più nulla. Anche una giovane suora, in grado di fare esorcismi viene inviata dalla chiesa cattolica cilena per accaparrarsi le sue fortune di buoni del tesoro e cedole al portatore. E’ in questo contesto con momenti lugubri e venature horror che Larraìn immagina Pinochet come un vampiro che di notte indossa il suo vestito militare e il suo mantello e si libra in volo per raggiungere Santiago dove procurarsi nuova linfa vitale. Lasciamo agli spettatori il colpo di scena finale dove la fervida immaginazione del regista porta a scoprire quale eredità politica è stata lasciata al suo paese. Un film molto caustico, azzardato per certi accostamenti a statisti del passato. Meglio il Larraìn di “Tony Manero”, “Neruda”, “El club” e delle biopic di “Jackie” (2016) e “Spenser” (2021) presentate a Venezia.

E PER FINIRE:
Nonostante qualche incertezza sul premio alla miglior attrice (forse lo meritava di più l’attrice Carey Mulligan che ha impersonato Felice Montealegre Cohn, moglie del direttore d’orchestra Leonard Bernstein nel film “Maestro” di Bradley Cooper), per il resto, come dicevamo, i film premiati hanno atteso alle aspettative.
Ci consoliamo con i premi ai nostri film assegnati nella sezione Orizzonti, come il Premio Speciale della Giuria a “Una sterminata domenica” di Alain Parroni, suo primo lungometraggio, il premio per la miglior sceneggiatura e per la miglior attrice Margarita Rosa De Francisco per il film “El paraiso” di Enrico Maria Artale interpretato da un bravo Edoardo Pesce, e per ultimo il premio Orizzonti Extra degli spettatori – Armani Beauty, andato al film “Felicità” di Micaela Ramazzotti.

Appuntamento al 28 agosto 2024 per la prossima Mostra del Cinema edizione numero 81.

Andrea Curcione, da Venezia

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A QUESTO LINK SUL SITO DELLA BIENNALE TUTTI I PREMI UFFICIALI DELLA 80. MOSTRA DEL CINEMA DI VENEZIA (2023) assegnati dalle cinque giurie internazionali nel corso della Cerimonia di premiazione (sabato 9 settembre, ore 19)

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Andrea Curcione
Andrea Curcione è nato e risiede a Venezia dal 1964. Laureato in Storia all'Università Ca'Foscari di Venezia, ama i libri, la scrittura, la fotografia e il disegno. Giornalista pubblicista, ha pubblicato alcuni racconti e romanzi noir di ambientazione veneziana. Si occupa soprattutto di critica cinematografica, ma per Altritaliani scrive anche di avvenimenti culturali e mostre di particolare interesse che si inaugurano nella città lagunare.

1 COMMENTAIRE

  1. Grazie Andrea! Un piccolo commento mio dopo aver visto anch’io a Venezia il film « Io capitano » di Matteo Garrone.
    E’ un film « on the road » questo film che ha convinto tutti alla Mostra di Venezia. È un viaggio a ritroso di un Occidente alla ricerca del proprio rimorso. È un inferno sulla terra.
    Secoli di abusi e violenze ci separano da quei concetti di civiltà basati tuttavia sullo sfruttamento e sull’abbandono. Siamo pertanto i colpevoli insensati di quella emorragia di risorse e di braccia che dall’Africa cerca di approdare laddove approdarono (ed approdano) le energie fisiche e mentali sottratte al continente di fronte al Mediterraneo.
    Ecco cosa fa Garrone: in una forza irresistibile che travalica il dolore, restituisce a quei giovani guerrieri subsahariani la dignità omerica che è alla base della nostra cultura e civiltà.
    L’esodo biblico conferisce ancor prima la dignità religiosa di uomini figli di Dio, cui il male insito nell’uomo ne ha sottratto anche il più umile dei sentimenti volti al bene comune, universale dunque. Giocando a carte col proprio destino, il giovane capitano della barca dei disperati è baciato dalla fortuna di navigare in un mare placido.
    Il pianto di gioia dei giovani protagonisti all’approdo di Lampedusa, terra promessa e sconosciuta, scandisce, inconsapevole, il verso di Walt Whitman, laddove: « O Capitano, mio Capitano! risorgi, per te è issata la bandiera…. »

    Armando Lostaglio (Rionero in Vulture, CineClub Vittorio De Sica Cinit)

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